La sansa combustibile va qualificata come sottoprodotto o rifiuto?
La Corte, con la sentenza qui commentata, pur prendendo atto dell’intervenuta modifica legislativa della disciplina dei sottoprodotti (v. nuovo art. 184-bis, d. lgs. n. 152/2006), giunge a concludere che, nonostante la modifica normativa, la sansa disoleata, ove non utilizzata direttamente dal produttore, se soggetta a trasformazione preliminare per l’utilizzo come combustibile deve essere considerata un rifiuto e non un sottoprodotto.
Nulla di nuovo sotto il sole, dunque.
Il fatto
La vicenda processuale da cui la Corte ha preso le mosse per occuparsi del tema, vedeva indagato il legale rappresentante di una società che gestiva il sito di stoccaggio del prodotto qualificato come sansa di oliva disoleata, il tutto in assenza di autorizzazione.
Il G.i.p. aveva disposto, pertanto, su richiesta del P.M., il sequestro preventivo del sito di stoccaggio ravvisando la violazione dell’art. 256 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ritenendo che la sansa di oliva disoleata non costituisse un sottoprodotto ma un rifiuto, per la cui gestione fosse necessaria la prescritta autorizzazione.
Il tribunale del riesame, adito dall’indagato, riteneva, diversamente, fondata la tesi difensiva secondo cui la sansa di oliva disoleata era un sottoprodotto e non un rifiuto, disponendo pertanto il dissequestro del sito di stoccaggio.
Il ricorso
Il P.M., non condividendo la soluzione offerta dal tribunale, contestava la qualificazione giuridica di sottoprodotto della sostanza in esame, proponendo ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di dissequestro, ritenendo infatti sussistere l’ipotizzato reato di deposito incontrollato di rifiuti, costituiti dalla sansa disoleata.
Il giudizio di legittimità
La Cassazione ha accolto il ricorso del P.M., disponendo l’annullamento dell’ordinanza con cui era stato disposto il dissequestro del sito di stoccaggio, ritenendo, nella specie, corretta l’impostazione accusatoria secondo cui di rifiuto si trattasse e non di sottoprodotto. Per meglio comprendere il ragionamento della Cassazione è utile fornire alcune indicazioni normative.
La tesi del P.M., accolta dalla Corte, è che la sansa di oliva costituisce un rifiuto e non un sottoprodotto.
La nozione di rifiuto, a seguito delle modifiche normative introdotte dal d.lgs. n. 205/2010 deve essere così intesa.
Costituisce infatti “rifiuto”, a norma dell’art. 183, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 152/2006 “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”.
E’, invece, da qualificarsi come “sottoprodotto”, a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 205/2010, “qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-bis, comma 2” (art. 183, lett. qq), d.lgs. n. 152/2006).
Per individuarsi, quindi, cos’è un sottoprodotto, occorre, in base alla novella del 2010, verificare se la sostanza o l’oggetto soddisfi le condizioni indicate dall’art. 184-bis, comma 1 (norma di nuova introduzione, per effetto del d.lgs. n. 205/2010) o se, invece, rispetti i criteri stabiliti dal comma 2 delle medesima disposizione (si tratta, in altri termini, dei “criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti”, la cui adozione viene fatta dipendere dalla disposizione in esame da uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottarsi in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria).
Secondo la nuova disciplina introdotta dal d.lgs. n. 205/2010, dunque, non essendo ancora stati definiti i criteri previsti dal comma 2 in assenza dell’emanazione dei decreti che dovrebbero definirli, per aversi sottoprodotto è necessario che la sostanza o l’oggetto rispetti quanto previsto dal comma 1 del’art. 184-bis, ossia che rispettino “tutte” le seguenti quattro condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
Le quattro condizioni indicate (prima delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 205/2010 erano cinque, essendo oggi stata soppressa quella prevista dall’allora n. 5) dell’art. 183, lett. p) del d.lgs. n.152/2006, che richiedeva un valore economico di mercato) devono sussistere congiuntamente.
Ciò si desume dall’aver previsto la norma che le condizioni devono essere “tutte” soddisfatte, con ciò non discostandosi dall’interpretazione che già la Cassazione aveva offerto sotto la vigenza dell’abrogato art. 183, lett. p) del d.lgs. n. 152/2006 (Cass. pen., Sez. 3, n. 10711 dell’11/03/2009, P., in Ced Cass. 243107, aveva infatti precisato che “ai fini della qualificazione di una sostanza o di un materiale quale sottoprodotto ai sensi dell’art. 183, lett. p) del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, le cinque condizioni previste dalla norma citata devono sussistere contestualmente”).
Alla luce della nuova disciplina, quindi, qualsiasi sostanza od oggetto che rispetti tutte le condizioni indicate dall’art. 184-bis, comma 1, d.lgs. n. 152/2006 rientra nel regime dei sottoprodotti e, pertanto, le relative attività di gestione non richiedono il rilascio di preventiva autorizzazione.
Quanto sopra, a giudizio della Corte, trova applicazione anche con riferimento alla sansa di oliva disoleata.
Sul punto, in particolare, i giudici di legittimità affermano senza dubbi che la sansa disoleata costituisce rifiuto e non sottoprodotto, ricavandosi quanto sopra dalla disciplina dell’abrogato art. 183, lett. p), del d.lgs. n. 152/2006, come oggi sostituito dall’art. 184-bis, introdotto ex novo dall’art. 12 del d.lgs. n. 205/2010.
Non v’è dubbio, dunque, per i giudici di Piazza Cavour che, nonostante la novella del 2010, se l’utilizzo, quale combustibile, della sansa di oliva disoleata richiede un’operazione di trasformazione preliminare (Parte II^, Sezione IV^, All.10, lett. f), del d. lgs. n. 152/2006), ciò ne esclude la natura di sottoprodotto, per mancanza della condizione prevista dall’art. 184-bis, comma 1, lett. c), che sostituisce l’abrogato 183, comma 1, lett. p), n. 4 del d. lgs. n. 152/2006 (v., in tal senso, prima del d.lgs. n. 205/2010, Cass. pen., Sez. 3, n. 773 dell’11/01/2010, G., in Ced Cass. 245900; conf., Sez. 3, n. 13754 del 4/04/2007, G. e altro, in Ced Cass. 236349).