Edilizia

Le tolleranze costruttive del 2% non si applicano a interventi di rimessione in pristino

La tolleranza del 2% è applicabile alle difformità realizzate nel corso della realizzazione di un progetto approvato, ma non anche alle ipotesi di scostamenti
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Le tolleranze costruttive del 2% non si applicano a interventi di rimessione in pristino

Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 8591 del 28 ottobre 2024, interviene in tema di tolleranze costruttive, respingendo il ricorso in appello contro la sentenza con la quale il Tar per la Liguria aveva respinto un ricorso avverso i provvedimenti con cui il Comune competente aveva disposto la sospensione di una Scia finalizzata ad eseguire delle opere su un immobile, in cui erano stati riscontrati “molteplici differenze tra lo stato di fatto e la rappresentazione contenuta nella richiesta di sanatoria“.

Dopo l’accoglimento, da parte del Tar, del ricorso contro l’annullamento della concessione, il Comune aveva ordinato la rimessione in pristino degli immobili in conformità ai titoli in sanatoria, la società proprietaria dell’immobile aveva presentato una proposta progettuale “sostanzialmente satisfattiva dell’interesse pubblico alla rimozione degli abusi“.

L’inapplicabilità nella fattispecie delle tolleranze costruttive

Tuttavia, il Comune rilevava l’inapplicabilità nella fattispecie della tolleranza costruttiva di cui all’art. 34 del dpr n. 380/2001 – ritenuta utilizzabile unicamente in presenza di un titolo abilitativo preventivo all’intervento e non in caso di immobili oggetto di sanatoria – e che in ogni caso la Scia era necessaria limitatamente alle opere non interessate dalle necessità ripristinatorie, per le quali, peraltro, sarebbe stata comunque necessaria nel caso di specie anche l’autorizzazione paesaggistica. Perciò l’Ente locale richiedeva un’integrazione documentale, confermando nelle more la sospensione della Scia.

Un nuovo ricorso della società veniva respinto dal Tar poiché il Comune “stante la diversa conformazione del sedime planimetrico come rappresentata nei titoli in sanatoria”, aveva ritenuto che l’intervento proposto non avrebbe costituito puntuale adempimento dell’ordinanza di rimessione in pristino e che, pertanto, era necessaria l’autorizzazione paesaggistica, trattandosi di immobile soggetto a vincolo; inoltre, correttamente il Comune aveva ritenuto le tolleranze costruttive del 2%, di cui al dpr n. 31/2017, non applicabili con riferimento agli interventi di rimessione in pristino a seguito di provvedimenti repressivi, tenuto conto anche del fatto che, in ogni caso, la società non aveva fornito la prova che le difformità riscontrate rientrassero in tale limite percentuale.

Contro tale pronuncia, la società proponeva ricorso in appello riproponendo i motivi dedotti in primo grado: il superamento, relativamente all’ordinanza comunale, del termine dei 30 giorni dalla presentazione della Scia; la sospensione sine die della Scia medesima; la mancata motivazione da parte dell’Amministrazione sulle osservazioni formulate dalla società nel corso del procedimento; l’illegittimità dei provvedimenti comunali laddove richiedevano l’autorizzazione paesaggistica per interventi di demolizione delle opere abusive e di rimessa in pristino rispetto a quanto assentito con i titoli edilizi in sanatoria; l’erronea applicazione da parte del Comune delle norme che consentirebbero anche nel caso di specie la tolleranza di difformità nei limiti del 2%.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto l’appello infondato. Innanzi tutto, a parere del Collegio, la tolleranza del 2% prevista dall’art. 34-bis del dpr n. 380/2001, è applicabile alle difformità realizzate nel corso della realizzazione di un progetto approvato e non anche alle ipotesi, come nel caso all’esame, di scostamenti previsti in un progetto finalizzato alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi in conseguenza di un provvedimento repressivo di abusi.

Il Consiglio di Stato condivide anche quanto affermato dal Tar sulla necessità, nel caso specifico, della preventiva autorizzazione paesaggistica per le opere non costituenti mera rimessa in pristino di quelle a suo tempo autorizzate in sanatoria, stante la pacifica sussistenza del vincolo. Infatti, il concetto di tolleranze costruttive di cui all’art. 34-bis del dpr n. 380/2001 può applicarsi soltanto nel caso del punto A.31 dell’allegato A al dpr. n. 31/2017, che implicitamente lo richiama, ovvero alle difformità realizzate in corso della messa in opera di un progetto approvato, non già rispetto ad interventi di rimessione in pristino dello stato dei luoghi conseguenti a provvedimenti repressivi di abusi, specificamente esentati dal precedente punto A.30 con una disposizione che non contiene alcun riferimento alle tolleranze costruttive, e che, costituendo eccezione alla regola generale della necessità di autorizzazione paesaggistica, è di stretta interpretazione e non tollera applicazione analogica.

Senza tutti i presupposti normativi, la Scia non ha alcun effetto

In carenza di tutti gli altri presupposti richiesti dalla normativa, soprattutto quelli posti a presidio di interessi particolarmente sensibili e rilevanti, la Scia non può esplicare alcun effetto. Nello specifico, la Scia priva dell’autorizzazione paesaggistica è inefficace. Sulla contestata efficacia sine die della sospensione della Scia, disposta dal Comune, le cause di interruzione o sospensione del termine per provvedere alle istanze del privato finalizzate all’adozione di un provvedimento sono tipiche e di stretta interpretazione, tuttavia, essendo la Scia qualificabile quale istituto di “liberalizzazione amministrativa”, in quanto prescinde di norma da un vero e proprio provvedimento amministrativo emanato dall’Amministrazione, presuppone comunque l’integrazione dei requisiti e dei presupposti di legge, residuando in capo all’Amministrazione il potere/dovere di una verifica ex post della loro sussistenza.

La valutazione della Pubblica amministrazione delle memorie del privato

Secondo la giurisprudenza costante del Consiglio di Stato, il dovere della Pubblica amministrazione di esaminare le memorie prodotte dall’interessato a seguito della comunicazione del preavviso di rigetto da essa inviata, non comporta la confutazione analitica delle allegazioni presentate dall’interessato, essendo sufficiente, ai fini della giustificazione del provvedimento adottato, la sintesi degli elementi di fatto e diritto posti a sostegno dell’atto stesso.

La sentenza precisa inoltre che “la doverosa valutazione degli apporti infra-procedimentali risente inevitabilmente della natura degli stessi, nel senso che l’onere valutativo è maggiormente penetrante con riferimento alla prospettazione da parte del privato di elementi fattuali, mentre è molto attenuato allorché le deduzioni del privato contengano valutazioni giuridiche, laddove è sufficiente che l’Amministrazione ribadisca il proprio intendimento”.

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