Mutamento d’uso tra categorie diverse, ci vuole sempre il permesso di costruire

Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 4127 dell’8 maggio 2024, ha respinto l’appello di un’impresa che reclamava il suo diritto a ripetere le somme pagate quale contributo di costruzione chiesto dal Comune, per il rilascio dei permessi di costruire per mutamento d’uso tra categorie diverse, senza opere, di unità immobiliari in origine destinate ad attività terziarie, in seguito destinate a “residenze”.
Mutamento d’uso tra categorie: il caso
L’impresa contestava in appello la decisione del Tar Puglia, che aveva respinto il ricorso, in quanto il mutamento di destinazione d’uso, ancorché non accompagnato da opere, è avvenuto tra categorie funzionali diverse, incidendo sul carico urbanistico: si tratta, dunque, di un mutamento di destinazione d’uso rilevante ai sensi dell’art. 23 ter, comma 1, del dpr n. 380/2001.
L’impresa sosteneva che il contributo di costruzione deve essere corrisposto solo per gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire. Nella specie, tuttavia, l’intervento avrebbe anche potuto essere assentito con Scia, in quanto “ristrutturazione edilizia”. Secondo l’appellante, infatti, il mutamento di destinazione d’uso senza opere sarebbe assimilabile a una ristrutturazione “leggera”.
La rilevanza urbanistica
Il Consiglio di Stato ha ritenuto errata questa tesi, sulla base della sua costante giurisprudenza, secondo cui “Il mutamento di destinazione d’uso di un immobile deve considerarsi urbanisticamente rilevante e, come tale, soggetto di per sé all’ottenimento di un titolo edilizio abilitativo, con l’ovvia conseguenza che il mutamento non autorizzato della destinazione d’uso che alteri il carico urbanistico, integra una situazione di illiceità a vario titolo, che può e anzi deve essere rilevata dall’Amministrazione nell’esercizio del suo potere di vigilanza” (Consiglio di Stato sez. VI, n. 5264 del 12 luglio 2021).
In particolare, il dpr 380/2001 prevede che il mutamento di destinazione d’uso che comporta una modifica delle sagome e dei volumi degli edifici è sempre sottoposto al regime del permesso di costruire. Il cambio di destinazione d’uso senza opere è invece soggetto a segnalazione certificata di inizio attività qualora intervenga nell’ambito della stessa categoria urbanistica, mentre è richiesto il permesso di costruire per le modifiche di destinazione che comportino il passaggio ad una diversa categoria funzionale fra quelle previste dall’art. 23 ter dpr. 380/2001.
Mutamento d’uso tra categorie: sanzioni e possibili deroghe
Secondo la normativa nazionale, dunque, l’irrogazione della sanzione demolitiva è doverosa qualora il mutamento di destinazione d’uso comporti il passaggio ad una distinta categoria funzionale. Tale disciplina è tuttavia derogabile dalle Regioni, le quali possono ampliare l’ambito degli interventi realizzabili tramite Scia.
La Regione Puglia è intervenuta nella materia con la legge regionale n. 48 del 1° dicembre 2017 “Norme in materia di titoli abilitativi edilizi, controlli sull’attività edilizia e mutamenti della destinazione degli immobili” ove, all’art. 4, comma 3, ha stabilito che i mutamenti di destinazione d’uso senza opere “rilevanti” sono realizzati mediante permesso di costruire o mediante segnalazione certificata di inizio attività in alternativa al permesso di costruire, a seconda della tipologia dell’intervento edilizio al quale è connesso il mutamento della destinazione d’uso. Gli interventi che prevedono una diversa destinazione d’uso tra quelle riconducibili alla medesima categoria funzionale sono invece realizzati mediante segnalazione certificata di inizio attività.
Dato che l’intervento realizzato dall’appellante è sicuramente riconducibile alla categoria del mutamento di destinazione d’uso “rilevante”, avendo comportato il passaggio dalla categoria “produttiva e direzionale” a quella “residenziale”, è fuori di dubbio, per il Consiglio di Stato, che l’intervento fosse soggetto a permesso di costruire o a scia alternativa a permesso di costruire, donde l’obbligo di corrispondere il contributo di costruzione. L’appello, perciò, è stato ritenuto infondato ed è stato respinto.