Edilizia

Il certificato di agibilità non sana eventuali abusi

Il certificato di abitabilità non preclude agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio
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Il certificato di agibilità non sana eventuali abusi
Il permesso di costruire e il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, motivo per cui il rilascio del secondo non sana eventuali abusi e non può impedire alla Pubblica Amministrazione di contestare eventuali difformità edilizie. Il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche. Questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 25830 del 5 settembre 2023. Accolto il ricorso del nuovo proprietario che contesta i vizi dell’edificio acquistato. Il conseguimento del certificato di abitabilità non preclude agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio.

Il fatto

La Corte si è pronunciata su una controversia avente ad oggetto la compravendita di un villino. Durante i lavori di restauro, il nuovo proprietario riscontrava altezze inferiori a 2,60 mt. e diverse da quelle riportate nel progetto allegato alla licenza edilizia e alla planimetria catastale. Per tali motivi, citava in giudizio i venditori chiedendo il pagamento dei costi necessari per adeguare alle norme vigenti le altezze interne del villino. I venditori si opponevano alla domanda contestandola nel merito ed eccependo la decadenza dei termini di garanzia per i vizi della cosa e dell’azione proposta ex art. 1489 c.c. In primo grado, il tribunale accoglieva la domanda. In appello, invece, i giudici rigettavano le richieste del proprietario, affermando che l’edificio in questione era in possesso di certificato di abitabilità, pur in presenza di difformità tra le altezze indicate nel progetto e l’immobile realizzato, ritenendo quindi sussistente la regolarità amministrativa della costruzione. Da qui il ricorso in Cassazione proposto dal proprietario del villino. Secondo il ricorrente, la sentenza d’appello era errata: i giudici avrebbero confuso la commerciabilità del bene con la sua regolarità urbanistica/amministrativa e con la conformità edilizia. In particolare, la sentenza sarebbe errata dove riconosce alla licenza di abitabilità un effetto sanante dei vizi, escludendo la possibilità della pubblica amministrazione di sanzionare le irregolarità urbanistiche.

Permesso di costruire e certificato di agibilità: differenze

La Corte di Cassazione ha accolto le tesi esposte nel ricorso. Secondo gli Ermellini “il permesso di costruire ed il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro“. Infatti, il certificato di agibilità “ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti”, mentre “il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche“. Alla luce di tali principi – si legge nella sentenza  – il rilascio del certificato di abitabilità (o di agibilità) “non preclude agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio, né costituisce rinuncia implicita a esigere il pagamento dell’oblazione per il caso di sanatoria, in quanto il certificato svolge una diversa funzione, ossia garantisce che l’edificio sia idoneo ad essere utilizzato per le destinazioni ammissibili”.

L’agibilità non sana gli abusi edilizi

Non si può quindi attribuire un effetto sanante al rilascio della licenza di abitabilità, dato che la P.A. conserva il suo potere sanzionatorio quando vi sia una irregolarità sanzionabile. La suprema Corte precisa anche che: “l’inerzia nell’adozione degli atti di repressione dell’abuso non è foriera d’affidamento alcuno sulla legittimità dell’opus in capo al proprietario dell’abuso, poiché … questi non è destinatario di un atto amministrativo favorevole, idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata”. La sentenza in commento si ricollega alle precedenti pronunce in argomento della giurisprudenza sia amministrativa che di legittimità. Il Consiglio di Stato, in particolare, nella decisione n. 8180/2019, ha già avuto modo di affermare che: “Il permesso di costruire ed il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche. Il rilascio del certificato di abitabilità (o di agibilità) non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio, né costituisce rinuncia implicita a esigere il pagamento dell’oblazione per il caso di sanatoria, in quanto il certificato svolge una diversa funzione, ossia garantisce che l’edificio sia idoneo ad essere utilizzato per le destinazioni ammissibili”. Il principio è stato ribadito anche da una pronuncia più recente, resa sempre dal Consiglio di Stato (Sez. III, n. 5319/2020), che ha fatto riferimento al regime giuridico previgente il D.L. n. 398/1993, sostenendo che al momento del rilascio del certificato di abitabilità, avvenuto nel caso di specie nel 1974 (che è anche l’epoca della fattispecie oggetto della sentenza in commento): “il conseguimento del certificato di abitabilità non preclude(va) agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio”. L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 25830 del 5 settembre 2023 è disponibile qui di seguito in free download.
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