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Economia circolare in Italia, dati positivi: le imprese ci credono

L'Italia sta scoprendo sempre più il valore dell'economia circolare: un quinto della nostra produzione deriva ormai dal riciclo, dato raddoppiato dal 2021
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Economia circolare in Italia, dati positivi: le imprese ci credono

I segnali ci sono, sono importanti e rappresentano sicuramente un sospiro di sollievo in una situazione generale critica, che vede però una volontà generale di reagire. L’Italia sta infatti scoprendo sempre più il valore dell’economia circolare, tanto che addirittura un quinto della nostra produzione deriva ormai dal riciclo. A livello europeo siamo secondi solo alla Francia e, rispetto anche solo al 2021, le nostre pratiche in tal senso sono addirittura raddoppiate.

A certificarlo è il Sesto Rapporto sull’Economia Circolare, realizzato dal Circular Economy Network ed ENEA, il primo in cui “le performance di circolarità delle cinque maggiori economie dell’Unione Europea (Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia) sono state comparate usando gli indicatori della Commissione europea“. Ossia, per la precisione:

  • produzione e consumo
  • gestione dei rifiuti
  • materie prime seconde
  • competitività e innovazione
  • sostenibilità ecologica
  • resilienza

Economia circolare in Italia: i numeri della crescita nostrana

Ebbene, spiega il rapporto, “anche con questi ‘nuovi’ indicatori, risulta confermato il primato dell’Italia (45 punti) in termini di economia circolare, seguita da Germania (38), Francia (30) Polonia e Spagna (26). Il risultato positivo dell’Italia deriva soprattutto dalla gestione dei rifiuti“. Il nostro tasso di riciclo dei rifiuti di imballaggio ha infatti raggiunto quota 71,7% nel 2021, superando di un importante 8% la media UE27 (64%).

Bene anche la crescita del riciclo dei rifiuti urbani. Tra il 2017 e il 2022 l’Italia vanta un rincuorante +3,4%, che ci ha permesso di raggiungere il 49,2% e superare quindi la media UE (48,6%). Fondamentale, per un utilizzo consapevole, sostenibile e corretto dell’energia, è poi il tasso di utilizzo circolare di materia. Si tratta del rapporto tra l’uso di materie prime seconde generate col riciclo e il consumo complessivo di materiali, dato in cui il nostro Paese ha raggiunto un valore pari al 18,7%.

Bene nel settore del lavoro, male nella gestione dei materiali

Gli effetti benefici del fenomeno si vedono poi anche a livello occupazionale. Nel 2021, infatti, nella UE27 gli occupati nel settore dell’economia circolare erano 4,3 milioni, il 2,1% del totale. Limitandosi all’Italia, questo numero ha raggiunto nello stesso anno quota 613mila unità. In percentuale parliamo del 2,4%, con un considerevolissimo +4% rispetto al 2017. Numeri che ci rendono il secondo Paese dell’area dopo la Germania, che conta invece circa 785mila lavoratori (1,7% sul totale).

Decisamente più negativi sono tuttavia altri indicatori. Spicca quello del consumo dei materiali, che in Italia è stato nel 2022 di 12,8 tonnellate/abitante, minore della media europea (14,9 t/ab) ma in crescita (+8,5%) rispetto alle 11,8 t/ab del 2018. In ambito di energia circolare, però, soffriamo soprattutto per quanto riguarda la dipendenza dalle importazioni di materiali. Il nostro dato è infatti del 46,8%, ossia più del doppio della media europea (22,4%), anche se in calo (-3,8%) rispetto al 2018.

Economia circolare in Italia: come agire in ottica futura

Puntare sulla circolarità deve essere la via maestra per accelerare la transizione ecologica e climatica e aumentare la competitività delle nostre imprese – ha dichiarato Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network –. Ancora di più per un Paese povero di materie prime e soprattutto, nel contesto attuale, caratterizzato da una bassa crescita e dai vincoli stringenti del rientro del debito pubblico“.

L’Italia può e deve fare di più per promuovere e migliorare la circolarità della nostra economia, con misure a monte dell’uso dei prodotti per contrastare sprechi, consumismo e aumentare efficienza e risparmio di risorse nelle produzioni; nell’uso dei prodotti, promuovendo l’uso prolungato, il riutilizzo, la riparazione, l’uso condiviso; e a fine uso, potenziando e migliorando la qualità del riciclo e l’utilizzo delle materie prime seconde“, ha aggiunto Ronchi.

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