Condono edilizio: niente silenzio assenso
                                Niente silenzio assenso se l’abuso per il quale è presentata domanda di condono si colloca in area sottoposta a vincolo. E’ quanto stabilito dalla recente sentenza della sezione IV ter del TAR Lazio Roma n. 16585 dell’8 novembre 2023. Il caso esaminato dai Giudici romani è interessante anche perché il rigetto del condono si basa su una norma regionale restrittiva entrata in vigore dopo la commissione dell’abuso, e che impedisce la regolarizzazione delle opere realizzate anche prima dell’apposizione del vincolo.
Condono edilizio e silenzio assenso: il caso
Il caso in esame arriva al TAR Lazio a seguito di ricorso contro l’ annullamento del rigetto dell’istanza di condono edilizio, per la realizzazione di un manufatto destinato a civile abitazione di 60 mq. L’intervento era stato realizzato senza titolo edilizio in area soggetta a vincolo paesaggistico (art. 134, comma 1, lett. a e b, D.Lgs. n. 42/2004) e l’amministrazione aveva negato la sanatoria facendo applicazione di una norma della legge regionale che impediva la regolarizzazione di opere “realizzate anche prima dell’apposizione del vincolo… su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali regionali e provinciali” (art. 3, comma 1, lett. b), L.R. n. 12/2004).
Per i ricorrenti, poiché le opere oggetto di condono erano state ultimate prima della pubblicazione della invocata legge regionale, quest’ultima non poteva essere loro applicata, pena la violazione del principio di irretroattività della legge amministrativa (art. 11 preleggi). Ritenendo incostituzionale la norma regionale per violazione appunto del citato principio, i ricorrenti sollevavano questione di incostituzionalità e sostenevano anche che sull’istanza di condono si sarebbe formato il silenzio assenso, perché erano trascorsi oltre 36 mesi dalla presentazione della domanda.
Condono edilizio e leggi “sfavorevoli” successive all’abuso
Per il TAR Lazio, il principio di irretroattività della legge non si applica al condono edilizio. L’istituto del condono, spiegano i giudici capitolini, ha “ontologicamente, un carattere retroattivo rispetto al fatto disciplinato (la realizzazione dell’abuso), proprio in quanto finalizzata a legittimarlo ex post”. Quella del condono è una retroattività favorevole, prosegue il Tar, escludendo la quale le opere manterrebbero la qualificazione di abusività propria della disciplina vigente al momento della loro esecuzione.
La domanda di condono ricadrebbe invece, secondo il Collegio, sotto la vigenza della Legge regionale in questione, essendo stata presentata dopo la sua entrata in vigore. Per questa ragione, concludono i Giudici, l’amministrazione avrebbe correttamente definito l’istanza applicando la suddetta norma regionale, più rigorosa di quella statale.
Silenzio assenso e area soggetta a vincoli
Sulla questione del silenzio-assenso, invocato dai ricorrenti per il decorso di 36 mesi dalla presentazione della domanda di condono senza ricevere riscontro, il Collegio si è pronunciato richiamando la consolidata giurisprudenza, secondo cui “la formazione del silenzio-assenso sulle istanze di condono è condizionata alla ricorrenza di tutti i requisiti sostanziali, di carattere soggettivo e oggettivo (Cons. St. sez VII n. 5742/2023). Pertanto nell’ipotesi di abusi commessi su aree soggette a vincoli, il mero decorso dei termini non equivale mai ad assenso (Cons. St. VI, n. 10189/2022)”.
Alla luce di queste argomentazioni, il TAR Lazio ha rigettato il ricorso.
                                    
