Professione

Appalti ed equo compenso: per il TAR Lazio c’è compatibilità

Il TAR Lazio ha dichiarato perfettamente applicabile anche ai contratti pubblici le norme della L. 49/2023 sugli onorari minimi dei professionisti
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Appalti ed equo compenso: per il TAR Lazio c’è compatibilità

La disciplina sull’equo compenso ben si presta ad essere valorizzata nel giudizio di anomalia dell’offerta negli appalti, onde evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere a favore della pubblica amministrazione. È quanto chiarito dal TAR Lazio, sede di Roma, con sentenza n. 8580 del 30 aprile 2024.

Il fatto

In un contenzioso relativo all’impugnazione di una procedura di gara indetta dall’Agenzia del Demanio si discuteva, tra le diverse questioni sollevate dalle parti, anche del compenso di un professionista indicato nell’offerta da parte della società.

La società ricorrente, infatti, nell’indicazione dei diversi trattamenti salariali nei rapporti con le varie figure professionali, aveva dichiarato di fare riferimento al Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro per Studi Professionali – Confprofessioni (Consilp). Tale CCNL, tuttavia, ed è questo l’assunto della stazione appaltante, avrebbe consentito alla società ricorrente di operare un ribasso anche sui compensi determinati sulla base delle tabelle ministeriali.

A fronte di tale esclusione ricorreva innanzi al TAR la società argomentando come, in realtà, il nuovo codice dei contratti pubblici consentirebbe senz’altro di affidare le prestazioni professionali a fronte di un corrispettivo ribassato rispetto a quello indicato nelle tariffe professionali.

Di diverso avviso il TAR e, giudicando nel merito, respinge, il ricorso in quanto infondato.

Ancora sull’equo compenso

Di rilievo, nella sentenza in commento, la disciplina dell’equo compenso così come introdotta dalla legge n. 49/2023. Le disposizioni richiamate hanno condotto alla creazione di un sistema di regole in materia di corrispettivo per le prestazioni professionali, garantendo la percezione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale. Per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, si fa riferimento ai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1.

Tale plesso normativo ha stabilito la nullità delle clausole che non prevedano un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, secondo quella che è definita una nullità relativa o di protezione da far valere, nell’interesse del professionista, in sede giurisdizionale.

Equo compenso e appalti pubblici

A difesa delle tesi di parte ricorrente vi era un lamentato “disallineamento” tra la legge n. 49/2023 e il d.lgs. n. 36/2023 tale da consentire la deroga ai parametri professionali minimi in ragione di una presunta apertura alla concorrenza. Ma una simile tesi è sconfessata dallo stesso tenore letterale delle norme: da un lato, la legge n. 49/2023 prevede esplicitamente l’applicazione alle prestazioni rese in favore della P.A., senza esclusioni, e, dall’altro lato, l’art. 8 del d.lgs. n. 36/2023 impone alle pubbliche amministrazioni di garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale (salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente).

Il TAR Lazio, dunque, richiamando il precedente del TAR Veneto, ha ritenuto che “l’interpretazione letterale e teleologica della legge n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici”.

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