Rifiuti, bonifiche e inquinamento nel “decreto competitività”
L’art. 13 del D.L. n. 91/2014
Le misure ambientali presenti nel Decreto Competitività, in vigore dal 25 giugno 2014, sono quelle che erano state approvate il 13 giugno 2014 dal CdM con la denominazione di #AmbienteProtetto.
Alcune di tali misure, in particolare, riguardano la materia dei rifiuti, e sono state inserite nel DL Competitività – in base a quanto si legge nella premessa al provvedimento presentato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi e dai Ministri competenti per le materie trattate – a causa della “straordinaria necessità e urgenza” di:
— semplificare i procedimenti per la bonifica e la messa in sicurezza dei siti contaminati e per il sistema di tracciabilità dei rifiuti,
— superare eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti solidi urbani,
— adeguare l’ordinamento interno agli obblighi derivanti, in materia ambientale, dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
Tali disposizioni sono contenute negli articoli 13 e 14 del D.L. n. 91/2014.
Cominciamo la loro disamina a partire dall’art. 13, la cui lunga rubrica provvede ad informare sul suo contenuto:
1) procedure semplificate per le operazioni di bonifica o di messa in sicurezza;
2) procedure semplificate per il recupero di rifiuti anche radioattivi;
3) norme urgenti per la gestione dei rifiuti militari;
4) norme urgenti per la bonifica delle aree demaniali destinate ad uso esclusivo delle forze armate;
5) norme urgenti per gli scarichi in mare.
Bonifiche
La norma prevede una procedura semplificata volta a “superare le difficoltà e le incertezze che” – secondo la relazione illustrativa del provvedimento – “oggi frenano gli interventi di bonifica e messa in sicurezza necessari alla salvaguardia delle vocazioni ambientali dei territori, nonché al loro rilancio economico-occupazionale”.
Per i soggetti che garantiscono di poter ridurre il livello di “concentrazione soglia di contaminazione”, con un programma di interventi dai tempi certi, è previsto un procedimento di approvazione veloce, fermo restando il controllo delle ARPA sui dati tecnici e sul raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell’inquinamento. Si prevedono forme semplificate di recupero dei rifiuti, sempre a condizione di rispettare tutti i criteri di salvaguardia ambientale e della salute. Il testo chiarisce inoltre le modalità di gestione dei rifiuti militari, accentuando le tutele ambientali.
Procedure semplificate
Più in dettaglio, l’art. 13, comma 1 del D.L. n. 91/2014 prevede l’introduzione – nel D.Lgs. n. 152/2006 – di un nuovo art. 242-bis rubricato “procedura semplificata per le operazioni di bonifica o di messa in sicurezza”.
Come accennato, è questa la risposta elaborata dal Ministero dell’Ambiente alla “necessità e urgenza di superare le difficoltà e le incertezze procedimentali della disciplina vigente che rallentano l’attuazione e l’approvazione degli interventi di bonifica o messa in sicurezza dei siti contaminati”.
Si tratta di interventi ritenuti indispensabili per il risanamento e l’utilizzo in sicurezza ambientale e sanitaria di aree già fortemente antropizzate, con effetti diretti sia per investimenti e rilancio economico occupazionale delle aree in questione, sia sulla conservazione di territori a diverse vocazioni ambientali e ancora non antropizzati.
A tal fine, per gli interventi di bonifica dei suoli che hanno come obiettivo certo di risanamento la riduzione della contaminazione al livello più rigoroso delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) viene introdotta una procedura semplificata e particolarmente accelerata: “L’operatore interessato a effettuare, a proprie spese, interventi di bonifica del suolo con riduzione della contaminazione ad un livello uguale o inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, può presentare all’amministrazione di cui agli articoli 242 o 252 uno specifico progetto completo degli interventi programmati sulla base dei dati dello stato di contaminazione del sito, nonché del cronoprogramma di svolgimento dei lavori. L’operatore è responsabile della veridicità dei dati e delle informazioni forniti, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241”.
In via più generale, quindi, la disposizione prevede:
— la possibilità di utilizzo dei siti contaminati a fini industriali anche prima del completo risanamento, adottando misure di messa in sicurezza operativa a tutela della salute e dell’ambiente;
— le condizioni in presenza delle quali nei siti contaminati, in attesa del completamento delle procedure di bonifica e messa in sicurezza, possano essere effettuati interventi di manutenzione, adeguamento alle normative ambientali di sicurezza e altri interventi di realizzazione e messa in esercizio degli impianti previsti dal progetto di bonifica.
Presupposti per gli atti di assenso e piano di caratterizzazione
Proseguendo, al comma 2 del nuovo art. 242-bis, tra i presupposti e le condizioni per il rilascio degli atti di assenso necessari alla realizzazione e all’esercizio degli impianti e attività previsti dal progetto di bonifica, si prevede che l’interessato presenti gli elaborati tecnici esecutivi di tali impianti e attività alla regione nel cui territorio ricade la maggior parte degli impianti e delle attività, e che, entro i successivi trenta giorni, sia convocata apposita conferenza di servizi: ulteriormente, nei successivi novanta giorni dalla convocazione la Regione dovrà adottare la determinazione conclusiva che sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato.
Al comma 3 dell’art. 242-bis si prevede che, una volta ultimati gli interventi di modifica, l’interessato presenti un piano di caratterizzazione, così da poter valutare il raggiungimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione della matrice suolo per la specifica destinazione d’uso. Il piano è approvato dall’autorità di cui agli articoli 242 o 252 nei successivi quarantacinque giorni: in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2017, è previsto che, decorso inutilmente questo termine di 45 giorni il piano di caratterizzazione si intenda approvato.
Ambito di applicazione e disciplina transitoria
L’art. 13, comma 2 del D.L. n. 91/2014 precisa l’ambito di applicazione del nuovo art. 242-bis, estendendolo anche ai procedimenti ordinari di bonifica di cui agli articoli 242 o 252 in corso alla data di entrata in vigore del “decreto Competitività”.
Il successivo comma 3 dell’art. 13 del D.L. n. 91/2014 modifica la disciplina transitoria applicabile alle procedure di bonifica avviate prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006.
Dopo otto anni dalla data di entrata in vigore del TU Ambientale sono, infatti, ancora in corso procedimenti di bonifica avviati ai sensi del D.M. n. 471/1999, procedimenti che hanno incontrato notevoli incertezze e difficoltà applicative, trattandosi di regimi con procedure e obiettivi diversi e spesso incompatibili tra loro. È quindi necessario allineare le procedure.
Le maggiori difficoltà sono probabilmente quelle riscontrate dagli enti preposti al controllo degli interventi in sede di certificazione. Infatti, i protocolli di qualità utilizzati non includono le procedure già disciplinate dall’abrogato D.M. n. 471/1999.
Inoltre, il quadro si è ulteriormente complicato perché, dalla data di entrata in vigore del TUA, sono state introdotte disposizioni in materia di bonifica di siti inquinati volte ad accelerare e favorire l’attuazione degli interventi e il riutilizzo dei siti medesimi ma che non sono compatibili con le procedure già disciplinate dal D.M. n. 471/1999.
Il MATTM ha perciò ravvisato la necessità di disporre in via generale che tutti i procedimenti in corso debbano oggi concludersi secondo i criteri e le disposizioni dettati dal D.Lgs. n. 152/2006.
Ciò ha portato a prevedere che, ultimati gli interventi di bonifica, l’interessato presenti il piano di caratterizzazione all’autorità di cui agli articoli 242 o 252 al fine di verificare il conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione della matrice suolo per la specifica destinazione d’uso.
Il piano deve essere approvato nei successivi 45 giorni.
In via sperimentale, per i procedimenti avviati entro il 31 dicembre 2017, decorso inutilmente il termine di cui al periodo precedente, il piano di caratterizzazione si intende approvato. Tale piano è eseguito in contraddittorio con l’ARPA territorialmente competente, che procede alla validazione dei relativi dati e ne dà comunicazione all’autorità titolare del procedimento di bonifica entro 45 giorni.
Rifiuti
Procedure autorizzative concernenti le attività di recupero
Il comma 4 dell’art. 13 del D.L. n. 91/2014 modifica l’art. 216 del D.Lgs. n. 152/2006, inserendovi il nuovo comma 8-quater.
L’intento è quello di chiarire, nell’ambito dell’ordinamento nazionale, le procedure autorizzative concernenti le attività di recupero disciplinate dalle normative dell’Unione europea che stabiliscono quando specifiche tipologie di rifiuti cessano di essere tali (c.d. End-of-Waste).
La modifica, inoltre, vuole garantire la possibilità di individuare in modo certo e chiaro l’iter procedimentale affinché l’impiantistica esistente – e dunque autorizzata al trattamento finalizzato alla produzione di materia prima secondaria dai rifiuti di cui ai D.M. 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e D.M. 17 novembre 2005, n. 269 – possa conformarsi ai requisiti stabiliti al livello europeo.
Rifiuti prodotti dalle strutture militari
Il comma 5 dell’art. 13 del D.L. n. 91/2014:
– sostituisce il comma 5-bis dell’art. 184 del D.Lgs. n. 152/2006 (lettera a)
– aggiunge l’art. 241-bis (Aree Militari) (lettera b).
La sostituzione del comma 5-bis art. 184 D.Lgs. n. 152/2006 è finalizzata ad aggiornarlo e coordinarlo dopo le modifiche introdotte nel 2012.
Serve inoltre a rendere esplicita – così da superare dubbi applicativi e interpretativi – l’applicabilità delle speciali procedure, le autorizzazioni e i nulla osta da definirsi con decreto del Ministro della difesa (di concerto con i Ministeri Ambiente, Salute e Trasporti) fermo restando il rispetto dello stesso Codice dell’ambiente e delle disposizioni di derivazione europea. Tali procedure concernono non solo l’intero ciclo dei rifiuti prodotti dai sistemi d’arma, i mezzi, i materiali e le infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla sicurezza nazionale così come individuati dal decreto del Ministro della difesa (quello vigente è il D.M. 6 marzo 2008 – GU 19 marzo 2008, n. 67), ma anche l’esercizio degli impianti di trattamento e smaltimento delle acque reflue navali (nere e grigie) ed oleose di sentina delle navi militari da guerra, delle navi militari ausiliarie e del naviglio dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza e delle Capitanerie di porto iscritti nel quadro e nei ruoli speciali del naviglio militare dello Stato.
La nuova disposizione può applicarsi anche al trattamento e allo smaltimento delle acque reflue navali e di sentina dei mezzi navali in dotazione delle Capitanerie di porto, in ragione sia delle attribuzioni delle Capitanerie di porto in materia di difesa militare e sicurezza nazionale indicate dall’art. 132, comma 2, lettere a) e b) del Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. n. 66/2010), sia per il fatto che tali mezzi già godono dell’iscrizione nei ruoli speciali del naviglio militare.
In questo senso essi rientrano a pieno titolo fra i sistemi, i mezzi e i materiali direttamente destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale, di modo che per essi si integra il presupposto giuridico normativo che informa l’intera previsione.
In base alla nuova formulazione del comma 5-bis dell’art. 184 del D.Lgs. n. 152/2006, a fini di coordinamento normativo per il periodo transitorio – cioè a salvaguardia della funzionalità del sistema nel periodo che va dall’entrata in vigore del decreto fino all’adozione del, ovvero dei, rinnovati decreti ministeriali previsti dal primo periodo del comma 5-bis) dell’art. 184 del TUA – si prevede espressamente l’applicazione del DM Difesa 22 ottobre 2009, per tale periodo e limitatamente ad esso (con riferimento alla gestione delle acque reflue navali e oleose di sentina delle navi militari da guerra, delle navi militari ausiliarie e del naviglio dell’Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza e delle Capitanerie di porto iscritti nel quadro e nei ruoli speciali del naviglio militare dello Stato).
Acque
Scarico di solidi sospesi in acque superficiali
Il comma 7 dell’art. 13 del D.L. n. 91/2014 prende in considerazione lo scarico di solidi sospesi in acque superficiali per il quale la normativa italiana ha previsto limiti che non tenevano conto della specificità degli scarichi in mare.
Tale situazione normativa ha cagionato un serio problema, dato che tali limiti si sono rivelati, nel corso del tempo, per determinati impianti industriali (es. sodiere) del tutto sproporzionati sia rispetto alla singola tipologia di impianto, sia rispetto al singolo corpo recettore ove scaricare dette sostanze.
Poiché c’è una netta differenza tra lo scarico in un fiume e lo scarico in mare, la dispersione dei solidi in quest’ultimo comporta una situazione completamente diversa: il risultato è stato che per alcuni tipi di impianti, il limite previsto per lo scarico di solidi sospesi in acque superficiali risulta ad oggi tecnicamente insostenibile.
Si consideri, al riguardo, che le disposizioni comunitarie sulle migliori tecnologie disponibili (c.d. BAT) prevedono limiti di emissione di tali sostanze solide che, pur variando a seconda della tipologia di impianto, risultano in ogni caso notevolmente superiori rispetto al limite italiano: di qui l’ulteriore dimostrazione della sproporzionalità di una siffatta attuale previsione.
L’urgenza di provvedere è, dunque, legata al fatto che diverse realtà imprenditoriali, alcune delle quali hanno già più di un secolo di vita nel territorio italiano, rischiano concretamente di dover chiudere la propria attività in ragione di tale ingiustificato limite.
Con la disposizione in esame, dunque, si intende fare riferimento alle BAT comunitarie, ai fini della fissazione del limite quantitativo massimo da poter sversare nei singoli corpi idrici, tenuto conto da un lato, della tipologia di impianto e della sua capacità produttiva, dall’altro lato, della capacità del singolo corpo recettore (fiume, mare, lago, ecc.). Si tratta comunque di una valutazione da effettuare caso per caso e che dovrà essere realizzata in occasione del rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (AIA) a cura dell’autorità competente.
Rifiuti pericolosi
Smantellamento degli impianti nucleari
Il successivo comma 8 dell’art. 13 del D.L. n. 91/2014 interviene nel settore dello smantellamento degli impianti nucleari che include tutte le azioni da intraprendere nei tempi successivi alla cessazione del servizio degli impianti elettronucleari.
La finalità dello smantellamento è quella di giungere alla completa demolizione di un impianto con la rimozione di ogni vincolo dovuto alla presenza di materiali radioattivi ed alla restituzione del sito per altri usi. L’insieme di queste attività ha il virtuoso obiettivo di riportare i siti a “prato verde”, cioè ad una condizione priva di vincoli radiologici, rendendoli disponibili per il loro riutilizzo.
La presenza di materiale radioattivo o fissile, richiede precauzioni specifiche, la decontaminazione del personale e delle attrezzature, con procedure di raccolta, trasporto, trattamento, stoccaggio e messa in sicurezza dei materiali radioattivi. Trattasi di attività di rilevante impatto sociale e ambientale che richiedono tecnologie avanzate e know how specializzati.
Per tali motivi è necessario prevedere una categoria specializzata riferita segnatamente alla realizzazione delle opere e, più in generale, delle attività connesse allo smantellamento e messa in sicurezza di impianti nucleari. Il possesso di tale qualificazione costituisce la garanzia per la stazione appaltante di affidare l’attività di smantellamento e la successiva gestione delle scorie nucleari, attività di rilevante impatto sociale e ambientale, nonché onerose da un punto di vista economico, ad un operatore altamente qualificato.
Sotto il profilo normativo, giova richiamare:
– l’art. 24 del D.L. 24 gennaio 2012 n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012 n. 27 (GU n. 71 del 24 marzo 2012) che ha introdotto disposizioni procedimentali semplificate dirette ad accelerare le attività di disattivazione e smantellamento dei siti nucleari, che evidenziano l’urgenza di procedere a tali attività di bonifica;
– il D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 45 che, in attuazione della direttiva 2011/70/EURATOM, la cui finalità è di garantire una gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, introduce un quadro organico di misure e interventi la cui individuazione è rimessa ad un Programma Nazionale da definire entro il 31 dicembre 2014. La trama normativa richiamata è nel senso di dettare regole chiare e specifiche nel settore dello smantellamento dei siti nu-cleari e della gestione dei rifiuti radioattivi i cui indubbi caratteri di specialità devono essere affrontati con strumenti altrettanto spe-ciali, tra i quali, appunto l’introduzione di una categoria di qualificazione ad hoc per l’operatore economico che intenda parteci-pare alle gare di appalto nei settori in argo-mento.
Si prevede, quindi, che per il carattere di specificità delle lavorazioni che richiedono il trattamento di materiali e rifiuti radioattivi, nelle more dell’emanazione delle disposizioni regolamentari di cui all’art. 12, comma 5, del D.L. 28 marzo 2014, n. 47 (conv., con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014 n. 80), venga adottato un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dello sviluppo economico), entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto competitività, che individui un’apposita categoria di lavorazioni specificatamente riferita alla realizzazione di opere di smantellamento e messa in sicurezza di impianti nucleari e sono contestual-mente individuate le modalità atte a compro-vare il possesso dei requisiti di ordine speciale necessari ai fini dell’acquisizione della qualificazione nella predetta categoria.
Amianto
Con il successivo comma 9 dell’art. 13 del D.L. n. 91/2014, le risorse della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (art. 1, comma 7) – già destinate al finanziamento degli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti d’interesse nazionale e di altri interventi in materia di politiche ambientali – si estendono alle bonifiche di beni contenenti amianto.