Pagamenti PA, due Ministeri su tre sono in grave ritardo
E’ ancora conveniente fare “affari” con la Pubblica Amministrazione? A conti fatti, pare proprio di no. A rivelarlo, un recente studio dell’associazione Artigiani e Piccole Imprese CGIA di Mestre. Ebbene, due ministeri su tre continuano a pagare in ritardo i propri fornitori. Una cattiva abitudine che purtroppo è proseguita anche nei primi due trimestri del 2023. Nell’ultima rilevazione dell’ufficio studi veneto, l’Indice di Tempestività dei pagamenti (ITP) per 9 ministeri su 14 è stato anticipato dal segno più. In soldoni, ciò vuol dire che la maggioranza di questi enti non ha rispettato le disposizioni di legge in materia di pagamenti nelle transazioni commerciali tra PA e imprese private. La situazione più critica? Quella del Ministero dell’Università e della Ricerca: se nel primo trimestre la media dei pagamenti PA era avvenuta con 12,22 giorni di anticipo, nel secondo il ritardo ha superato gli 80 giorni.
Pagamenti PA: i dati relativi ai Ministeri in ritardo
Critici anche i resoconti di tanti altri dicasteri. Il Turismo dopo il +14,26 del primo trimestre ha visto salire i ritardi nel secondo a +68,80. Male anche il Ministero dell’Interno: dopo il +46,70 dei primi tre mesi, nei secondi tre è sceso a +39,85. Un leggero miglioramento che però è fortemente distante rispetto ai tempi di pagamenti previsti dalla legge. Difficile anche la situazione del Ministero del Lavoro: +9,45 e +26,28 giorni rispettivamente nel primo e nel secondo trimestre. Dati positivi? Eccoli: il Ministero delle Imprese e del Made in Italy mantiene dall’inizio del 2023 un anticipo di circa un solo giorno. Gli Esteri sono passati da -3,65 a -2,73 giorni, mentre la Difesa nel primo trimestre aveva registrato un ritardo di 2,92, mentre nel secondo trimestre ha recuperato, saldando le fatture con 4,33 giorni di anticipo.
La virtù dell’Agricoltura
Solo un Ministero è davvero virtuoso. Si tratta dell’Agricoltura: se nei primi tre mesi del 2023 il pagamento rispetto al termine contrattuale è stato anticipato di 46,25 giorni, da aprile a giugno è sceso a -17,79 giorni. In generale, dunque, i risultati sono tutt’altro lusinghieri. Secondo la CGIA di Mestre è molto probabile che con il rallentamento dell’economia in atto, “in questi primi nove mesi dell’anno ad allungare i tempi di pagamento ci abbiano pensato anche le altre realtà pubbliche (enti, Regioni, Province, ASL, Comuni, etc.)”. Il dato in mostra è inconfutabile: “In Italia la Pubblica Amministrazione fatica pagare entro i limiti di legge i propri fornitori”. Tant’è vero che le imprese attendono quasi 50 miliardi di pagamenti. In rapporto al Pil, i mancati introiti in Italia ammontano al 2,6%. Nessun altro paese dell’UE a 27 registra un’incidenza così elevata.
L’iniziativa di legge
Per risolvere questa annosa questione che sta mettendo a dura prova tantissime Pmi, per l’Ufficio studi della CGIA c’è solo una cosa da fare: “Prevedere per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i crediti certi liquidi ed esigibili maturati da una impresa nei confronti della PA e i debiti fiscali e contributivi che la stessa deve onorare all’erario”. Grazie a questo automatismo “risolveremmo un problema che ci trasciniamo appresso da decenni”. L’obiettivo, tanto auspicato da tutti, è arrivare a una definizione normativa in tempi ragionevolmente brevi. I Radicali Italiani, infatti, da qualche mese stanno raccogliendo le firme (anche on line) in tutto il Paese per proporre al Senato una proposta di legge di iniziativa popolare che ricalca quanto indicato dalla CGIA di Mestre.


