In un precedente articolo si è parlato del ruolo del passaporto digitale del prodotto nell’ambito del nuovo modello di sviluppo socio-economico ed ambientale:
partendo dall’analisi di un recente studio del Joint Research Centre, che ha sottolineato l’importanza di passare dalle parole ai fatti, di abbandonare i modelli tradizionali per rivedere il modo con cui si progettano i (e, quindi, si utilizzano, e poi ci si disfa dei) prodotti,
sottolineando l’importanza della «Strategia industriale per l’Europa», che definisce l’ambizione generale dell’UE di promuovere una “duplice transizione” verso la neutralità climatica e la leadership digitale e
terminando con qualche considerazione sul nuovo modello (digitale) per un’economia circolare.
La duplice transizione “fa «eco» al Green Deal europeo nel sottolineare il ruolo guida che l’industria europea deve assumere in tal senso, riducendo la sua impronta di carbonio e la sua impronta relativa all’utilizzo delle materie prime e integrando la circolarità trasversalmente a tutti i settori dell’economia”.
Questo articolo è offerto da Atlantide, il primo software per la gestione rifiuti. In un’ottica di digitalizzazione dei processi e degli adempimenti fiscali (FIR – REGISTRI C/S – MUD (D. Lgs. 152) R.E.N.T.Ri.), la gestione corretta del ciclo ambientale, il controllo totale dei processi, la tracciabilità completa dei flussi e l’Industria 4.0 applicata al settore dei rifiuti deve essere supportata da una soluzione con le migliori performance.
L’approccio sistemico per trasformare un problema in una risorsa
Il modello circolare si basa – fra le altre cose – sul concetto di scarto (di materie prime, di prodotto…) come valore, lungo l’intero ciclo di vita del prodotto (dalla culla alla tomba).
Già, perché anche in un’economia circolare i prodotti raggiungono inevitabilmente la fine della loro vita, e diventano rifiuti: per questo motivo la gestione dei rifiuti è probabilmente “l’aspetto più maturo dell’economia circolare, riflettendo un’attenzione politica di lunga data su di essa”, per usare le parole dell’EEA (European Environment Agency), che nel suo ultimo report del 2023 (“Accelerating the circular economy in Europe. State and outlook 2024”), dopo aver ricordato che “lo sviluppo dell’economia circolare è una parte cruciale per affrontare la triplice crisi planetaria del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento”, ha sottolineato l’importanza di “aumentare la circolarità massimizzando l’uso e la durata dei prodotti attraverso il riutilizzo, la riparazione e la rifabbricazione”.
L’economia circolare è un “approccio sistemico che si discosta dal modello lineare del «prendi, produci, getta» e adotta un modello circolare in cui il valore dei prodotti e dei materiali viene mantenuto nell’economia il più a lungo possibile. I rifiuti e l’uso delle risorse sono ridotti al minimo e i prodotti, alla fine del loro ciclo di vita, vengono riparati, rimessi a nuovo, riutilizzati o riciclati per creare ulteriore valore”.
Per fare ciò, l’EEA evidenzia che “gli obiettivi di gestione dei rifiuti devono essere allineati con gli obiettivi di una transizione verso un’economia circolare”.
In un’economia circolare, l’industria dei rifiuti diventa un partner fondamentale delle imprese: in questo modo, si generano flussi di rifiuti di alta qualità per il riciclaggio e il recupero.
Oltre il waste management: la gestione del cambiamento
L’economia circolare è ormai un concetto ampiamente accettato, almeno a parole.
Si va oltre la semplice gestione dei rifiuti: “si tratta piuttosto di mantenere alto il valore dei materiali e farli durare più a lungo nell’uso previsto”, e “si cerca anche di eliminare dall’economia l’uso materiale non necessario”.
Ma, soprattutto, si cerca di avere una visione del futuro, che parte da un presupposto imprescindibile: occorre gestire il cambiamento.
Il (finora troppo lento) “percorso sostanziale” verso una maggiore circolarità richiede, e richiederà sempre più, “cambiamenti significativi in tutti gli aspetti dell’uso dei materiali, comprese le pratiche che sono alla base del modo in cui i prodotti vengono creati e consumati”.
Come dovrebbe essere strutturata la circolarità?
I 5 snodi del cambiamento in atto per considerare i rifiuti come risorse
Sono cinque gli snodi del cambiamento in atto.
Primo snodo
Il design, innanzitutto, o meglio, l’«eco-design», riconosciuto come il fondamento dell’economia circolare, perché “decisioni intelligenti in fase di progettazione creano opportunità per una gestione sostenibile dei materiali e per ridurre le pressioni ambientali e climatiche in tutte le fasi, dalla produzione al trattamento di fine vita”.
Occorre cominciare dalle catene del valore, progettare i prodotti per cicli di materiali puliti eliminando gradualmente le sostanze tossiche, ottimizzare l’uso dei materiali e delle tecniche di assemblaggio, al fine di “facilitare un uso prolungato e un facile smantellamento per la riparazione, la ristrutturazione e il riciclaggio”.
Ma non solo: “le specifiche di prodotto riducono l’uso di energia e materie prime vergini e danno priorità alle materie prime sostenibili, comprese le materie prime biologiche e secondarie”, e nel caso in cui siano necessari “input di materie prime primarie”, entra in gioco l’«approvvigionamento responsabile», obbligatorio per gli appalti pubblici e, a seguire, per il settore privato.
Secondo snodo
Il secondo snodo riguarda le modalità di produzione, la quale deve essere efficiente e sufficiente (le aziende si devono allontanare sempre di più dai modelli di profitto basati esclusivamente sull’aumento delle vendite dei prodotti, per evitare che ci siano prodotti invenduti): si parla, in sostanza, di risparmiare sui costi di produzione e, nel mentre, si apre una breccia per rivedere la normativa sui sottoprodotti, che finora impedisce lo stoccaggio di materiali che potrebbero essere qualificati come tali, perché – ad oggi – l’utilizzo dei sottoprodotti deve essere certo – per usare la parole della Cassazione – “sin dalla fase di produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito”.
Per accelerare l’economia circolare, infatti, l’EEA precisa che “ritagli e altri sottoprodotti vengono conservati per essere utilizzati come preziosi materiali di input”, a prescindere, dunque, dal quando e dal dove.
I modelli di business circolari, continua l’Agenzia, “devono essere la norma, compreso il ritiro dei prodotti per la rigenerazione e riportarli alle specifiche originali. In tutti i settori esistono standard per i beni fabbricati […] che sono alla base di una serie regolamentata di marchi di qualità ecologica riconosciuti e affidabili per garantire agli acquirenti gli standard ambientali e aumentare la consapevolezza del consumo di risorse”.
Terzo snodo
Il consumo responsabile, grazie alla consapevolezza che, sempre di più, la pubblica amministrazione – grazie al suo “elevato potere di spesa” – dovrà infondere lungo tutta la catena del valore: le PP.AA. dovranno guidare la trasformazione attraverso “specifiche per una maggiore durabilità, l’aumento del contenuto riciclato, la riduzione delle emissioni di gas serra nel ciclo di vita e l’uso di materiali non tossici”.
Supportati dal marketing responsabile, i cittadini dell’UE dovranno cambiare paradigma di consumo, moderando i consumi, evitando modelli dispendiosi come il fast fashion e sostenendo approcci di sharing economy per soddisfare le loro esigenze.
Quarto snodo
Penultimo snodo: l’utilizzo migliore, e più prolungato, dei prodotti.
Per farlo, occorre dotarsi di “strumenti politici mirati, di nuove imprese circolari e di una nuova forza lavoro qualificata”: sullo sfondo, la necessità di incoraggiare una cultura del riutilizzo e, più in generale, una cultura ambientale in grado di facilitare, fra le altre cose, lo scambio di conoscenze tra gli Stati membri sugli approcci più efficaci e la collaborazione.
L’EEA, a tale ultimo proposito, cita, a mero titolo di esempio, la predisposizione di un manuale che:
definisca i protocolli operativi per garantire che i prodotti offerti per il riutilizzo siano di buona qualità e
chiarisca gli approcci per la creazione di centri di raccolta che consentano ai cittadini di fornire prodotti per il riutilizzo.
Quinto snodo
Ultimo snodo, che funge da tessuto connettivo per tutti gli altri, la consapevolezza che i rifiuti sono una risorsa.
I rifiuti come risorse e il digitale come mezzo
Dopo una vita utile prolungata, i prodotti a fine vita – separati per massimizzare la quantità e la qualità del riciclaggio – entreranno in un sistema di gestione dei rifiuti ben regolamentato e digitalizzato.
“Tutte le sostanze pericolose vengono selezionate per garantire circuiti di materiali puliti e sicuri. Il conferimento in discarica dei rifiuti viene di fatto eliminato e utilizzato solo in circostanze limitate. Il riciclaggio dei materiali è gestito attentamente con particolare attenzione alla qualità per facilitare il loro utilizzo come materie prime secondarie per fornire materie prime per la produzione”.
Digitalizzazione è non solo la parola chiave per la transizione ecologica efficiente e rapida, ma anche uno strumento prezioso per la gestione del waste (e del change) management.
La digitalizzazione, infatti, comporta una maggiore rapidità, oggettività ed accuratezza nella gestione dei dati, unita ad un potenziale aumento della capacità di elaborazione dei dati stessi, al fine di individuare le criticità da correggere, le nuove opportunità da sfruttare.
Ma non solo: la digitalizzazione permette di creare strumenti tailor made, compatibili con la “taglia” e le esigenze della propria realtà, ed è fondamentale per acquisire consapevolezza di quanto avviene e come avviene nella propria impresa; per automatizzare i controlli ed i processi (risparmiando tempo e danaro); monitorare e prevenire i rischi; scegliere il modello di rating più adeguato a misurare il livello di sostenibilità del proprio business e avere quello “sguardo d’insieme” sul proprio business, sulla supply chain, sui mercati di riferimento e sugli stakeholder, per individuare e cogliere tutte le opportunità offerte dal modello economico circolare, che considera il rifiuto prezioso tanto quanto il prodotto che lo ha generato.
I costi totali a carico dei produttori di una specifica categoria di prodotti di plastica monouso vanno ripartiti tra tutti i produttori interessati...
Pubblicata in GUCE 24 ottobre 2025 la posizione del Parlamento e del Consiglio sulla bozza di Regolamento sulla manipolazione dei pellet di plastica...