Super-ministero per la transizione ecologica: una novità che sapevamo già?
Modelli e strategie
Super-ministero per la transizione ecologica: una novità che sapevamo già?
Il Super-ministero per la Transizione Ecologica è stato creato? Che cosa sarà? Probabilmente la risposta ce l’abbiamo già: serviva però il Professor Draghi per farcela vedere
Falck e l’acqua calda (che però nessuno sembra conoscere…)
La sostenibilità è un concetto che non può più essere limitato alla sola componente ambientale: non si può più parlare di sostenibilità al singolare, ma soltanto al plurale, e considerare quanto meno le tre sostenibilità prese in considerazione della ISO 14001:2015, in quanto intimamente ed inestricabilmente connesse: la sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
Ma la sostenibilità è anche gestire i rischi: con queste parole Enrico Falck si è recentemente espresso in una intervista rilasciata in pieno lockdown, nella quale – oltre agli aspetti socio-culturali legati alle nuove modalità di lavoro “da remoto”, e a quelli politico-produttivi – il manager poneva l’accento sul fatto che “lo shock causato dalla pandemia farà emergere quanto il tema della sostenibilità sia strategico e distintivo”.
Già molte società hanno la sostenibilità nel loro Dna, e la pandemia indurrà molte altre società ad adottare la sostenibilità quale modello gestionale. A tale proposito, andranno sostenute “le Pmi, che operano attraverso assetti industriali meno complessi e per questo motivo più a rischio avendo meno possibilità di diversificazione”.
«Per queste società è importante dimostrare che la sostenibilità non è solo un tema di comunicazione, che sarebbe una semplificazione inutile, o un tema di modello gestionale, che se mutuato dalle grandi aziende risulterebbe una complicazione altrettanto inutile. Sarà necessario lavorare su modelli gestionali flessibili ed efficaci, in poche parole rendere la sostenibilità sostenibile! Un primo passo potrebbe essere una maggior diffusione dei modelli di gestione dei rischi, anticamera del pensiero sostenibile a medio-lungo termine»
Gli scenari futuri
In relazione agli scenari futuri, l’intervista si concludeva con un auspicio, che coniuga dati economici-prestazionali con aspetti umani e legati alla produttività.
“Spero – conclude infatti la sua intervista il manager – che si affermi una visione di sostenibilità integrata, un equilibrio in cui vengano remunerati tutti gli stakeholder, i prestatori di capitale, sia di natura economica che non. Le aziende non funzionano solo grazie al capitale economico, ma anche quello umano e produttivo, per citare i capitali tangibili, e i capitali ambientale, intellettuale e relazionale, per citare quelli intangibili.Pertanto le imprese dovranno generare sempre più valore condiviso con gli stakeholder fornitori delle varie tipologie di capitale e per la comunità nei suoi vari aspetti: ambiente, occupabilità, tutela dei diritti e sviluppo dell’innovazione volta a migliorare la qualità della vita”.
Il grande caos politico: l’Ambiente nelle consultazioni…
La politica lo sa: l’ambiente è, deve essere al centro delle future scelte strategiche. Un futuro che è già adesso…..
Transizione ecologica e digitale, infatti, costituiscono l’ossatura del Recovery fund. È soprattutto su quei settori che dovremo intervenire, se vogliamo restare attaccati al treno che ci deve far uscire dalla crisi nella quale, anche a causa della pandemia, ci siamo ritrovati. E per questo motivo, chi più, chi meno, chi in un modo, chi nell’altro, nel corso delle consultazioni caotiche che abbiamo vissuto in diretta in questi giorni, hanno avanzato (e/o comunque non si sono detti contrari a) proposte di riforme anche ambientali.
La più suggestiva, se vogliamo, è quella concernente la creazione di un nuovo Super-ministero per la transizione ecologica, con tanto di richiami a fruttuose esperienze straniere. Un ministero connotato da forti poteri, in grado di riunire in sé stesso le competenze del MiSe, del Mit. E, per l’appunto, del “vecchio” Ministero dell’Ambiente.
…e le idee un po’ confuse
Tuttavia, come spesso suole accadere, nessuno è in grado di sapere quali, e quante, saranno le competenze del neo ministero, che nel frattempo, dopo essere stato annunciato, infine è stato creato.
Ma non come si poteva immaginare, a sentire le dichiarazioni variamente entusiaste dei membri del (futuro, allora, adesso) nuovo Governo.
Prima che il Professor Draghi sciogliesse la riserva, nel giro di poche ore sono circolate le più diverse interpretazioni. Interpretazioni, beninteso, non delle parole di Draghi, sul riferito da chi, a quelle consultazioni, ha partecipato.
E così c’era chi parlava della fine dei vecchi, e antagonisti, ministeri dello sviluppo economico e delle infrastrutture, destinati a confluire nel MATTM, per dare origine al nuovo Super-ministero. C’era che avanzava ipotesi intermedie: o il Mise o il MiT sarebbero confluiti nel Ministero per la Transizione Ecologica.
Le esperienze di altri Paesi
C’era chi proponeva di rifarsi alle esperienze di altri Paesi: la Francia, la Spagna, la Svizzera, la Germania. Il Costarica.
Le “altre” esperienze
Ad una rapida ricerca online, all’indomani di queste affollate proposte esterofile, si è potuto apprendere, ma senza tuttavia poter approfondire più del dovuto, che in:
Spagna esiste in effetti un “ministero per la Transizione ecologica e la sfida demografica”, che sì, si occupa di ambiente e anche di energia e di agricoltura, ma che è distinto dal ministero dell’industria, che in ogni caso ha delle competenze in materia di energia;
Francia, certo, esiste un “ministero per la Transizione ecologica”, che se ha competenze in materia di energia e di trasporti, non ne ha alcuna in relazione alle politiche industriali, che spettano ad un altro Super Ministero, quello dell’Economia, delle Finanze e della Ripresa;
Svizzera, Stato con cui, tuttavia, sia per le dimensioni e la diffusione a macchia di leopardo nei cantoni, sia per la struttura industriale, non è possibile neanche ipotizzare un paragone;
Germania, dove esiste un “ministero dell’Ambiente, della conservazione naturale e della sicurezza nucleare”, che tuttavia non gestisce l’energia nel suo complesso. Materia su cui è competente il “ministero per gli Affari economici e l’Energia”, che si occupa anche di tutti gli aspetti di politica industriale;
Costarica (!), dove comunque ministero dell’Ambiente e dell’Energia sono nettamente separati dal ministero dell’Economia, dell’industria e del commercio.
Non mancavano le critiche – anche da parte di alcune associazioni ambientaliste – all’ipotesi di un unico dicastero così grande da essere ingovernabile, anche a causa della compresenza di interessi così divergenti fra di loro.
I dubbi
“La transizione ecologica è il grande impegno dell’Italia e dell’Europa dei prossimi decenni. Non si può commettere l’errore di impostarla male. Al presidente Draghi segnaliamo nuovamente che le urgenze ambientali sono molteplici, dal restauro degli habitat degradati al mare, dalla tutela del paesaggio alla montagna, all’agricoltura e ad un uso dei suoli compatibile, alle politiche di benessere animale. È fondamentale considerarle tutte e porle in primo piano nell’agenda, in modo che facciano da sostanza del programma di transizione ecologica e che vengano prima di ogni operazione di immagine o speculativa e, anche per questo, a rischio di fallimento”, è stato sottolineato in una nota congiunta da alcune associazioni ambientaliste. Che hanno anche avanzato alcune proposte per il programma del nuovo Governo nell’applicazione del principio “prima l’efficienza”.
Prima l’efficienza
“Prima l’efficienza”
Secondo le associazioni, le azioni necessarie riguardano, innanzitutto, la mobilità sostenibile (sostegno alle infrastrutture della mobilità elettrica sia individuale che collettiva; crescita della filiera del Gnl per il trasporto stradale pesante e quello marittimo; la maggiore diffusione del gas naturale (Gnc) e del Gpl nel trasporto leggero); un insieme di azioni sinergiche, anche in chiave di sviluppo dell’economia circolare.
Rispetto alle fonti rinnovabili, invece “è necessario superare l’atteggiamento di chi pensa di risolvere tutto con le rinnovabili elettriche intermittenti (eolico e fotovoltaico) assunte a simbolo unico della decarbonizzazione. La priorità va data invece alle rinnovabili termiche, partendo dal fatto che i consumi termici sono quasi la metà dei consumi di energia. Perciò è centrale il ruolo della produzione di energia rinnovabile dalle pompe di calore”.
È inoltre opportuno privilegiare gli interventi di repowering degli impianti idroelettrici e geotermici: “bisogna puntare su un programma di manutenzione degli invasi idroelettrici esistenti, che può ampliare significativamente l’attuale capacità di accumulo”.
Comunicare ciò che è stato fatto
In tutto ciò, non una parola da parte del premier, che già nel corso del primo consiglio dei ministri ha comunicato la sua dottrina: comunicare solo ciò che è stato fatto. Perché, per dirla con le parole di Peter Druker – che non devono essere sconosciute al Professor Draghi – “l’efficienza è fare le cose nel modo giusto, l’efficacia è fare le cose giuste”.
Adesso che sappiamo che il nuovo Super Ministero non è stato creato, e che si tratta più prosaicamente di un revamping – anche nella denominazione – del Ministero dell’Ambiente, assume senso la frase di Pasolini, in una versione “4.0”. So che non cambierà nulla, dal punto di vista operativo, se non, forse, un po’ il maquillage.
Epperò…
Forse non cambierà nulla come strutture, uffici, competenze, salvo quelle necessarie per coordinare le attività dei diversi dicasteri coinvolti, e destinatari delle fette più grosse del Recovery Fund: ministero della transizione ecologica, certo, ma anche MiSE e Mit, oltre che il nuovo dicastero a guida Colao, su un’altra transizione, quella digitale.
Nulla di nuovo dal punto di vista formale, ma probabilmente molto di più da quello sostanziale.
Le novità che sapevamo già (in pochi)
Mentre si disquisisce, infatti, su temi “politici”, il team del Professor Draghi potrebbe utilizzare, potenziandoli, gli strumenti che già esistono, senza doversene per forza inventare di nuovi.
Nessuno ha mai parlato, ad esempio, dal fatto che esiste già, presso il MATTM, uno specifico dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi, che cura le competenze del Ministero in materia di economia circolare, contrasto ai cambiamenti climatici, efficientemente energetico, miglioramento della qualità dell’aria e sviluppo sostenibile, cooperazione internazionale ambientale, valutazione e autorizzazione ambientale e di risanamento ambientale.
Ma non solo.
Il Dipartimento – si legge testualmente sul sito del Ministero dell’Ambiente – “esercita, nelle materie di spettanza del Ministero […] le competenze in materia di:
politiche per la transizione ecologica e l’economia circolare e la gestione integrata del ciclo dei rifiuti;
strategie nazionali di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici;
mobilità sostenibile;
azioni internazionali per il contrasto dei cambiamenti climatici, efficienza energetica, energie rinnovabili, qualità dell’aria, politiche di sviluppo sostenibile a livello nazionale e internazionale, qualità ambientale, valutazione ambientale, rischio rilevante e autorizzazioni ambientali;
individuazione e gestione dei siti inquinati;
bonifica dei Siti di interesse nazionale e azioni relative alla bonifica dall’amianto, alle terre dei fuochi e ai siti orfani;
prevenzione e contrasto del danno ambientale e relativo contenzioso; studi, ricerche, analisi comparate, dati statistici, fiscalità ambientale, proposte per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi”.
Gli altri incarichi del Dipartimento
Senza dimenticare che, nelle materie di propria competenza, il Dipartimento supporta la partecipazione del Ministro al CIPE, alla cabina di regia “Strategia Italia” e a tutti gli altri comitati interministeriali “comunque denominati operanti presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Assicurando, altresì, fra l’altro:
il collegamento con il Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS)”;
l’elaborazione, in raccordo con l’Ufficio di Gabinetto, dell’allegato al DEF sui temi di competenza del Ministero, del Programma Nazionale di Riforma (PNR) e gli altri atti strategici nazionali.
Se non è già un super ministero (nel ministero) questo….
In definitiva, quella relativa al Super Dicastero per la transizione ecologica sembra essere la punta dell’iceberg del nuovo corso, anche politico, al quale ispirarsi, per far funzionar davvero, le cose. Fare le cose giuste, prima di farle nel modo giusto.
Quel che conta è farla, la transizione ecologica, e non proclamarla. E comunicarla quando è stata fatta.
Pubblicato sul sito web del MASE, il Sesto Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia, redatto dal Comitato per il Capitale Naturale (CCN)...