La realizzazione di una mansarda in zona vincolata, comportando nuove volumetrie, non è pertinenziale al fabbricato preesistente e, dunque, è illegittima e, come tale, va demolita è quanto chiarito dal Consiglio di Stato, Sez, VII, sent., 1 agosto 2023, n. 7453.
Il fatto
Veniva impugnata l’ordinanza di demolizione relativa alla realizzazione di nuovi volumi e, in particolare, di una mansarda, a quota piano terzo di un fabbricato pre-esistente, con struttura portante in ferro e sovrastanti lamiere coibentate a falda inclinata, di circa mq. 160, nonché di una tettoia di circa mq. 35 prospiciente la cucina.
Il ricorrente si è difeso sostenendo che si sarebbe trattato di legittimi interventi di riqualificazione e ristrutturazione edilizia. In realtà, trattandosi di immobile situato in un’area sottoposta a vincoli di inedificabilità assoluta, alcun aumento di volumetria poteva essere legittimamente eseguito. E, dunque, la realizzazione di nuovi volumi esclude, che l’intervento possa qualificarsi come ristrutturazione e/o riqualificazione edilizia, trattandosi piuttosto di una nuova costruzione in assenza di titolo.
Né il TAR né il Consiglio di Stato hanno condiviso la tesi difensiva del ricorrente e, per l’effetto, hanno confermato la legittimità dell’ordinanza impugnata.
La pertinenzialità delle opere
Una delle tesi sostenute dal ricorrente atteneva al fatto che le opere in questione, asservite al fabbricato preesistente, potrebbero considerarsi ad esso pertinenziali e, perciò, sottratte al regime concessorio trattandosi di interventi di recupero abitativo di edifici preesistenti. Ipotesi respinta tanto dal TAR quanto dal Consiglio di Stato.
Sul punto vale la pena di ricordare che in ambito edilizio la nozione di pertinenza ha un significato più circoscritto di quello civilistico, fondato non solo sulla mancanza di autonoma utilizzazione e di autonomo valore del manufatto, ma anche sulle ridotte dimensioni dello stesso, tali da non alterare in modo significativo l’assetto del territorio od incidere sul carico urbanistico, caratteristiche la cui sussistenza deve essere peraltro dimostrata dall’interessato.
Proprio in forza di tali argomentazioni giuridiche nel caso di specie si è esclusa la sussistenza di un rapporto pertinenziale delle opere realizzate atteso che gli interventi contestati hanno determinato una trasformazione edilizia che ha aggravato il carico urbanistico, con una modificazione altresì della sagoma e del prospetto dell’edificio, in zona vincolata, con aumenti di volumetria non irrilevanti. Né vi era alcun collegamento funzionale tra la nuova volumetria e il fabbricato pre-esistente. Ma, al contrario, le caratteristiche dell’intervento, (l’immobile si presentava completo sia strutturalmente che nelle rifiniture, ed in uso, adibito a civile abitazione), indicavano che si tratta di un’unità funzionalmente autonoma, ad uso abitativo.
L’ordinanza impugnata veniva resa ai sensi dell’art. 27 del DPR n. 380/2001, per l’immediata sospensione dei lavori e, ai sensi dell’art. 31 DPR n. 380/2001, per la demolizione delle opere edilizie abusivamente realizzate.
Avverso tale ordinanza il ricorrente sollevava alcune questioni formali che, tutte riferibili ad orientamenti giurisprudenziali ormai consolidati, non hanno trovato riscontro positivo. Si trattava, ad esempio, della carenza di motivazione del provvedimento in relazione al lungo periodo di tempo trascorso ed al conseguente consolidamento delle posizioni soggettive del privato. Tale questione è stata risolta dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2017 chiarendo che sull’amministrazione non grava alcuno specifico onere motivazionale, anche nel caso in cui sia intercorso un notevole lasso di tempo tra la realizzazione dell’illecito e l’ordine di demolizione.
La sentenza Sez, VII, sent., 1 agosto 2023, n. 7453 del Consiglio di Stato è disponibile qui di seguito in free download.