Energie rinnovabili

A che punto siamo e cosa occorre per superare l’impasse politico-culturale che frena le energie rinnovabili?

I dati del report 2023 di Legambiente Scacco Matto alle Rinnovabili: troppe lungaggini burocratiche, no “a priori” e protagonismo in negativo dei territori
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A che punto siamo e cosa occorre per superare l’impasse politico-culturale che frena le energie rinnovabili?
Emergenza climatica e energie rinnovabili sono legate da un doppio filo: senza l’utilizzo reale di energia proveniente da fonti rinnovabili è blocco totale. Su cosa bisogna lavorare? Eppure…me lo aspettavo! I dati: la mossa del barbiere e… …le responsabilità: la politica del gambero, la timidezza e… …i venti colli di bottiglia Chi l’ha visto? Cosa fare? (Dagli auspici alla comprensione, per una collaborazione costruttiva)

Eppure…me lo aspettavo!

“Eppure di fronte all’emergenza climatica sempre più pressante, al caro energia, alla crisi sociale e agli obiettivi di decarbonizzazione questo Rapporto non avrebbe motivo di esistere!” Inizia così, senza tanti fronzoli, un recente studio di Legambiente  sugli ostacoli normativi, burocratici e culturali che frenano la transizione energetica in Italia, dal titolo che non lascia spazio ad interpretazioni: “Scacco matto alle rinnovabili”. I dati allarmanti che emergono dallo studio riguardano la produzione di energia da FER, non solo in termini assoluti, ma soprattutto – è questo lo «scacco matto» – in termini di ostacoli, procedure e opposizioni che “anche per il 2022 non hanno fatto decollare le installazioni”. “Come ci si aspettava”, conclude l’incipit fulminante di Legambiente, “vista la lentezza delle manovre e l’enorme lavoro ancora da fare per arrivare agli obiettivi del 2030”.

I dati: la mossa del barbiere e…

Legambiente ha certificato che nel 2022 sono stati installati impianti che sviluppano in tutto “appena” 3.035 MW, ma allo stesso tempo le richieste a Terna di connessione alla rete elettrica nazionale di impianti di energia da FER continuano ad aumentare, passando da 168 GW al 31/12/2021 ad oltre 303 GW al 31 gennaio 2023: “un dato che, in buona sostanza, doppia quello del 2021 e che equivale [equivarrebbe, al momento sono teorici, pur indicando una … propensione] a 3,5 volte il target di 85 GW al 2030 in base agli obiettivi fissati dal Repower EU una roadmap verso la decarbonizzazione”. Stiamo parlando dell’1% installato rispetto alle richieste di connessione. Basterebbe questo dato per chiudere il discorso qui: la classica “mossa del barbiere”, e così lo scacco matto (alle rinnovabili) arriva fin dalle prime mosse.
La mossa del barbiere consiste in un particolare scacco matto che avviene dopo poche mosse, in cui spesso incappano i principianti. Il matto del barbiere sfrutta la “non” protezione della casella f7 controllata dal Nero, che, difesa dal solo Re, non possiede una protezione efficacissima.
E invece no, ci sono altri dati che indicano che la partita non viene proprio giocata, perché lo scacco matto è inevitabile: tanto vale… Non è, infatti, soltanto lo stallo del contributo delle fonti rinnovabili, rispetto ai consumi complessivi, fermo ai livelli del 2012 (2012!): ci sono altri dati che spaventano ancora di più.
I “dati del barbiere”
idroelettrico – 37,7%
biomasse – 2,1%
geotermia – 1,6%
eolico – 1,8%
Quelli che mostrano come, ad eccezione del fotovoltaico, tutte le restanti fonti rinnovabili hanno fatto registrare un segno negativo, a fronte di un più 61,4% della produzione energetica elettrica da carbone, in una sorta di “ritorno al passato”: di questo passo non è possibile raggiungere gli obiettivi climatici e di sviluppo delle rinnovabili, dato che l’obiettivo di nuovi 85 GW al 2030 implica la necessità di installare una media di poco meno di 10 GW all’anno a partire dal 2023. A questo ritmo, l’obiettivo numerico (non quello temporale…) verrà raggiunto, ma soltanto fra 20 anni: “inaccettabile non solo per l’emergenza climatica che sta affrontando il nostro Paese, ma anche per le opportunità strutturali ambientali, sociali e di innovazione che invece un nuovo modello energetico può portare e che continuando così perderemo, esasperando crisi climatica, energetica e sociale”.

…le responsabilità: la politica del gambero, la timidezza e…

Non sono delle imprese, che con i numeri citati hanno dimostrato di essere pronte. E neanche dei cittadini-utenti, che per quanto organizzati in (numerosi) “comitati del NO” (un po’ a tutto), evidenzia Legambiente, soffrono di una “sindrome NIMBY di riflesso”: il “NO” deriverebbe, secondo questa tesi, dalla “mancanza di regole certe, chiare e trasparenti in grado non solo di guardare, nel loro insieme, agli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e al 2050 ma anche una giusta e corretta integrazione con il paesaggio e al protagonismo dei territori”. E neanche, almeno in parte, della politica nazionale, se è vero che negli ultimi mesi, complice l’aiuto del PNRR, sono stati fatti dei passi in avanti (e altri indietro).
La politica del gambero
L’autunno 2022 è stato caratterizzato dai forti timori dei governi UE circa la possibilità di completare l’approvvigionamento di energia, per superare l’inverno, a seguito dell’instabilità politica ed economica provocata dall’invasione dell’Ucraina. I cittadini sono stati anche invitati, attraverso specifiche campagne di comunicazione, ad un uso più razionale dell’energia e si è arrivati ad evocare, per i primi mesi del nuovo anno, addirittura il razionamento dell’energia. Parallelamente, i Governi hanno cercato di concludere accordi per la fornitura di energia da Paesi terzi, di potenziare la produzione interna e di varare misure di stampo economico volte ad arginare il vertiginoso aumento delle tariffe. In questo scenario, alcune scelte (il rigassificatore di Ravenna e Piombino) sono sembrate improntate ad un ambientalismo pragmatico, altre (la parziale riattivazione di impianti a carbone, con l’aumento della produzione di questo tipo di energia che abbiamo sottolineato) no, per quanto necessarie per evitare il blackout.
Sul nostro portale abbiamo ampiamente dato conto del dibattito italiano ed internazionale sull’indipendenza energetica che ha caratterizzato l’autunno scorso: sta di fatto che questa politica che sostanzialmente rimane immobile è figlia (questa sicuramente):
  • di quella dalla “mancanza di regole certe, chiare e trasparenti” che sono solo una concausa della tendenza del nostro Paese ad arroccarsi dietro a NO spesso (non sempre, ma spesso) preconcetti;
  • della timidezza con la quale il nostro legislatore procede nell’effettiva realizzazione di nuovi impianti rinnovabili;
 
Il quadro globale sui blocchi alle rinnovabili Manca un corpus normativo e regolatorio strutturato, organico e con una visione di medio/lungo termine connessa agli obiettivi europei di decarbonizzazione del settore energetico.Gli iter autorizzativi sono farraginosiSono troppi i blocchi operati dalle soprintendenze ai beni culturali e dalle opposizioni locali NIMBY (Not In My Backyard) e NIMTO (Not In My Terms of Office).Le problematiche generalizzate relative agli iter autorizzativi Allegato IV alla parte seconda del D. Lgs. 152/2006Impone la procedura di screening (o Assoggettabilità a VIA) – valutazione preliminare che sulla base di un’analisi dei potenziali impatti dell’opera decide se un certo progetto debba o meno essere sottoposto a VIA – per impianti di produzione superiori ad 1 MW, soglia che obbliga molti impianti di medio-piccole dimensioni a procedure ambientali lunghe e spesso con esito aleatorio.Articolo 143 del D. Lgs 42/2004 Prevede (salvo specifiche eccezioni) una prevalenza delle previsioni sui piani paesaggistici sulle altre disposizioni. Questi piani molto spesso sono di ostacolo generalizzato all’installazione di impianti rinnovabili. Articolo 6 del D. Lgs 28/2011 Richiede la compatibilità fra le procedure abilitative semplificate, relative ai piccoli impianti, e lo strumento urbanistico, dando così ai Comuni un potere di interdizione. TICA (Testo Integrato delle Connessioni Attive) Le disposizioni contenute nel documento di ARERA, che regola le condizioni tecniche ed economiche per la connessione alle reti elettriche:
  • non sono più adeguate;
  • non garantiscono visibilità sulla situazione delle reti;
  • non garantiscono un rapido svolgimento delle procedure di coordinamento fra proponenti gestori e
  • stabiliscono termini troppo brevi di validità delle soluzioni di connessione.
Manca:
  • una definizione univoca delle varianti non sostanziali dei progetti impiantistici che, di conseguenza, relega tali valutazioni all’interpretazione soggettiva;
  • norme in grado di chiarire l’impossibilità per le Regioni di limitare l’installazione degli impianti in area idonea.
Ambiguità nel rapporto fra le autorizzazioni per la rete elettrica, gestite a livello regionale, e le autorizzazioni degli impianti.
  • e, soprattutto, del protagonismo regionale.
Sono i territori, infatti, che troppo spesso rappresentano il più importante collo di bottiglia.

…i venti colli di bottiglia

Insieme al dato quantitativo – analizzato nel dettaglio in uno specifico capitolo del report, nel quale sono narrate “44 storie di casi esemplari di blocco alle rinnovabili”, emblema del metodo di bloccare “velatamente” lo sviluppo delle rinnovabili in determinate aree del Paese, un collo di bottiglia di tipo culturale – l’osservatorio R.E.gions2030 ha raccolto – sottolinea Legambiente – per l’anno 2021 “alcune preziose informazioni qualitative interrogando un panel rappresentativo di aziende italiane attive nel settore delle rinnovabili (sia eolico che fotovoltaico), riportando che la maggior parte degli operatori (64%) ha individuato nel Ministero della Cultura e nelle Soprintendenze regionali i soggetti principalmente caratterizzati da un atteggiamento negativo verso lo sviluppo delle FER. Il 31% ha invece individuato negli Uffici regionali la barriera più significativa allo sviluppo dei propri progetti. Contestualmente, ben il 92% degli operatori ha dichiarato di preferire che i propri progetti eolici e fotovoltaici siano esaminati a Roma, mentre l’8% ha dichiarato di preferire l’iter regionale – una sorta di dichiarazione di sfiducia del settore verso l’operato delle Regioni”. E pensare che le grandi sfide epocali che viviamo quali emergenza climatica sempre più pressante, caro energia, crisi sociale e obiettivi di decarbonizzazione dovrebbero condurci in tutt’altra direzione, ossia verso un sistema energetico rinnovabile e distribuito, possibile soltanto con “un vero e costruttivo protagonismo dei territori… Chi l’ha visto? Cosa fare? (Dagli auspici alla comprensione, per una collaborazione costruttiva) Di strada, però, purtroppo, ce n’è ancora molta da percorrere: una strada tortuosa perché scontiamo ancora una volta il ritardo normativo riguardante due provvedimenti cruciali: l’emanazione del Decreto FER2 e la pubblicazione dei nuovi incentivi per le comunità energetiche rin¬novabili. Da tempo si aspetta che il legislatore si pronunci, ma ancora non s’è visto nulla Secondo Legambiente sarebbe auspicabile un testo unico (in grado di raccogliere ed armonizzare Le disposizioni di legge) e istruzioni operative da parte dei Ministeri competenti, in occasione di ogni nuova disposizione di legge, e occorre: – che quanto previsto dall’articolo 20 del DL 24 febbraio 2023, numero 13, (“La Soprintendenza speciale esercita le funzioni di tutela dei beni culturali e paesaggistici nei casi in cui tali beni siano interessati dagli interventi previsti dal PNRR, adottando il relativo provvedimento finale in sostituzione delle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio, avvalendosi di queste ultime per l’attività istruttoria”) sia esteso anche a tutti i progetti necessari al raggiungimento degli obiettivi del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima; – potenziare e rafforzare, con risorse e strumenti adeguati, gli uffici tecnici regionali dai quali passeranno la maggior parte dei progetti; – prevedere (specie per l’eolico off-shore) una cabina di regia di livello nazionale, con il compito di identificare le aree idonee per lo sviluppo di tali progetti (“allo stato attuale sono i singoli operatori a farsi carico della scelta del sito, perciò, in taluni casi c’è la sovrapposizione di iniziative e soprattutto si incappa nei tortuosi procedimenti di autorizzazione laddove non sussisterebbero le condizioni per un corretto sviluppo del progetto, caso che non si verificherebbe se fossero già state individuate le aree idonee. Il risultato è che oggi molti di questi progetti vengono bloccati, già alle fasi preliminari di richiesta di concessioni demaniali marittime”); – una maggiore partecipazione e protagonismo dei territori non solo nella ricerca delle strategie da attuare per il raggiungimento degli obiettivi climatici, ma anche nella realizzazione e individuazione dei siti dove gli impianti andranno collocati, così come nella scelta delle compensazioni e nella loro valorizzazione. Anche il miglior progetto, se calato dall’alto, rischia, infatti, di non vedere la luce; – che il dibattito pubblico, “strumento strategico non solo per migliorare l’accettabilità sociale dei progetti, che attraverso il protagonismo dei territori possono essere migliorati, ma anche per accelerare i processi autorizzativi ed evitare contenziosi inutili” venga rafforzato, “abbassando ancora di più le soglie dimensionali per far rientrare anche gli impianti da fonti rinnovabili come quelli eolici, agrivoltaici e a biometano in queste procedure di partecipazione”, così come che le imprese si attivino mettendo in conto, già nella fase progettuale, la necessità di attuare processi di partecipazione e di ascolto. Senza dimenticare una giusta e corretta comunicazione, con grandi e importanti campagne di sensibilizzazione, non solo per limitare gli effetti delle sindromi Nimby e Ninto, ma anche per contrastare le ormai ricorrenti fake news, fornendo ai territori maggiori e migliori strumenti per comprendere e valutare i progetti e collaborare al loro possibile miglioramento. È fondamentale, infatti, trasformare il processo di opposizione in un processo costruttivo e collaborativo che miri a ridurre le opposizioni e le lungaggini che ne conseguono.
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