Questa volta pare sia quella buona. Al netto della
crisi di Governo. Il disegno di legge 2419 sull’
equo compenso per le prestazioni dei liberi professionisti arriverà in Aula, al Senato, per il voto, il
20 luglio prossimo.
Il provvedimento, frutto dell’unificazione di proposte normative di FdI, Lega, Fi e M5s, è stato
approvato dalla Commissione Giustizia di palazzo Madama senza modifiche. Rispetto alla versione licenziata alla Camera nell’ottobre 2021, il 29 giugno scorso.
Si avvia alla conclusione, dunque, un
iter normativo impervio e che ha prodotto numerose polemiche. Con la contrapposizione tra chi, come il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, ne chiede da sempre l’approvazione in tempi brevi e chi, invece, premeva per inserire ulteriori modifiche al testo. Netta la presa di posizione, in tale senso, del CNI: “L’auspicio è che si completi l’iter parlamentare di un provvedimento che è certamente un notevole passo avanti rispetto al
vuoto di tutele che vive oggi il mondo delle professioni”.
Equo compenso: l’articolo 5
Fare presto e subito, insomma. Anche se le perplessità rimangono. Tra i punti di maggior discussione, il comma 5 dell’articolo 5 prevede l’
affidamento delle sanzioni disciplinari all’Ordine di appartenenza. Un’incongruenza che, stando alle critiche, accrescerebbe in maniera gravosa le attribuzioni degli Ordini professionali sugli iscritti. L’art. 5, comma 6, disciplinante i
modelli standard di convenzione, concordati con i Consigli nazionali degli Ordini o i collegi professionali, i cui relativi compensi si presumono equi sino a prova contraria, sarebbe un duro colpo alla libertà contrattuale e al
principio di libera pattuizione. Non più in capo al libero professionista ma all’ente di riferimento. Con conseguenze imprevedibili anche per quanto concerne la disciplina antitrust europea. La norma, infatti, vieta il potere restrittivo degli Ordini e di discriminazione tra professionisti iscritti e non iscritti agli Ordini professionali.
Fare presto
Servirebbe una mediazione, dunque. Che a quanto pare, non ci sarà. Le perplessità rimarranno tali. Come quelle di
Confprofessioni. Pur critico, il presidente Gaetano Stella ritiene “imprescindibile impegnarsi per l’approvazione di una legge che, finalmente, garantisca i professionisti nei confronti dei committenti forti”. L’ideale sarebbe approvare la legge emendando i due passaggi relativi all’articolo 5. Una proposta avanzata anche dal Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Antonino Galletti. “Sarebbe la soluzione più equilibrata – conclude Stella -, l’unica che garantirebbe l’effettiva esigibilità dell’equo compenso per i professionisti.
Per tali ragioni ci appelliamo a tutte le forze politiche presenti in Parlamento affinché non venga sprecata l’occasione di
affermare il diritto dei professionisti a ricevere un compenso proporzionato alla qualità e alla quantità della prestazione professionale svolta”.
Il ddl: aspetti salienti dell’equo compenso
Il ddl sull’equo compenso è stato varato in prima lettura nell’ottobre del 2021. L’
ambito di applicazione della riguarda lo svolgimento di attività professionali, anche in forma associata o societaria, in favore di imprese bancarie e assicurative. Oltre a consulenze e attività corrisposte per quelle imprese che nel triennio precedente al conferimento dell’incarico hanno avuto alle proprie dipendenze più di 60 lavoratori.
Con ricavi annui superiori a 10 milioni di euro. Le disposizioni legislative si applicano, altresì, alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e degli agenti della riscossione. Il disegno di legge prevede la nullità delle clausole che non considerano un compenso equo e proporzionato all’opera prestata. Il riferimento è agli importi stabiliti dai parametri o dalle tariffe per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli Ordini o ai Collegi professionali. Fissati con decreto ministeriale.
Verso compensi “equi”
Considerate nulle anche le pattuizioni che vietano al professionista di avere degli
acconti nel corso della prestazione. Oppure, che impongono l’anticipazione di spese. Nulli anche quei vantaggi sproporzionati per il committente, rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso. Per Inarcassa “È fondamentale estendere la portata dell’equo compenso anche ai
rapporti con i privati.
In secondo luogo, bisogna reintrodurre un limite o soglia al di sotto dei quali il compenso non può dirsi equo”. E’ improcrastinabile “l’applicazione, anche nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i privati, di
eque tariffe per il calcolo dei compensi proporzionate alle prestazioni professionali rese al committente”.