Modelli e strategie

Come quantificare l’impatto delle attività umane sull’ambiente?

Lo Human impact Database è consultabile da tutti e contiene i dati sulle attività umane ed il loro impatto sull’ambiente. Ideato da un gruppo di ricercatori californiani, punta a promuovere l’alfabetizzazione quantitativa collettiva
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Come quantificare l’impatto delle attività umane sull’ambiente?
Human impact Database è un database – a cui è associata una pubblicazione – consultabile da tutti, che contiene i dati sulle attività umane ed il loro impatto sull’ambiente. Lo scopo dichiarato è promuovere l’alfabetizzazione quantitativa collettiva rispetto al cambiamento climatico. Ma per poter dare delle risposte alle tante domande che nascono dalla lettura dei dati, occorre procedere, a monte, con un’alfabetizzazione culturale, il prerequisito di ogni sostenibilità L’inconsapevolezza della complessità «Human Impacts by the numbers» L’idea realistica dell’impatto delle nostre scelte: cosa raccontano i dati (l’intuizione) La necessità di dati comparabili per facilitare la comunicazione e la leggibilità Il «feeling for the numbers» Il «dove» e il «quando» L’alfabetizzazione quantitativa

L’inconsapevolezza della complessità

Ormai i fast food si trovano anche nei piccoli centri, e quotidianamente sono in molti ad acquistare un «economico» hamburger, per una pausa pranzo veloce e amica del portafoglio. Ma, nel mondo globalizzato ed iperconnesso, sono in pochi a conoscere la storia che si cela dietro ad un semplice hamburger: una storia che ci racconta come di «economico» ci sia, in realtà, ben poco. Perché, a partire dalle modalità con le quali l’uomo ha plasmato Madre Natura, anche per produrre quel singolo hamburger, fino al consumatore finale, quella storia mostra una serie di «dati diseconomici» sull’impatto ambientale (e, quindi, anche sociale ed economico) di ogni singolo hamburger; un impatto che si origina fin dalla “gestione” delle terre dove viene allevato il bestiame (il consumo di suolo, di acqua, di materie prime, …) e prosegue lungo tutta la filiera (l’uso di pesticidi e fertilizzanti, il packaging, il trasporto), fino alle nostre tavole. Quello dell’hamburger è solo uno degli infiniti esempi che si possono fare per introdurre il tema dell’inconsapevolezza ambientale. Oggi, tuttavia, è venuto il momento di tirare le somme sul più grande «esperimento degli ultimi 10.000 anni» – la presenza dell’uomo e il suo modus vivendi – e valutare le conseguenze del suo modus operandi.

«Human Impacts by the numbers»

Sono le parole con cui “si presenta” HuIDs, «The Human Impacts Database», che dopo aver fatto cenno al «the greatest experiment» sottolinea le conseguenze dello stesso (“che si stanno facendo sentire su più fronti”), senza che tuttavia si abbia piena coscienza – nonostante la conoscenza – dell’impatto sostanziale delle scelte dell’uomo, ancora troppo legato alla rassicurante idea che il mondo sia “troppo enorme” per non essere in grado di assorbirne il colpo. La mission del database è proprio quella di fornire – a chiunque voglia – una risorsa all’interno della quale possa trovare rapidamente i numeri che quantificano l’impatto che gli esseri umani hanno sul pianeta, e scoprirne il significato. Pur nella consapevolezza delle difficoltà tecniche sottese alle ricerche che hanno portato alla creazione del database, in continuo aggiornamento (“trovare informazioni quantitative affidabili richiede un notevole investimento di tempo per valutare ciascuna quantità e l’incertezza associata”), e del fatto che da sola questa “raccolta di dati” non può dirci come migliorare l’impatto umano, tuttavia gli ideatori sostengono che “qualsiasi piano futuro dovrebbe essere progettato alla luce della comprensione quantitativa dei modi interconnessi con i quali gli esseri umani influenzano il pianeta”.
Il portale è stato ideato da un gruppo di scienziati della California presso l’Università di Stanford; a capo dell’équipe Rob Phillips, Fred e Nancy Morris, docenti di Biofisica, Biologia e Fisica e Griffin Chure e Rachel Banks (PhD students).

L’idea realistica dell’impatto delle nostre scelte: cosa raccontano i dati (l’intuizione)

Lo scopo dell’HuIDs è quello di dare la possibilità a tutti di acquisire un’idea realistica di come ogni singola attività ha ripercussioni sul mondo e sull’ambiente, rendendo quante più persone possibile consapevoli di come le nostre scelte possano essere decisive non solo a livello individuale, ma anche collettivo, organizzativo, associativo e governativo. La pubblicazione è accompagnata da una tavola riepilogativa, nella quale gli impatti delle diverse attività umane vengono quantificati a livello pro-capite: dal consumo di acqua ed energia all’uso della terra, dal consumo di energia alla produzione di greenhouse gases. I dati ci raccontano molto di più di quanto dicono i semplici numeri, perché sono in grado di fornire uno sguardo d’insieme, frutto della contestualizzazione delle informazioni che si celano dietro a quei numeri: “oltre al database, abbiamo assemblato questi dati in un’istantanea completa”, nella quale sono indicati “i dati e le relative incertezze […] Sebbene necessariamente incompleti, i dati forniscono un’ampia visione dei modi con i quali l’essere umano genera un impatto sulla Terra. Un’intuizione che emerge da una considerazione olistica di queste diverse attività umane insieme è che esse sono profondamente intrecciate e guidate da un piccolo numero di fattori cruciali: la dimensione della popolazione umana, la composizione delle nostre diete e la nostra domanda di materiali ed energia per costruire e alimentare le nostre società sempre più complesse e meccanizzate”. Il nostro Teknoring ha spesso affrontato il tema dell’impatto di specifiche attività umane su clima e ambiente: gli impatti della dieta alimentare, della moda e del fashion, dei trasporti, solo per citarne alcuni, evidenziando anche i dati che mostrano come alcuni di tali impatti si siano ridotti durante la pandemia da Covid19, per poi ritornare a crescere con il ritorno alla vita “normale”.

La necessità di dati comparabili per facilitare la comunicazione e la leggibilità

La pubblicazione è divisa in sei sezioni. Nella prima si illustra il progetto, partendo dalla considerazione relativa alle difficoltà di fornire dati comparabili sull’impatto delle attività umane a causa delle diverse metodiche di indagine, che “sono sempre più in grado di fornire dati molto approfonditi, ma non «comunicano» fra di loro, e non permettono sempre di dare risposte semplici a domande semplici”. Per questo motivo, e nella consapevolezza che “la lettura di una voce nel database sugli impatti umani non può sostituire quella della letteratura primaria”, il database si pone l’obiettivo di “fungere da risorsa per accelerare il processo di ricerca di dati quantitativi e di esplorazione della loro interconnessione”: è importante – sottolineano all’HuIDs – sottolineare che “noi non presentiamo scenari previsti o proposte politiche specifiche per combattere gli effetti antropici sulla Terra […] ma siamo convinti che tali proposte dovrebbero essere valutate alla luce di una comprensione globale e quantitativa del sistema Terra-uomo”. Il database – che contiene “più di 300 voci uniche e curate manualmente che coprono un’ampia gamma di fonti di dati, tra cui letteratura scientifica primaria, rapporti governativi e non governativi e comunicati industriali” – continuerà a crescere e a evolversi man mano che sempre più dati verranno resi pubblici: in questo modo “la nostra comprensione del sistema uomo-Terra migliorerà e i membri della comunità scientifica suggeriranno valori da aggiungere”.
“Prima di essere aggiunta al database e resa pubblica, ogni voce viene esaminata approfonditamente dagli amministratori”.
L’evoluzione è il primo dei due concetti chiave della seconda parte del documento, dedicata ai risultati: l’altro riguarda la loro leggibilità, che permette – fra l’altro – ai diversi lettori con diversi background, di poter valutare i dati sulla base delle rispettive unità di misura.

Il «feeling for the numbers»

Nella “Global Magnitudes” – la terza sezione del documento – l’HuIDs fornisce una quantità di dati ritenuti elemento chiave per sviluppare “a feeling for the numbers”, il “sentimento per i numeri” associato agli impatti umani sul sistema terra. Sentimento, in sostanza, significa rendere tangibili e comprensibili i freddi numeri: in molti casi, infatti, “i numeri grezzi sono sorprendentemente grandi e possono quindi essere difficili da comprendere”. E quindi, invece di “riportare solo semplici unità «scientifiche»”, sottolineano i ricercatori, “presentiamo (quando possibile) ogni quantità in unità destinate a essere riconoscibili come valori pro capite per un vasto pubblico”: la riconoscibilità è il primo passo per la conoscenza e la consapevolezza. Il «dove» e il «quando» La quarta e la quinta sezione del documento analizzano le differenze sincroniche (le variazioni geografiche) e diacroniche (le variazioni nel tempo), Quanto alla distribuzione regionale degli impatti delle attività umane sul Pianeta, i livelli macro-geografici presi a riferimento sono 6 (Asia, Nord America, Sud America, Europa-Russia, Oceania e Africa), e le attività umane prese in considerazione sono quelle elencate in tabella, e sintetizzate nell’immagine sopra.  
The Human population La maggior parte degli 8 mld di esseri umani che vivono nel pianeta vive in Asia; la metà della popolazione mondiale vive in ambienti urbani.
Land use Insieme, Asia e Africa contengono più della metà del terreno agricolo globale; l’Asia da sola ospita più della metà della superficie urbana globale
The livestock population La popolazione globale di animali da allevamento terrestri è di circa 30 mld di capi, la maggior parte dei quali sono galline. L’Asia ospita la maggior parte di tale popolazione anche se il Sud America e l’Europa ospitano più animali su base pro capite. Water withdraval – Mentre l’Asia consuma la maggior parte di acqua per usi agricoli e civili, il Nord America consuma la maggior parte dell’acqua per scopi industriali ed ha il maggior consumo d’acqua pro capite fra tutte le altre macro-regioni. Tree coverage area loss  – Quanto alla perdita di copertura arborea, vi sono drastiche differenze regionali: per esempio la deforestazione avviene soprattutto in Centro e Sud America, gli incendi caratterizzano soprattutto il Nord America, l’urbanizzazione è molto forte in Asia e la silvicoltura (“forestry”) caratterizza il Nord America.
La generazione di energia nucleare è concentrata in Europa Russia, mentre quella di energia da FER si concentra in Asia.
  Quando disponibile, il database sugli impatti umani include anche dati di serie temporali per ciascuna quantità: così come la “regional distribution” delle attività umane di impatto ci aiuta a comprendere le differenze (anche culturali) fra aree geografiche e società che le popolano, lo studio delle “time series” di queste attività evidenzia i recenti sviluppi tecnologici ed economici che ne intensificano o ne riducono gli impatti. Quando si considera la storia degli impatti umani sulla Terra, è naturale iniziare considerando la crescita della popolazione umana nel tempo, e non si può prescindere dall’analisi dell’evoluzione diacronica.

L’alfabetizzazione quantitativa

L’alfabetizzazione quantitativa è necessaria per la comprensione in quasi tutti rami della scienza. Si apre con queste parole l’ultima sezione (la sesta) del documento, nel quale si sottolineano:
  • le difficoltà, intrinseche in questo tipo di valutazione, che aumentano all’aumentare della “conoscenza collettiva” sugli impatti antropici,
  • le intenzioni del database, “costruito da zero “per poter essere ampiamente accessibile sia agli scienziati che al grande pubblico curioso per aiutare a costruire l’alfabetizzazione quantitativa collettiva dell’Antropocene”;
  • l’importanza dell’intuizione, cui si è fatto riferimento.
Un’«intuizione controintuitiva», in definitiva, dal momento che l’HuIDs afferma che “è comune, in questo contesto, sostenere che la sconcertante ampiezza e portata degli impatti umani dovrebbero motivare alcune azioni correttive specifiche su scala globale o locale. Noi, invece, adottiamo un approccio più modesto basato solo sui fatti. I numeri qui presentati mostrano che le attività umane influenzano il nostro pianeta in larga misura in molti modi diversi e incommensurabili, ma non forniscono una tabella di marcia per il futuro. Piuttosto, sosteniamo che qualsiasi piano per il futuro dovrebbe essere fatto alla luce di una comprensione globale e quantitativa dei modi interconnessi in cui le attività umane incidono sul sistema Terra a livello globale, locale e temporale”. La Terra – chiosano i redattori – “è l’unico pianeta abitabile che conosciamo; quindi, è fondamentale capire come siamo arrivati qui e dove stiamo andando. Cioè, come (e perché) sono cambiati gli impatti umani nel tempo? Come dovrebbero cambiare in futuro? …” Il fatto è che, oltre a farci delle domande, dovremmo dare e darci delle risposte: e per questo occorre l’alfabetizzazione culturale.
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