Inquinamento

Attuazione delle politiche ambientali: l’Italia fa fatica

Il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali 2019 mostra un’Italia ancora lontana dalla sostenibilità ambientale, nonostante alcuni progressi
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Attuazione delle politiche ambientali: l’Italia fa fatica

I passi in avanti fatti (anche) in materia di raccolta differenziata e di riciclo dei rifiuti, così come le buone pratiche implementate, non bastano per poter raccontare un’Italia capace di attuare l’economia circolare e di essere amica dell’ambiente. È il dato che emerge dal “Riesame dell’attuazione delle politiche ambientali nel 2019″ della Commissione europea.

Le buone notizie (estemporanee) I miglioramenti non sufficienti Gli incentivi alle PMI e l’incertezza giuridica Le azioni prioritarie Il potenziamento della governance ambientale

Le buone notizie (estemporanee)

Partendo dagli esempi di “buone pratiche” adottate relative alle politiche ambientali made in Italy, la relazione ricorda che nel nostro Paese:

  • è stato istituito un corpo specializzato di guardie ambientali, con il preciso compito di far fronte alla criminalità in tale settore;
  • i progetti LIFE sono stati promossi dal dicastero dell’ambiente “in modo efficace” (quelli degni di particolare menzione, secondo la Commissione Europea, sono quelli relativi: o alla tutela dell’ambiente in Lombardia (GESTIRE 2020); o al miglioramento della qualità dell’aria nel bacino del Po (PREPAIR) e o alla diffusione della conoscenza delle specie esotiche (ASAP);
  • in alcune realtà sono state impiegate le mappe spaziali per la modellizzazione della qualità dell’aria;
  • i “tetti verdi” utilizzati in localizzate zone ha mostrato che possono essere più efficaci rispetto ad una pavimentazione permeabile per il controllo del rischio di inondazioni (secondo uno studio sono “potenzialmente in grado di dimezzare le inondazioni”);
  • in alcune regioni sono state implementate buone pratiche per promuovere una migliore gestione delle risorse idriche e dei rifiuti;
  • in materia di economia circolare, si sono moltiplicate le piattaforme di portatori di interessi, le alleanze tra il settore pubblico e quello privato, le iniziative di sensibilizzazione, ed è stato incentivato lo scambio di migliori pratiche.

I miglioramenti non sufficienti

Rispetto alla relazione del 2017 – nella quale erano state individuate alcune importanti sfide, riassunte nella tabella n. 1 – sono stati fatti alcuni passi avanti in relazione ad ognuno dei punti ivi indicati.

Tabella n. 1: le principali sfide in Italia nella relazione di riesame dell’attuazione delle politiche ambientali (EIR) del 2017
1. migliorare la gestione dei rifiuti, con particolare riguardo al collocamento in discarica e al potenziamento delle raccolta differenziata dei rifiuti nelle regioni meridionali; 2. migliorare il trattamento delle acque reflue urbane, soprattutto attraverso la previsione di investimenti adeguati; 3. ridurre le emissioni di particolato fine e di biossido di azoto (riduzione della congestione del traffico, combustione di biomassa); 4. designare i siti Natura2000 restanti come zone speciali di conservazione.

Tuttavia, il continuo e costante aumento del riciclo e del compostaggio nel corso degli ultimi sette anni non sono sufficienti per conformarsi agli obiettivi di riciclaggio dell’UE dopo il 2020, soprattutto se si considera l’enorme dispendio di energie per l’opera di bonifica delle discariche irregolari presenti sul territorio, soprattutto in alcune zone del suo Belpaese. Allo stesso modo:

  • la pianificazione e la nomina di un commissario straordinario per la gestione delle risorse idriche hanno portato a progressi limitati nella riduzione del numero di agglomerati non conformi alla direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane (con la conseguente imposizione di sanzioni da parte della Corte di Giustizia);
  • la riduzione delle emissioni totali in aria è limitata, e ci sono ancora casi (non isolati) che riguardano superamenti della soglia dei valori di particolato e di NO2, dovuti soprattutto all’alta incidenza del traffico stradale in Italia, con più dell’80% degli spostamenti realizzati tramite veicoli privati, nonché ai metodi di combustione inefficienti in ambienti domestici;
  • nell’ambito della rete Natura2000 non solo restano ancora da designare alcune zone speciali di conservazione, ma risulta ancora necessario migliorare lo stato di conservazione degli habitat e delle specie di interesse unionale, attuando pienamente gli strumenti messi a disposizione da Natura 2000, utilizzando i quadri regionali di azione prioritaria per una migliore integrazione dei fondi UE, e pianificando gli investimenti in modo più strategico.

Gli incentivi alle PMI e l’incertezza giuridica

Il documento sottolinea che l’Italia non ha ottenuto buoni risultati nel quadro di alcuni indicatori che valutano le prestazioni ambientali delle sue PMI, anche se è da evidenziare il fatto che la percentuale di piccole e medie imprese che adottano misure per un uso efficiente delle risorse è aumentata tra il 2015 e il 2017. Dal 2008 i progressi sul fronte delle politiche volte a incentivare le prestazioni ambientali delle PMI sono stati moderati, e hanno riguardato sostanzialmente misure di sostegno e incentivi fiscali (certificati verdi e bianchi; tariffe di riacquisto dell’energia elettrica fotovoltaica; riduzione dei costi dell’energia elettrica per le piccole imprese; detrazioni fiscali per migliorare le prestazioni ambientali degli edifici). Ma il vero dato negativo riguarda il fatto che alcuni di questi incentivi sono stati ripetutamente modificati: ciò ha generato incertezza all’interno dei mercati.

Le azioni prioritarie

In relazione a ciascun “segmento ambientale”, nel documento sono state individuate alcune azioni prioritarie. Per quanto concerne la gestione dei rifiuti, ad esempio, si richiede innanzitutto di introdurre nuovi strumenti politici ed economici per:

  1. promuovere la prevenzione dei rifiuti,
  2. aumentare l’attrattiva del riutilizzo dei prodotti e del riciclaggio dei rifiuti sotto il profilo economico e
  3. prevenire il conferimento in discarica dei rifiuti riutilizzabili e riciclabili.

Quindi, occorre armonizzare le aliquote dell’imposta regionale sulle discariche, incrementare i tassi di riciclaggio (concentrandosi sull’efficacia dell’obbligo di raccolta differenziata), migliorare il funzionamento dei sistemi di responsabilità estesa del produttore (in linea con i requisiti minimi generali in materia) e chiudere e risanare le discariche non conformi in via prioritaria.

L’inquinamento atmosferico

In materia di inquinamento atmosferico, secondo la Commissione UE occorrerà intraprendere azioni e adottare misure specifiche nel quadro del prossimo programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico, nonché del piano nazionale per l’energia e il clima: lo scopo è quello di ridurre le emissioni generate dalle principali fonti di emissioni e rispettare tutti gli standard di qualità dell’aria. In aggiunta, occorrerà:

  • accelerare la riduzione delle emissioni di ossido di azoto (NOx) e le concentrazioni di biossido di azoto (NO2) limitando ulteriormente le emissioni generate dai trasporti, in particolare nelle aree urbane;
  • ridurre velocemente non solo le emissioni e delle concentrazioni di particolato (PM2,5e PM10), ma anche quelle dovute alla produzione di energia e calore a partire da combustibili solidi;
  • modernizzare e migliorare la rete di monitoraggio della qualità dell’aria e assicurare una comunicazione tempestiva dei dati sulla qualità dell’aria.

Le priorità da tenere in considerazione

Azioni prioritarie sono previste anche dal punto di vista burocratico. In linea generale, infatti, è necessario, infatti, procedere:

  • ad una revisione delle autorizzazioni per conformarsi alle nuove conclusioni BAT adottate;
  • al rafforzamento dei controlli per garantire la conformità alle conclusioni BAT. Il documento si sofferma anche sul caso particolare relativo all’acciaieria ex ILVA di Taranto, per la quale si conclude che occorre risolvere il problema delle emissioni atmosferiche.

Gli ambiti strategici per le politiche ambientali

Completano il quadro delle azioni prioritarie sulle politiche ambientali, le azioni relative alla gestione del rumore (completare i piani d’azione mancanti relativi al rumore per il 2013; ultimare la diffusione di mappe acustiche strategiche per il 2017; presentare piani d’azione per il 2019), la tutela delle acque (adottare misure per armonizzare i diversi approcci regionali; rafforzare i sistemi di misurazione di tutte le estrazioni e rivedere i sistemi di permessi di estrazioni, soprattutto in zone con problemi di carenza idrica; designare le zone vulnerabili ai nitrati mancanti; adottare misure per rafforzare l’importanza degli aspetti riguardanti i cambiamenti climatici nei piani di gestione del rischio di alluvioni, compreso il coordinamento con la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici).

La questione clima

In materia di clima, invece, nella relazione non sono state incluse azioni prioritarie di politiche ambientali riguardanti gli interventi in materia di clima, “poiché la Commissione dovrà innanzitutto valutare i progetti di piani nazionali per l’energia e il clima che gli Stati membri dovevano inviare entro la fine del 2018. Tali piani dovrebbero aumentare la coerenza tra la politica energetica e quella climatica, e potrebbero pertanto divenire un buon esempio di come poter collegare fra loro politiche settoriali su altre tematiche interconnesse, quali agricoltura-natura-acque e trasporti-aria-salute”.

Il potenziamento della governance ambientale

In relazione alla governance ambientale, la relazione prevede che l’Italia debba:

  • migliorare l’accesso ai dati e ai servizi territoriali creando legami più forti tra i portali INSPIRE relativi al paese;
  • identificare e documentare tutti gli insiemi di dati territoriali necessari per attuare le normative ambientali e rendere quantomeno accessibili così come sono i dati e i documenti ad altre autorità pubbliche e al pubblico attraverso i servizi digitali previsti nella direttiva INSPIRE;
  • informare meglio il pubblico riguardo ai suoi diritti di accesso alla giustizia, in particolare in relazione a natura e inquinamento atmosferico.

Cittadinanza attiva e politiche ambientali

In generale, a proposito della governance ambientale, nel documento si sottolinea l’importanza delle informazioni, della partecipazione del pubblico e dell’accesso alla giustizia. I cittadini possono proteggere l’ambiente in modo più efficace sapendo di poter contare sui tre “pilastri” della convenzione di Århus:

  1. accesso alle informazioni;
  2. partecipazione del pubblico ai processi decisionali;
  3. accesso alla giustizia in materia ambientale. A tal fine, è estremamente importante per le autorità pubbliche, il pubblico e le imprese che le informazioni ambientali siano condivise in maniera efficiente ed efficace: la partecipazione del pubblico, infatti, consente alle autorità di prendere decisioni che tengano in considerazione le preoccupazioni dei cittadini. L’accesso alla giustizia è un insieme di garanzie che consente ai cittadini e alle ONG di ricorrere ai tribunali nazionali per proteggere l’ambiente.

La conformità ambientale

Merita un accenno relativamente alle politiche ambientali, il tema che riguarda l’“assicurazione della conformità ambientale”, che comprende tutte le attività intraprese dalle autorità pubbliche volte ad assicurare che le industrie, gli agricoltori e gli altri soggetti interessati adempiano i loro obblighi in materia di tutela delle risorse idriche, dell’aria e della natura e di gestione dei rifiuti. In particolare, l’assicurazione della conformità ambientale comprende misure di sostegno previste dalle autorità, fra le quali:

  1. misure di sostegno e di promozione della conformità;
  2. ispezioni e altre verifiche eseguite dalle autorità, ossia misure di monitoraggio della conformità;
  3. misure adottate dalle autorità per porre fine alle violazioni, imporre sanzioni e richiedere la riparazione dei danni ambientali, ossia misure di applicazione.
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