Il risarcimento da ritardo della PA si prescrive in un anno
,Vicenda particolare e dagli interessanti spunti quella accaduta in Puglia oggetto della recente pronuncia del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3375 del 12 aprile 2024. Il ricorso ha ad oggetto la domanda di risarcimento del danno conseguente al ritardo della Pubblica Amministrazione nella conclusione del procedimento teso al rilascio della autorizzazione alle emissioni in atmosfera, ai sensi dell’art. 269 del D.Lgs. n. 152 del 2006, per l’impianto di produzione di energia termica ed elettrica da biomasse solide in agro di Ruvo di Puglia, una piccola cittadina dell’hinterland barese.
L’autorizzazione alle emissioni in atmosfera
Il D.Lgs. n. 152/2006 contiene al suo interno la disciplina giuridica relativa alle emissioni in atmosfera provenienti dalle attività industriali ed impianti termici civili (oltre che il tipo di combustibili utilizzabili in questi impianti). L’articolo 268 del menzionato D.Lgs. n. 152/2006 definisce emissione in atmosfera “qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell’atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico”.
L’articolo in parola prosegue definendo i requisiti e le autorizzazioni che ogni azienda deve ottenere per essere operativa. Semplificando, l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera è rilasciata dal SUAP con autorizzazione unica, previo svolgimento e parere di una Conferenza di Servizi (cioè un incontro tra pubbliche amministrazioni su un tavolo comune, per poter meglio risolvere i problemi e confrontarsi su tematiche comuni) alla quale sono chiamate a partecipare tutte le amministrazioni. Il termine finale massimo per la conclusione del procedimento è di 120 giorni, o nel caso di richiesta di integrazioni, di 150 giorni dalla presentazione dell’istanza.
Le lungaggini della burocrazia
Nel 2009 la società richiedente l’autorizzazione per il rilascio delle emissioni, presenta al SUAP la documentazione necessaria per la realizzazione dell’impianto richiesto. Dalla data del deposito si susseguono una serie di “rimbalzi” burocratici tra i vari soggetti coinvolti a vario titolo nella vicenda (SUPA, provincia di Bari, ARPA Puglia, Comune di Ruvo di Puglia). Ciò porta a far sì che si verifichi “un macroscopico e ingiustificato superamento del termine finale stabilito per la conclusione del procedimento amministrativo con conseguente lesione degli interessi della società”.
Nel caso di specie, il procedimento amministrativo, pertanto, si sarebbe concluso a giugno 2012 anziché ad aprile 2010, secondo quanto previsto dalle indicazioni temporali dello stesso decreto legislativo n. 152/2006. Elemento dirimente nella vicenda pare essere il parere contrario del Comune di Ruvo di Puglia, emesso nel 2012. Quest’ultimo conferma definitivamente il proprio diniego alla realizzazione di tale impianto, in quanto in contrasto con le previsioni localizzative contenute nel regolamento regionale n. 24 del 30 dicembre 2010.
Ritardo della Pubblica Amministrazione: perché la richiesta di risarcimento
Tali previsioni, se il procedimento si fosse concluso nel mese di aprile del 2010, non sarebbero state opposte alla società in quanto emanate successivamente all’istanza della società (datata 2009). Ma, soprattutto, successivamente al tempo massimo (di centoventi o al massimo centocinquanta giorni) entro il quale la Provincia di Bari avrebbe dovuto esprimere il parere attraverso l’apposita conferenza di servizi. Addirittura il parere di ARPA Puglia è intervenuto solo nel maggio 2012 poiché non aveva ricevuto la documentazione.
Investito del ricorso il TAR Puglia, i giudici danno però torto alla società. In particolare a detta del Collegio giudicante, l’iter autorizzativo evidenziava sostanziale continuità. Anzi, la “violazione dei termini procedimentali non può essere dissociata da una valutazione riguardante la complessità dell’istruttoria: un aspetto che, con riguardo al procedimento oggetto del contendere, risulta evidente in ragione della circostanza che la società ha dovuto provvedere a notevoli supplementi di attività progettuale”.
Inoltre è risultata carente la prova della società circa la sussistenza dei presupposti di carattere oggettivo (esistenza del danno ingiusto, nesso causale, determinazione dell’ammontare del ristoro) e di carattere soggettivo (dolo o colpa dell’Amministrazione danneggiante) della domanda proposta in giudizio.
L’azione per ritardo della PA si prescrive nel termine di un anno dalla scadenza del termine per provvedere
Investiti della questione, i giudici del Consiglio di Stato preliminarmente precisano che la responsabilità da ritardo sarebbe ravvisabile con riferimento alla condotta tenuta dalla Provincia di Bari. Se avesse reso il parere ad aprile 2010, infatti, secondo i termini previsti dalla vigente normativa (120 o 150 giorni decorrenti dall’istanza), la società avrebbe potuto iniziare i lavori. Sennonché, il parere per le emissioni in atmosfera è giunto solo a luglio 2012 determinando il successivo diniego da parte del Comune a cagione delle mutate previsioni localizzative introdotte dal regolamento regionale n. 24 del 30 dicembre 2010.
Stando così le cose, i giudici di Palazzo Spada non hanno potuto fare altro che appurare, che la domanda risarcitoria azionata dalla società in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, avrebbe dovuto proporsi entro il termine stabilito dall’articolo 30, comma 4, c.p.a. (codice del processo amministrativo) a mente del quale “il termine … inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere”.
Nel caso di specie, invece, l’azione è stata proposta solo in data 26 novembre 2012 e dunque ben oltre il termine annuale stabilito dalla legge. Il ricorso è pertanto irricevibile.
Il risarcimento per “fatto illecito” in caso di ritardo della Pubblica Amministrazione
Il Consiglio di Stato entra in ogni caso nel merito della questione rigettando comunque le ragioni della società.
Qualificato il danno all’interno dell’alveo di cui all’art. 2043 c.c., il c.d. danno da fatto illecito, i giudici hanno ritenuto che tale danno non può essere “presunto in assoluto come semplice «effetto automatico del semplice scorrere del tempo»”.
Nel caso di specie, mancano infatti i presupposti applicativi della norma in parola: il dolo o la colpa del danneggiante (la Provincia di Bari) nonché il fatto ingiusto ed il nesso causale.
Sulla scorta di tali presupposti, la società non solo non ha dato prova del danno lamentato, se non basandosi semplicemente sull’oggettivo dato del superamento del termine procedimentale, ma ha ammesso e documentato di non aver messo in grado per tempo i vari soggetti preposti all’analisi della documentazione, a causa di rilevanti carenze iniziali nel progetto.
Nessuna prova inoltre è stata fornita, neppure in via probabilistica, che il rispetto dell’iter avrebbe condotto all’autorizzazione richiesta. Rigettato quindi il ricorso, la società è stata anche condannata a pagare il salato conto della giustizia.

