Compliance

Mercato unico digitale e regolamento contro il geo-blocking

Regole da rispettare per evitare con il mercato unico digitale i blocchi geografici ingiustificati o altre forme di discriminazione
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Mercato unico digitale e regolamento contro il geo-blocking
Esiste un provvedimento europeo quando si parla di mercato unico digitale. È il Regolamento 2018/302/Ue. Questo impone alle imprese che operano nell’Unione Europea di non discriminare, rispetto ai clienti locali, i clienti stranieri residenti in altri Stato Membri che intendano acquistare o accedere ai loro servizi. Leggi anche: Batterie elettriche, un hub made in Europe

Il mercato unico digitale

La crescita dell’e-commerce negli ultimi anni è davvero importante. La percentuale di persone tra i 16 e 74 anni che ordina beni o servizi tramite internet aumenta di anno in anno ed è passata dal 30% ne 2007 al 69% nel 2018. Questo ha indotto la Commissione Europea ad avviare nel 2015 un’indagine sul settore dell’e-commerce di beni di consumo e contenuti digitali nell’Unione Europea. Questo settore fa parte della strategia per il Mercato Unico Digitale, che comporta necessariamente il superamento della frammentazione nelle interazioni online, determinata da barriere immateriali.

I risultati della Commissione Europea sull’e-commerce

Il Report dell’indagine, pubblicato nel maggio del 2017, afferma che “I risultati dell’indagine settoriale sul commercio elettronico indicano che la maggior parte dei produttori distribuisce i propri prodotti in almeno 21 Stati membri, mentre solo una piccola quota (4%) li fornisce in un solo Stato membro. Mentre i prodotti sono generalmente venduti in tutta l’Ue, il 36% dei dettaglianti intervistati ha dichiarato di non vendere oltre confine in almeno una delle categorie di prodotti in cui opera. Il 38% dei dettaglianti raccoglie informazioni sul luogo di stabilimento del cliente al fine di applicare misure di geo-blocking (blocco geografico o geoblocco), sottoforma per lo più di un rifiuto di consegna in altri Stati membri, seguito dal rifiuto di accettare sistemi di pagamenti esteri”.

Il rimedio made in UE

Alla luce di queste considerazioni, il 28 febbraio 2018 il Parlamento Europeo e il Consiglio Europeo hanno adottato il Regolamento 2018/302/Ue recante misure volte a impedire i blocchi geografici ingiustificati e altre forme di discriminazione basate sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento dei clienti nell’ambito del mercato interno. Esso è entrato in vigore il 28 febbraio 2018 ma ha trovato piena e diretta applicazione solo dal 3 dicembre 2018.

Il geo-blocking o blocco geografico

La pratica del geo-blocking (blocco geografico) si basa su tecniche informatiche di geo-localizzazione (tramite, ad esempio, un’analisi dell’indirizzo IP o delle coordinate Gps), grazie alle quali è possibile risalire alla posizione geografica dell’utente e, in base a questi, consentire o negare automaticamente l’accesso a determinati contenuti online o l’acquisto di determinati beni. Il geo-blocking comporta significative restrizioni nella vendita di beni e servizi online, alimentando ingiustificate discriminazioni, basate sul luogo di provenienza, residenza o stabilimento dell’utente. Il blocco può  manifestarsi in forme diverse:
  • consentire l’accesso a dati servizi, ma obbligando il cliente ad effettuare il pagamento con una carta di credito emessa in un dato paese;
  • impedire la possibilità di completare un ordine, comprare dei prodotti o scaricare dei contenuti quando l’accesso al sito proviene dall’estero;
  • non prevedere consegne oltre il confine nazionale;
  • offrire tariffe e condizioni diverse tra consumatori nazionali e esteri.
Il geo-blocking è molto diffuso nel settore audiovisivo, dove, tradizionalmente, le licenze da parte dei titolari dei diritti copyright vengono concesse ai distributori su base territoriale e in esclusiva, spesso imponendo a questi ultimi di bloccare le vendite “passive” ai soggetti stabiliti fuori dal territorio in questione.

Il Regolamento europeo contro i blocchi geografici del mercato unico digitale

Nel provvedimento ci sono misure che puntano ad impedire i blocchi geografici ingiustificati o altre forme di discriminazione basate su:
  • nazionalità,
  • luogo di residenza,
  • luogo di stabilimento dei clienti.
Questo avviene sulla base del principio generale di non discriminazione, sancito dall’articolo 20 della direttiva 2006/123/Ce relativa ai servizi nel mercato interno. Quest’ultima vieta di discriminare gli utenti di tali servizi sulla base della loro nazionalità  o residenza. Ma prevede anche condizioni d’accesso differenti, se giustificate da criteri oggettivi. Il Regolamento si applica alle transazioni transfrontaliere aventi ad oggetto l’offerta di beni mobili materiali e/o servizi da parte di un professionista stabilito all’interno dell’Ue o di un Paese terzo in favore di un cliente cittadino Ue o residente o stabilito all’interno dell’Ue. Rientrano nella nozione di cliente:
  • i consumatori (ossia persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività professionale);
  • le imprese che acquistano o ricevono beni/servizi al fine esclusivo dell’uso finale.

Gli obblighi anti geo-blocking del mercato unico digitale

Il Regolamento interessa tutti i professionisti, anche stabiliti al di fuori dell’Unione, che offrono i propri beni e servizi a clienti nella Ue. L’offerta in questione si intende rivolta sia a consumatori che ad altre imprese, a condizione che le relative transazioni vengano effettuate sulla base di condizioni generali e che si tratti di c.d. “clienti finali”, ossia di imprese direttamente fruitrici dei beni servizi e non, ad esempio, di rivenditori. Nello specifico, il Regolamento prevede un divieto di discriminazione in relazione a:
  • accesso a interfacce online (art. 3);
  • accesso a beni e servizi (art. 4);
  • utilizzo di determinati metodi di pagamento (art. 5).
Accesso a interfacce online E’ vietato bloccare o limitare l’accesso del cliente alla propria interfaccia online per motivi legati alla nazionalità, luogo di residenza o stabilimento del cliente stesso. Il professionista non può neppure reindirizzare il cliente ad una versione diversa della propria interfaccia online senza suo esplicito consenso. In caso di reindirizzamento con l’esplicito consenso del cliente, “la versione dell’interfaccia online del professionista cui il cliente desiderava accedere inizialmente deve restare facilmente accessibile al cliente in questione”. Il divieto non si applica qualora il blocco sia necessario a garantire il rispetto di un obbligo di legge. Ma i motivi dello stesso devono essere spiegati chiaramente all’utente. Accesso a beni e servizi Il professionista non può applicare condizioni generali discriminatorie, per motivi legati alla nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento di un cliente, nelle seguenti situazioni:
  • quando si acquistano beni fisici, come per esempio prodotti di elettronica e abbigliamento che possono essere ritirati in un luogo concordato oppure spediti in un qualsiasi Stato membro dell’Unione europea; in questo caso gli e-shop devono garantire le stesse condizioni di consegna offerte agli acquirenti locali;
  • per l’acquisto di servizi elettronici non coperti da copyright, come servizi di cloud, firewall o hosting di siti web;
  • per la prenotazione e l’acquisto di soggiorni in hotel, noleggio auto, parcheggi o biglietti per eventi musicali o sportivi, servizi forniti nei locali commerciali o in un luogo fisico in cui opera il commerciante.
Strumenti e condizioni di pagamento Un professionista non può applicare condizioni discriminatorie per motivi connessi alla nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento di un cliente, all’ubicazione del conto di pagamento, al luogo di stabilimento del prestatore dei servizi di pagamento o al luogo di emissione dello strumento di pagamento all’interno dell’Unione, “se: a) l’operazione di pagamento è effettuata tramite una transazione elettronica mediante bonifico, addebito diretto o uno strumento di pagamento basato su carta avente lo stesso marchio di pagamento e appartenente alla stessa categoria; b) i requisiti di autenticazione sono soddisfatti a norma della direttiva (Ue) 2015/2366; c) le operazioni di pagamento sono effettuate in una valuta accettata dal professionista”. Divieto di limitazioni alle vendite passive Il Regolamento interviene anche sugli accordi “a monte” tra fornitori e distributori. Serve ad evitare la stipula di clausole che di fatto vanifichino i divieti posti dal Regolamento. In particolare, l’articolo 6 vieta espressamente la stipula di accordi di distribuzione che impediscano al rivenditore di effettuare vendite c.d. “passive”, ossia di rispondere ad ordini non sollecitati dei clienti, qualora si tratti di ordini che rientrino nell’ambito di applicazione del Regolamento. Esclusioni Sono escluse dal campo di applicazione del Regolamento:
  • le situazioni puramente interne ad uno Stato membro, nelle quali tutti gli elementi rilevanti della transazione. In particolare la nazionalità, il luogo di residenza o il luogo di stabilimento del cliente o del professionista, il luogo di esecuzione, i mezzi di pagamento impiegati nella transazione o nell’offerta, nonché l’utilizzo di un’interfaccia online, siano limitati a un solo Stato membro;
  • le opere protette dal diritto d’autore ed i servizi audiovisivi compresi quelli il cui principale obiettivo consiste nel fornire accesso alla trasmissione di eventi sportivi. E che sono forniti sulla base di licenze territoriali esclusive. Tale esclusione dovrà essere oggetto di revisione da parte delle Istituzioni Ue due anni dopo l’entrata in vigore del Regolamento (dal 2020) e successivamente ogni cinque anni;
  • i servizi finanziari (attività bancaria, credito, assicurazione ecc.) previsti dall’art. 2, par. 2 della Direttiva servizi 2006/123/EC.
Violazione del Regolamento L’articolo 7 del Regolamento assegna agli Stati membri il compito di designare uno o più organismi responsabili dell’adeguata ed efficace applicazione del regolamento, adottando “misure efficaci, proporzionate e dissuasive” nei confronti dei venditori che violano il Regolamento stesso. In Italia spetta all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato il compito di:
  • garantire il rispetto del regolamento,
  • vigilare sull’applicazione dello stesso,
  • sanzionarne le violazioni.
Un primo caso di sanzione comminata per la violazione del Regolamento riguarda la società di abbigliamento Guess, che ha ricevuto una multa di euro 39.821.000 per aver assunto con i propri distributori accordi che impedivano la pubblicità online e le vendite transfrontaliere ai consumatori di altri Stati membri.
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