Modelli e strategie

Per i Sustainable Development Goals in Italia l’autonomia regionale differenziata potrebbe funzionare?

Il Rapporto SDGs 2030 dell'ISTAT illustra l’evoluzione temporale dei territori del nostro Paese, mettendone in luce i differenti ritmi di avanzamento nel tempo
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Per i Sustainable Development Goals in Italia l’autonomia regionale differenziata potrebbe funzionare?

SDGs (Sustainable Development Goals), ovvero armonia tra crescita economica, inclusione sociale e tutela dell’ambiente. Come si dovrà attuare, anche alla luce dell’autonomia differenziata? Ripartiamo dai dati.

Le informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia
L’autonomia differenziata e asimmetrica e il “No one left behind”
La mappa della disparità territoriale
Le mappe di calore e i grafici radar: drizzate le antenne e leggete cosa dicono i dati…
Le cause, le soluzioni e la provocazione

Le informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia

Teknoring ha a cuore le mille e una sostenibilità: ne parliamo ad ogni piè sospinto, spesso facendo riferimento agli SDGs perché le sostenibilità sono (nascoste) in ogni cosa, e dovrebbero essere presenti in ogni nostra azione, e nel modo in cui dovremmo divulgare e comunicare l’ambiente.

Negli ultimi anni l’ISTAT, periodicamente, ci racconta lo stato di salute del nostro Bel Paese, in materia di sostenibilità: lo scorso 20 giugno è stata presentata la sesta edizione del Rapporto Istat sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs), “Rapporto SDGs 2023 – Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia” con l’aggiornamento e l’analisi delle misure statistiche finalizzate al monitoraggio dell’Agenda 2030 per il nostro Paese.
Il Rapporto è stato chiuso con le informazioni disponibili ad appena una settimana prima (14 giugno 2023): rispetto alla diffusione di ottobre 2022, sono state aggiornate 223 misure statistiche e ne sono state introdotte cinque nuove”.
Rispetto alla precedente edizione, le nuove informazioni statistiche includono “la diffusione di 372 misure statistiche connesse a 139 indicatori tra quelli proposti dall’Inter-Agency and Expert Group on SDG Indicators (UN-IAEG-SDGs) delle Nazioni Unite, per il monitoraggio degli avanzamenti dell’Agenda 2030 a livello globale”.
I 17 SDGs e gli specifici target in cui sono declinati, bilanciano le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (ambientale, sociale ed economico), estendendo l’Agenda 2030 dal solo pilastro sociale agli altri due pilastri, cui si aggiunge la dimensione istituzionale.

La struttura del Report diffuso a giugno 2023
  1. gli indicatori per lo sviluppo sostenibile: quadro generale
  2. l’analisi delle misure statistiche per goal (con una sezione specifica per ognuno dei 17 goal)
  3. No one left behind”: un approfondimento del tema della disuguaglianza territoriale attraverso le misure Istat-SDGs
  4. i processi nazionali e internazionali relativi ai sistemi informativi statistici SDGs

L’autonomia differenziata e asimmetrica e il “No one left behind”

Negli ultimi mesi si è tornati a parlare insistentemente di riforma della Costituzione, per capire se – ma soprattutto come – garantire maggiore autonomia alle Regioni (che ne fanno istanza), nel rispetto di principi e livelli di tutela comuni e minimi (minimi che, però, devono essere di un certo livello e qualità, per non rendere tutto il sistema inutile).
Un’autonomia che, nel garantire a tutti un “alto minimo sindacale”, in sostanza, permetta nello stesso tempo alle energie positive dislocate a macchia di leopardo nel nostro Paese di dare un contributo diverso, e maggiore, anche alle sostenibilità.
Per questo la nostra attenzione, oggi, a pochi giorni dalla pubblicazione di un articolo di commento al DDL autonomia differenziata, in discussione al Senato, si sofferma sul capitolo “No one left behind”, un approfondimento del tema della diseguaglianza territoriale.
Infatti, si legge nell’introduzione al tema, “all’indomani dei reiterati shock che hanno colpito l’Italia e il mondo intero in un lasso temporale relativamente circoscritto – dalla doppia crisi economico-finanziaria, passando per la pandemia, fino alla crisi innescata dal conflitto tra Russia e Ucraina – il tema degli squilibri territoriali è di estrema attualità, e nello stesso tempo richiama l’opportunità di tracciare un bilancio sullo storico divario tra il Mezzogiorno e il resto del Paese”.
Del resto, anche il PNRR individua le pari opportunità territoriali tra le priorità trasversali in base alle quali valutare l’insieme di Missioni e Riforme previste.

La mappa della disparità territoriale

L’Agenda 2030 coniuga il raggiungimento degli SDGs ai principi “non lasciare indietro nessuno” e “aiutare per primi coloro che sono più indietro”: obiettivi – essenziali – adottati, come si diceva, dal PNRR, che intende “far sì che il progresso coincida con una riduzione delle disparità tra territori” (la mappa regionale all’ultimo dato disponibile mostra una differenza dello sviluppo sostenibile ancora più consolidata rispetto allo scorso anno a favore delle regioni del Nord-est)”.
Da questa edizione, oltre al monitoraggio degli attuali livelli di disparità tra Regioni e Province Autonome rispetto al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030, il report illustra l’evoluzione temporale dei territori del nostro Paese, mettendone in luce i differenti ritmi di avanzamento nel tempo, fermo restando che solo una piccola parte dei sotto-obiettivi dell’Agenda 2030 si basa su chiari target di tipo quantitativo, dal momento che gli obiettivi globali dell’Agenda richiedono di essere calati nel contesto nazionale.
Ne consegue – prosegue l’Istat – che “gli andamenti territoriali vengono pertanto analizzati in termini di distanza, non da un traguardo predeterminato, bensì rispetto alla best performance (bp), ovvero il migliore risultato raggiunto da una o più regioni/Province Autonome italiane dal 2010 fino a oggi”.

La distanza è stata calcolata per le sole misure statistiche del sistema Istat-SDGs per le quali è disponibile il dettaglio regionale. Si tratta di 152 misure, relative a tutti i 17 Goal.

Le mappe di calore e i grafici radar: drizzate le antenne e leggete cosa dicono i dati…

Per molte delle misure considerate, la Valle d’Aosta e le province di Trento e Bolzano (non sono stati considerati i valori del Trentino Alto Adige) rappresentano la best performance, che comunque per quasi i due terzi vengono conseguite al Nord; oltre il 50% delle bp sono state conseguite negli ultimi 6 anni.

“In ogni Goal, per ogni regione o Provincia Autonoma, per ogni anno (dal 2012 al 2022), la distanza dalla bp è rappresentata da un colore che varia dal verde più intenso (distanza minima della regione nel Goal considerato) al rosso più scuro (distanza massima), passando per il giallo. Tali “mappe di calore”, pur nella loro sintesi, forniscono una rappresentazione visiva immediata e facilmente interpretabile dei progressi delle disparità territoriali all’interno di ciascun Goal”.

A partire dalle misure Istat-SDGs disponibili in serie storica e per regione, il dettaglio dell’evoluzione nel tempo di ogni regione in ogni Goal rispetto alla best performance è riportato in una serie di figure (le “mappe di calore”), raggruppate secondo le tradizionali “5P” dell’Agenda 2030 (People; Prosperity; Planet; Peace e Partnership), sintetizzate in tabella.

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Le sintesi analitiche delle 5P (illustrate nelle successive “mappe di calore”)

People (goals 1-5) Moderato miglioramento nel tempo, seppur con alcuni importanti arretramenti, soprattutto per alcune zone geografiche.
Il Goal 4 (Istruzione), ad esempio, vede un peggioramento di quasi tutte le misure relative alle competenze nell’anno della didattica a distanza, con un recupero nel periodo post-pandemico non uniforme sul territorio, che non consente di ripristinare i livelli pre-pandemia, soprattutto nelle regioni meridionali.
Per tutti i Goal, è evidente una forte e persistente disparità territoriale Nord-Mezzogiorno, con l’eccezione del Goal 3 (Salute), che vede ridursi il divario nel corso del tempo, e, in misura minore, del Goal 5 (Genere), il cui andamento complessivo migliora in misura abbastanza equilibrata in tutti i territori.
Per i Goal dell’area People le distanze massime dalla best performance si concentrano nel primo quinquennio 2012-2016. Le distanze minime, al contrario, vengono rilevate nell’ultimo quinquennio 2018-2022”.
Planet (goals 6, 12, 13, 14 e 15) I Goal 6 (Acqua), 13 (Clima) e 15 (Vita sulla terra), in particolare, si caratterizzano per una duratura eterogeneità territoriale, che non segue però il classico gradiente Nord-Mezzogiorno tipico dei Goal dell’area People o Prosperity.
Si misurano inoltre distanze dalla bp sensibilmente e costantemente più elevate per la Sicilia, nel Goal 6, per l’Emilia-Romagna, nel Goal 13, e per la Lombardia, nel Goal 15.
Prosperity (goals 7-11)  

Guardiamo ora i dati nell’area Prosperity: per quanto riguarda il Goal 8 (Lavoro e crescita economica) e 10 (Disuguaglianze) “non si assiste a una riduzione delle disparità regionali e il Mezzogiorno resta considerevolmente più arretrato rispetto al Centro-Nord”.
Riguardo agli obiettivi Energia, Infrastrutture e Città vi è un progressivo avvicinamento delle unità geografiche alla bp, con notevoli progressi per quanto riguarda l’Energia,” grazie al sempre più ampio consumo di energia da fonti rinnovabili, e, soprattutto, del Goal 9 (Infrastrutture), che vede migliorare sensibilmente e continuativamente gli indicatori sulla digitalizzazione e sulla innovazione d’impresa.
Nel Goal 11 (Città sostenibili), sono soprattutto gli indicatori di abitabilità (percentuale di persone che vivono in abitazioni, sovraffollate, rumorose o con problemi strutturali o di umidità) a dare buoni risultati.
Per il Goal 7, spiccano Valle d’Aosta, Trento e Bolzano, che nel tempo conservano il loro vantaggio, mentre Puglia, Sicilia e Sardegna registrano le maggiori distanze dalla best performance.

Peace & Partnership (goals 16-17) Nella sezione Peace e Partnership (Figura 3.5), per il Goal 16 (Pace e istituzioni forti), le distanze sono piuttosto stazionarie nel tempo, con qualche eccezione, come ad esempio il progresso di Trento e il regresso della Valle d’Aosta.
Il Goal 17 (Partnership) presenta un diffuso miglioramento, particolarmente evidente dopo il 2017; tuttavia, le differenze tra le regioni del Centro-Nord e le regioni del Mezzogiorno permangono.

 

 


Il discorso non cambia di molto, se consideriamo soltanto l’ultimo anno: l’esame delle distanze rispetto alle best performance per l’ultimo anno disponibile, infatti, mostra come le regioni si comportino in modo più o meno eterogeneo, a seconda del Goal considerato.
I Goal in cui le regioni mostrano maggiore omogeneità sono il 3 (Salute), l’11 (Città sostenibili) e il 12 (Consumo e produzione responsabili): qui le regioni si collocano in posizione ravvicinata alla media italiana e non si rilevano scostamenti inter-regionali di entità rilevante.
Il Goal 1 (Povertà), il Goal 8 (Lavoro e crescita economica), il Goal 10 (Disuguaglianze) e il Goal 17 (Partnership) sono invece quelli dove è più ampia la variabilità: in questi casi, ci sono regioni che assumono una posizione anche molto distante dalla media e si caratterizzano per elevati scostamenti dalle altre regioni.
“Stranamente” – lo dimostrano anche i grafici radar – l’unico “goal” in cui le differenze si assottigliano è il n. 13, quello che riguarda il clima: quello che, al punto in cui siamo arrivati, non dipende, non può dipendere soltanto (o in buona parte) da scelte “locali”, di buona amministrazione, ma da una scelta globale…

Le cause, le soluzioni e la provocazione

Il titolo del paragrafo è provocatorio.
Non esistono “le” cause, ma un insieme diversamente (dis)amalgamato di concause, spesso contingenti e strutturali.
Ma non esistono neanche soluzioni pronte per l’uso, prêt-à-porter: esiste, più che altro, un atteggiamento, una visione, una sostenibilità culturale, se vogliamo utilizzare un termine che ben si adatta a quello di cui stiamo parlando.
Che le diseguaglianze esistano, da tempo immemore, e senza alcuna diffusa autonomia differenziata, lo sappiamo tutti, e conosciamo molte delle concause, cui si faceva riferimento, così come sono note le differenti “ricette disamalgamate”, tipiche delle cucine regionali: ne abbiamo parlato spesso nelle pagine della nostra rivista, in materia (e qui faccio qui solo qualche esempio) alimentare,
di inquinamento urbano, di riforestazione urbana.
Una disparità, è bene ribadirlo ancora una volta, che esiste anche “a Costituzione invariata”: senza alcun regionalismo differenziato (anche se continuano ad esistere regioni a statuto speciale, come se questa non fosse una disparità formale: quella che ha a che fare con i punti di partenza, non con la sostanza).
Il tema dell’autonomia differenziata, dunque, che partendo dalla convinzione che non si debba lasciare nessuno indietro, non impedisca a chi lo “desidera” di volgere – perché no? – anche un ruolo di traino, in una “competizione solidale”, è più che mai attuale, e merita non solo delle considerazioni «un po’» più approfondite delle chiacchiere che finora non sono state fatte, ma anche fatti.
Ci meritiamo «qualcosa in più» di un “Gattopardo 4.0”: se ai tempi di Tomasi di Lampedusa “tutto doveva cambiare, perché nulla cambiasse”, adesso non si fa neanche più lo sforzo di provare a cambiare.
Si lascia semplicemente tutto com’è.
Si lascia che le concause, profonde, strutturali, ataviche, continuino il loro lavorio incessantemente, nascondendosi dietro al fatalismo o alla necessità di evitare ad ogni costo (affinché nessuno rimanga indietro!) la “competizione”: si lascia tutto com’è, e non si agisce.
Dimenticandosi che la via del saggio non è competere, ma agire.

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