Rischio biologico e smart working nel contesto lavorativo ai tempi del Coronavirus
Articolo pubblicato il 26 febbraio e aggiornato l’11 marzo 2020
Di Laura Biarella (Avvocato del Foro di Perugia e Giornalista Pubblicista)
Sulla Gazzetta Ufficiale del 23 febbraio è stato pubblicato il decreto che agevola il telelavoro nelle aree focolaio colpite dal coronavirus. Il decreto dell’8 marzo 2020 lo estende a tutto il territorio italiano. L’emergenza epidemiologica e il rischio biologico rappresentano una sfida, ma anche un’importante opportunità, per i lavoratori e le aziende coinvolte nelle aree a rischio: il Governo ha soppresso alcune barriere “formali” dello smart working, interpretandolo quale strumento per superare le contingenze sanitarie. Una strategia che accantona la burocrazia in nome dell’efficienza, prediligendo la flessibilità e la tutela della salute.
L’obbligo di tutelare la salute dei lavoratori dal rischio biologico
La Circolare del Ministero della Salute del 3 febbraio scorso, aveva dettato le “Indicazioni per gli operatori dei servizi/esercizi a contatto con il pubblico”, e aveva rammentato, agli stessi operatori che, ai sensi della normativa vigente (D.Lgs. n. 81/2008), la responsabilità di tutelare i lavoratori dal rischio biologico è in capo al datore di lavoro, con la collaborazione del medico competente.
Il provvedimento, emanato in circostanze non ancora di emergenza sanitaria (alla data del 3 febbraio l’Italia era caratterizzata dall’assenza di circolazione del virus), aveva inoltre precisato che le misure “devono tener conto della situazione di rischio”. A ciò si aggiunga che, come si evinceva da una circolare precedente (del 31 gennaio 2020, relativa all’identificazione dei casi e dei contatti a rischio, questi ultimi venivano identificati in “coloro che hanno avuto contatti ravvicinati e protratti con gli ammalati”.
Il rischio biologico
La circolare del 3 febbraio vincola i datori di lavoro a comunicarne il contenuto al personale dipendente, richiamando l’obbligo, sullo stesso datore unitamente al medico competente, ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008 (Titolo X, Capo II), di tutelare i dipendenti dal “rischio biologico”, in funzione della entità del pericolo corrente, senza ulteriori specificazioni. Ne consegue la necessità di far riferimento al D.Lgs. n. 81:
- all’articolo 266 statuisce infatti che “Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici”,
- all’articolo 267 identifica l’”agente biologico” in “qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni”.
Adempimenti in capo al datore e rischio biologico
Il Titolo X del D.Lgs. n. 81/2008, in tema di “Esposizione ad agenti biologici”, elenca gli speciali obblighi per il datore di lavoro:
- valutazione del rischio,
- adozione di misure tecniche, organizzative e procedurali,
- misure igieniche e di emergenza,
- informazione e formazione,
- sorveglianza sanitaria, e via dicendo.
Nell’ambito della valutazione del rischio, attività deputata a valutare la probabilità che si verifichino eventi indesiderati in particolari circostanze ben definite di utilizzo di agenti pericolosi, nella specie di agenti biologici, il datore è onerato dal ricercare le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, tenendo conto:
- della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall’allegato XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all’articolo 268, commi 1 e 2;
- dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte;
- dei potenziali effetti allergici e tossici;
- della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa svolta;
- delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio;
- del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
Ulteriori misure di prevenzione e di emergenza sono rintracciabili nello stesso titolo X (del D.Lgs. n. 81/2008): ad esempio l’articolo 272 detta le “Misure tecniche, organizzative, procedurali”, il 273 quelle igieniche, il 274 quelle specifiche per strutture sanitarie e veterinarie, il 275 quelle specifiche per i laboratori e gli stabulari, il 276 quelle specifiche per i processi industriali, il 277 le misure di emergenza.
L’evoluzione della situazione epidemiologica
In pochissimi giorni la situazione in Italia si è radicalmente ribaltata: dall’assenza di casi, dichiarata al 3 febbraio, all’accertamento di oltre 200 casi di contagio, al 23 febbraio, data in cui, tra le numerose tematiche affrontate dalle autorità in via d’urgenza, il Governo ha considerato, e gestito, la straordinarietà attraverso una deroga alla disciplina del lavoro agile.
Cosa è il telelavoro
Rappresenta una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato (ordinariamente stabilita attraverso un accordo tra datore e lavoratore), anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, col possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. Lo scopo è quello di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Quando la prestazione lavorativa viene eseguita all’esterno dei locali aziendali, senza una postazione fissa, occorre comunque rispettare i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi.
Le tutele normative ed economiche
Allo smart worker la legge assicura parità di trattamento sia economico che normativo, rispetto ai colleghi che eseguono la prestazione attraverso le modalità ordinarie nei locali aziendali. Per l’effetto, è prevista una peculiare tutela in caso di infortuni e malattie professionali: la legge (articolo 18, comma II) precisa infatti che il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
L’accordo della Legge n. 81/2017 derogato per l’emergenza sanitaria
Per avviare la modalità “agile”, in condizioni ordinarie, è necessario un accordo “individuale” tra prestatore di lavoro e azienda, dettagliato quanto a tempistica e modalità di impiego della strumentazione tecnologica che consente la prestazione “da remoto”, mediante notebook, tablet, smartphone. L’emergenza ha archiviato per 14 giorni (tale è la validità del decreto in esame), a decorrere dal 23 febbraio, i meccanismi formali previsti dalla legge, come la sottoscrizione dell’accordo individuale, che certo non prevede una tempistica istantanea. Permane solo, a carico dell’azienda, l’obbligo di informativa sulla sicurezza.
Il decreto che deroga alla legge sullo smart working
In dettaglio, il DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) del 23 febbraio 2020, che attua il Decreto Legge n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da coronavirus, all’art. 3 prevede l’applicazione dello smart working (lavoro agile), già disciplinato dagli articoli da 18 a 23 della L. n. 81 del 2017, n. 81:
- in via “automatica”,
- ad ogni rapporto di lavoro subordinato,
- nell’ambito di aree considerate a rischio,
- nelle situazioni di emergenza nazionale o locale,
- nel rispetto dei principi dettati dalle disposizioni sul lavoro agile (L. n. 81 del 2017),
- anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla legge n. 81.
Nell’ipotesi ove si verifichino le suindicate condizioni, gli obblighi di informativa, già previsti dalla L. n. 81/2017 (art. 23), devono essere resi in via telematica, anche attraverso la documentazione resa disponibile sul portale istituzionale dell’Inail.
I lavoratori interessati
Per coloro che sono risultati destinatari del divieto di allontanamento o di accesso nei Comuni elencati nell’allegato 1 del decreto, oppure messi in quarantena obbligatoria, lo stesso esecutivo concede la possibilità di svolgere la prestazione lavorativa a distanza, attraverso le modalità tecnologiche disciplinate dalla legge sullo smart working, così limitando, al minimo, gli spostamenti ed i contatti.
