Modelli e strategie

Comunicazione ambientale, guerra al greenwashing e norma UNI

Il nuovo standard internazionale nasce per garantire a imprese e consumatori una comunicazione ambientale che trasmetta una reale impronta ecologica
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Comunicazione ambientale, guerra al greenwashing e norma UNI

Impronta o comunicazione ambientale? È passato quasi un anno dal 6 dicembre 2018, entrata in vigore della norma UNI EN ISO 14026:2018 sull’etichettatura e dichiarazioni ambientali – Principî, requisiti e linee guida per la comunicazione delle informazioni sull’impronta ambientale (footprint). Una piccola grande rivoluzione. Sancisce il diritto di consumatori e imprese a ricevere informazioni sull’impronta ambientale dei prodotti che siano chiare, non fuorvianti, facilmente accessibili e di qualità. Un modo di concepire la comunicazione ambientale lontano anni luce dal c.d. greenwashing.

Domande fondamentali e comunicazione ambientale Quanto abbiamo bisogno di una comunicazione ambientale corretta? Dalla lotta al greenwashing ai requisiti del programma di comunicazione Una rivoluzione non solo nella comunicazione ambientale (!?)

Domande fondamentali e comunicazione ambientale

Qual è il contenuto principale della nuova UNI EN ISO 14026:2018? La nuova norma fornisce i principî, i requisiti e le linee guida per:

  • le comunicazioni dell’impronta dei prodotti che hanno influenza sull’ambiente
  • i programmi di comunicazione dell’impronta ambientale (footprint),
  • le procedure di verifica.
La norma non riguarda la quantificazione dell’impronta ambientale.

Qual è il campo di applicazione? Esclusivamente quello ambientale. Nella premessa si legge espressamente che la ISO 14026:2017 non tratta:

  • né la comunicazione delle impronte non correlate all’ambiente (per esempio le impronte che trattano problematiche sociali o economiche),
  • né le comunicazioni dell’impronta relativa alle organizzazioni.

Qual è, invece, il contesto?

La norma fornisce i concetti base della comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti nei contesti B2B (business-to-business) e B2C (business-to-consumer).

La UNI EN ISO 14026:2018 riguarda soltanto i prodotti? No: i potenziali impatti ambientali sono da considerarsi anche per la fase di produzione, utilizzo e fine ciclo del prodotto.

Quali sono le possibili conseguenze per l’Italia?

Per il nostro Paese, grande esportatore internazionale, si tratta di un’ulteriore possibilità per sostenere la competitività dei prodotti made in Italy sui mercati nazionali e internazionali. La norma potrebbe essere lo strumento ideale e indice di qualità e sostenibilità per un’azienda che ha calcolato i footprint ambientali e che intende costruire una comunicazione efficace.

Qual è lo scopo della norma?

L’obiettivo è quello di semplificare, armonizzare e, non da ultimo, rendere comparabili le comunicazioni e le dichiarazioni relative al footprint, utilizzando efficacemente l’approccio multicriterio per sviluppare vere e proprie etichette ambientali su prodotti. La norma rappresenta un’evoluzione rispetto all’usuale carbon footprint (che esprime in CO2 equivalente il totale delle emissioni di gas ad effetto serra associate direttamente o indirettamente ad un prodotto). Occorre rilevare che la norma sancisce il diritto dei consumatori e delle altre organizzazioni che entrano a contatto con un certo prodotto ad avere informazioni chiare, non fuorvianti, facilmente accessibili, di qualità.

Quanto abbiamo bisogno di una comunicazione ambientale corretta?

Per rispondere a questa domanda occorre parlare del c.d. Overshoot Day, che per gli scienziati rappresenta il giorno dell’anno in cui la nostra domanda di acqua, cibo, fibre, legno e assorbimento di anidride carbonica supera l’ammontare di risorse biologiche che gli ecosistemi della terra sono in grado di rinnovare in un anno (la cosiddetta “biocapacità globale”). Per essere “sostenibile” – per dare alla Terra il tempo di rigenerare le sue risorse – l’Overshoot Day dovrebbe cadere il 31 di dicembre di ogni anno. E invece, ogni anno questa data arretra pericolosamente. Quest’anno la data fatidica è arrivata il 29 luglio, battendo il record già negativo del 2018 quando la data coincise con il 1° agosto: 30 anni fa cadeva in ottobre, 20 anni fa verso la fine di settembre. E adesso non arriviamo ad agosto.

Alcuni dati statistici
Secondo i calcoli dei ricercatori del Global Footprint Network, l’istituto internazionale di ricerca che ha ideato il metodo per calcolare il consumo delle risorse attraverso l’Impronta Ecologica, è come se l’umanità utilizzasse le risorse di quasi due pianeti, 1,75 per l’esattezza. Non va meglio considerando la sola Italia: secondo le stime del Global Footprint Network, per soddisfare i consumi degli italiani servirebbero risorse pari a 4,7 volte quelle che l’Italia genera ogni anno. Il sovra-sfruttamento consiste nell’intaccare il capitale naturale del nostro Pianeta, quindi compromettendo ulteriormente la sua capacità futura di rigenerazione delle risorse.
Ma come consumiamo queste risorse?
Ben il 60% corrisponde alla “richiesta di natura” necessaria per l’assorbimento delle emissioni di anidride carbonica. Invertire la tendenza è possibile, ma bisognerebbe intervenire con decisione.
Cosa succede fuori dai confini dell’Europa?
Se tutti vivessimo come gli abitanti degli Usa, avremmo bisogno di ben 5 pianeti: negli Stati Uniti infatti ogni cittadino spreca 95 Kg di cibo l’anno e le emissioni dei cosiddetti ‘Greenhouse Gas’, derivanti dai combustibili fossili, dalla produzione di elettricità e dai trasporti, sono tra le più alte del mondo.

Quindi come si può rispondere alla domanda di apertura di questo paragrafo? Alla luce dei dati, sopra riportati, è chiaro che abbiamo un grande bisogno di comunicazione ambientale. Ma non di una comunicazione di facciata – che dia una lavata in chiave green: il greenwashing, per l’appunto – ma che sia in grado di aumentare la consapevolezza del consumatore sul reale impatto ambientale dei prodotti che consuma. Poi il consumatore è libero di continuare a fare un uso smodato di carne: ma se è consapevole dell’enorme impatto che questo ha sull’ambiente, magari può riconsiderare la sua posizione…

Dalla lotta al greenwashing ai requisiti del programma di comunicazione

Il testo della ISO 14026: 2017 è stato elaborato dal Comitato Tecnico ISO/TC 207 “Environmental management” dell’Organizzazione Internazionale di Normazione (ISO) ed è stato ripreso come EN ISO 14026:2018 dal Comitato Tecnico CEN/SS S26“Environmental management”. Il testo della ISO 14026: 2017 è stato approvato dal CEN senza alcuna modifica. Si tratta di una norma europea a cui va attribuito lo status di norma nazionale, o mediante pubblicazione, o mediante notifica di adozione, al più tardi entro aprile 2019, e le norme nazionali in contrasto devono essere ritirate al più tardi entro aprile 2019.

Nell’introduzione spicca il riferimento ad un fenomeno che moltissimi consumatori hanno imparato a conoscere (ma da cui non è sempre facile difendersi): il c.d. greenwashing.
Si tratta di un neologismo composto dalle parole green e whitewash (imbiancare e, in senso figurato, insabbiare o mascherare qualcosa). Fu coniato in America nei primi anni Novanta per descrivere il comportamento di alcune grandi aziende che avevano associato la propria immagine alle tematiche ambientali al fine di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle responsabilità derivanti dall’inquinamento causato dalle proprie attività produttive.

Il greenwashing è oggi una pratica – purtroppo – abbastanza diffusa, associata a quelle aziende che si servono della comunicazione per attribuire valenze di carattere ambientale alle proprie attività, nonostante nella realtà esse siano guidate solo in parte, o non lo siano affatto, da logiche di marketing sostenibile. Si tratta, per lo più, di operazioni di facciata, come campagne pubblicitarie dal contenuto ingannevole che cercano di far passare le normali attività dell’impresa come più sostenibili di quanto siano nella realtà.

Ebbene, nell’introduzione della UNI EN ISO 14026:2018 si dichiara espressamente guerra al greenwashing: “Il presente documento appartiene a un insieme di norme che trattano l’etichettatura e le dichiarazioni ambientali per i prodotti. Fornisce i requisiti e le linee guida per la modalità di comunicazione degli aspetti ambientali e dei potenziali impatti ambientali di un prodotto relativamente a una specifica area di interesse. Lo scopo del presente documento è assicurare che siano fornite solo informazioni per l’acquisto valide, basate sulla scienza e comparabili, senza alcun greenwashing”.

Al fine di promuovere la diffusione di informazioni sul prodotto non fuorvianti e credibili, il documento:

  • fornisce principî, requisiti e linee guida per le organizzazioni che desiderino effettuare una comunicazione dell’impronta ambientale (footprint) di un prodotto;
  • specifica che le comunicazioni dell’impronta ambientale sono riferite al contesto locale o regionale relativo all’area in cui potrebbero verificarsi i potenziali impatti ambientali riguardo alle diverse fasi del ciclo di vita del prodotto. Sono comprese pertanto le fasi di produzione, utilizzo e fine vita del prodotto.
Il glossario
La norma presenta quattro glossari, relativi:
  • alla comunicazione dell’impronta ambientale;
  • ai termini della valutazione del ciclo di vita e dei relativi dati;
  • ai termini relativi alle organizzazioni e ai prodotti;
  • alla qualità e alla verifica dei dati.
L’obiettivo è quello di fare chiarezza, a partire dalla terminologia. Si tratta di un passo fondamentale al fine di conseguire gli scopi:
  • stabilire principî, regole e linee guida condivise dai diversi Paesi per una comunicazione ambientale credibile, chiara, non mendace e comparabile;
  • promuovere la domanda e la fornitura di quei prodotti che causano minor danno all’ambiente. E stimolare pertanto la potenziale capacità di miglioramento continuo guidato del mercato stesso.

Le sezioni più importanti sono quelle relative:

  • ai principî che la comunicazione ambientale dovrebbe rispettare (credibilità ed affidabilità, una prospettiva riferita all’intero ciclo di vita del prodotto, comparabilità, trasparenza e regionalità);
  • tipi di comunicazione comparativa dell’impronta ambientale. La comunicazione ambientale può essere effettuata da un’organizzazione in base ad un confronto con l’impronta ambientale di un prodotto di un’altra organizzazione, di un precedente prodotto della stessa organizzazione o dello stesso prodotto nel corso del tempo.
  • ai requisiti di comunicazione, che chiarisce il rapporto con la ISO 14020 (particolare attenzione meritano l’identificazione dell’area di interesse; alle informazioni da fornire; all’aspetto visuale: i grafici dell’impronta ambientale; alle comunicazioni comparative);
  • ai requisiti del programma di comunicazione dell’impronta ambientale, cui segue una specifica sezione relativa ai requisiti di verifica della comunicazione ambientale. Si cita in particolare la necessità che i verificatori siano competenti e indipendenti. Questo punto è ulteriormente approfondito nell’ultima sezione della norma, un’appendice dedicata alla responsabilità del gestore del programma di comunicazione dell’impronta ambientale.

Una rivoluzione, non solo nella comunicazione ambientale (!?)

È troppo presto per tracciare un primo bilancio sugli effetti prodotti da questa norma sulla comunicazione ambientale. Tuttavia, si può affermare che per certi versi si tratta di una norma ambiziosa, che si pone l’obiettivo di rivoluzionare dalle fondamenta il settore della comunicazione ambientale. Scardinando un meccanismo composto da, nell’ordine: segretezza dei brevetti, comunicazione non sempre limpida verso terze parti e consumatori, e confusione terminologica. In relazione a questo punto, ricordiamo che per esempio nella lingua italiana molti termini riferiti alla comunicazione sono stati introdotti, e sono rimasti, in lingua inglese.

Da una parte si richiede uno sforzo alle organizzazioni per adeguare le proprie comunicazioni ambientali ai nuovi principî e linee guida. All’interno del testo della norma per esempio, in diversi punti, ricorre il termine ‘semplificare‘, nonché la necessità che le organizzazioni si assicurino che le informazioni comunicate siano comprensibili, chiare e non fuorvianti, con particolare riferimento a dati e grafici. Ma c’è anche una richiesta di analogo sforzo ai consumatori. Sempre di più dovranno essere in grado di leggere e comprendere comunicazioni dell’impronta ambientale basate su principî e linee guida rigorosi. Ed orientare poi di conseguenza le proprie scelte di consumo.

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