Ibm realizza il primo chip funzionante con processo produttivo a 7 nanometri

Sono stati realizzati i primi chip funzionanti con processo produttivo a 7 nm (nanometri): si tratta di passo che permette di vincere una delle grandi sfide del settore dei semiconduttori. Finora arrivando a dimensioni così ridotte, attraverso i processi tradizionali, era inevitabile un degrado delle prestazioni del chip che vanificava i benefici attesi dalla riduzione delle dimensioni, ossia prestazioni più elevate, minore fabbisogno di energia e riduzione dei costi (per fattori di scala).
Il chip di prova a 7nm è stato realizzato mediante processi e tecnologia sperimentate per la prima volta dai ricercatori IBM. Il risultato è da condividere con i Colleges of Nanoscale Science and Engineering del Suny Polytechnic Institute, e rientra nella partnership pubblico-privato di IBM con lo Stato di New York e all’alleanza per lo sviluppo congiunto di Globalfoundries, Samsung e altri fornitori di apparecchiature. E’ uno degli effetti più attesi dell’investimento quinquennale avviato da Ibm nel 2014 nella ricerca e nello sviluppo dei chip, del valore di 3 miliardi di dollari.
I microprocessori che utilizzano la tecnologia a 22 nm e 14 nm sono quelli che troviamo oggi nei server, nei data center cloud e nei dispositivi mobili; la tecnologia a 10 nm è ormai una tecnologia matura, ma i 7 nm erano finora rimasti fuori dalla portata per una serie di barriere tecnologiche fondamentali. Molti hanno messo addirittura in dubbio la possibilità di realizzare chip di dimensioni così ridotte ottenendo i vantaggi attesi.

A sinistra, il dr. Michael Liehr del Suny Polytechnic Institute e a destra Bala Haran di Ibm Research ispezionano un wafer composto da chip di prova a 7nm
Il chip di prova a 7 nm, con transistor funzionanti, realizzato da Ibm ha richiesto l’introduzione di una serie di innovazioni mai realizzate nel settore, come i transistor con giunzioni miste silicio-germanio (SiGe) e l’integrazione della litografia ultravioletta estrema (EUV) a più livelli.
Grazie all’introduzione delle giunzioni SiGe, a processi innovativi per impilarle al di sotto dello spazio di 30 nm ed alla piena integrazione della litografia EUV a più livelli, IBM è riuscita a realizzare miglioramenti vicini al 50% rispetto alla più avanzata tecnologia dei 10 nm di oggi. Questi sforzi potrebbero tradursi in un analogo miglioramento del rapporto potenza/prestazioni per la prossima generazione di chip che verranno impiegati nell’era dei Big data, del cloud e del mobile.