Edilizia

Abusi edilizi, l’ordine di demolizione è legittimo anche dopo vent’anni

Il Comune ha l’obbligo di reprimere gli abusi edilizi anche anni o decenni dopo la loro realizzazione, senza particolari motivazioni sulle ragioni di pubblico interesse
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Abusi edilizi, l’ordine di demolizione è legittimo anche dopo vent’anni

Il Tar Campania, Napoli, sez. VIII, nella sentenza n. 1463 del 4 marzo 2024 in tema di abusi edilizi, ritiene legittimo (e pertanto ne respinge il ricorso) l’ordine di demolizione, a distanza di venti anni, di alcuni manufatti abusivi, consistenti in capannoni realizzati con pilastri, mattoni e sovrastanti lamiere di copertura, adibiti a deposito agricolo, di tettoie in ferro con sovrastanti lamiere, adibite a deposito agricolo e di serre in ferro con sovrastanti teli in plastica di rilevanti dimensioni.

Ordine di demolizione vent’anni dopo, legittimo o no? Il caso

Il ricorso negava legittimità al provvedimento a causa del lungo periodo temporale che era intercorso tra l’accertamento dell’abuso e l’ordine di demolizione, intervenuto peraltro senza ulteriore motivazione. L’argomento non è stato tuttavia ritenuto valido, in base al principio per cui il Comune ha l’obbligo di reprimere gli abusi edilizi anche molti anni o decenni dopo la loro realizzazione, senza una particolare motivazione sulle ragioni di pubblico interesse.

Il trascorrere del tempo non è idoneo a consolidare alcun legittimo affidamento ovvero a generare alcuna aspettativa giuridicamente rilevante in ordine alla legittimazione di una situazione che costituisce illecito permanente, con una sorta di inammissibile sanatoria oltre la legge. È pertanto legittimo l’ordine di demolizione, a nulla rilevando che dall’epoca di realizzazione degli abusi sono trascorsi molti anni.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato sulla questione

La sentenza si allinea con la giurisprudenza del Consiglio di Stato, ribadita recentemente dalla sentenza n. 629 del 19 gennaio 2024, che conferma il dovere di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi. Richiama inoltre quanto enunciato nella sentenza n. 4537 del 4 maggio 2023: l’ordine di demolizione, come tutti gli atti di repressione degli abusi edilizi, ha natura di atto vincolato. L’ordinanza di demolizione emessa dal Comune non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, non essendo prevista la possibilità di effettuare valutazioni di interesse pubblico relative alla conservazione del bene.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio si era espressa in modo analogo nella sentenza n. 9/2017 in cui afferma: “Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino”.

Ordine di demolizione legittimo per un presupposto di fatto

Una volta accertata l’abusività di un’opera edilizia, al Comune non deve nemmeno svolgere una valutazione sulla doppia conformità, che è onere dell’interessato, ma può solo emettere l’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi. Essendo un atto volto a reprimere un abuso edilizio, l’ordine di demolizione sorge in virtù di un presupposto di fatto, ossia l’abuso, di cui l’interessato deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo.

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