Inquinamento
Scorie radioattive, dove posizionare il Deposito Nazionale?
In corso gli ultimi adempimenti sulla Cnapi, la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad accogliere anche quello che resta delle centrali nucleari
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Dici radioattivo e automaticamente si innesta nel sentire comune la paura, ma bisogna avere la serenità di leggere nel dettaglio gli adempimenti burocratici e non cadere nella sindrome Nimby: l’iter che impone all’Italia di dotarsi del sito di stoccaggio è in corso, lo impone una direttiva europea e sono diverse le valutazioni relative al posizionamento del deposito nazionale che necessitano di un’analisi approfondita. Vediamo nel dettaglio cosa prevede il Ministero dello Sviluppo economico sul deposito delle scorie radioattive.
Il quadro normativo per il Deposito Nazionale
La cornice normativa a livello europeo è data dalla Direttiva 2011/70/EURATOM che prevede la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi avvenga nello Stato membro in cui sono stati generati. La maggior parte dei Paesi europei si è dotata o si sta dotando di depositi per mettere in sicurezza i propri rifiuti a bassa e media attività. La disciplina europea infatti, richiede che ciascun Paese si dia una strategia per gestire in sicurezza i rifiuti radioattivi. Il quadro normativo nazionale che descrive puntualmente l’iter di localizzazione del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico è il decreto legislativo n. 31 del 2010. Il 4 giugno 2014 è stato avviato l’iter in cui ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha pubblicato sul proprio sito internet la Guida Tecnica n. 29 “Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi di bassa e media attività”. Il 2 gennaio 2015 Sogin ha consegnato a ISPRA la proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee – CNAPI. Ad oggi è in corso l’iter di valutazione del posizionamento del sito.Come deve funzionare il Deposito Nazionale
Il Deposito Nazionale è un’infrastruttura ambientale di superficie dove mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi. La sua realizzazione consentirà di completare il decommissioning degli impianti nucleari italiani e di gestire tutti i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca. La struttura è progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo i più recenti standard AIEA (Agenzia Internazionale Energia Atomica) con barriere ingegneristiche e barriere naturali, e consentirà la sistemazione definitiva di circa 78 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività e lo stoccaggio temporaneo di circa 17 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività. Il processo di stoccaggio prevede tre livelli di contenimento.- La prima barriera prevede che i rifiuti radioattivi, condizionati con matrice cementizia in contenitori metallici (manufatti), vengano trasferiti al Deposito Nazionale.
- La seconda barriera prevede che i manufatti vengono inseriti e cementati in moduli di calcestruzzo speciale (3 m x 2 m x 1,7 m), progettati per resistere 350 anni.
- La terza barriera prevede che i moduli vengono inseriti in celle di cemento armato (27 m x 15,5 m x 10 m), anche esse progettate per resistere 350 anni.
Cosa finirà nel Deposito Nazionale
Il Deposito servirà per lo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività e per lo stoccaggio temporaneo, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti radioattivi ad alta attività. Insieme al Deposito Nazionale sorgerà un Parco Tecnologico, nel quale saranno avviate attività di ricerca specializzata Il 60% dei rifiuti deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40% dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro, il tutto per un totale di circa 95 mila metri cubi di rifiuti radioattivi.L’iter di individuazione delle aree
La localizzazione del Deposito Nazionale prevede varie fasi di indagini territoriali:- su scala nazionale, per escludere i territori non adatti, come risulteranno dall’applicazione dei criteri ISPRA di esclusione;
- su scala regionale e locale, per applicare i criteri ISPRA di approfondimento.


