“A fronte delle deboli prospettive macroeconomiche e della sfida di garantire la sostenibilità, è fondamentale aumentare la produttività e la crescita potenziale per ridurre il rapporto debito pubblico/PIL e correggere gli squilibri macroeconomici dell’Italia. Attuare riforme strutturali ambiziose, politiche di bilancio prudenti e investimenti ben mirati sosterrebbe la trasformazione digitale e ambientale dell’Italia, assicurando una crescita sostenibile”.
Soprattutto riforme ed investimenti connessi alla sostenibilità, che rappresentano un’opportunità per l’Italia.
Comincia così la relazione per paese relativa all’Italia 2020 che accompagna il documento comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo al Consiglio, alla Banca Centrale Europea e all’Eurogruppo – Semestre europeo 2020: valutazione dei progressi in materia di riforme strutturali, prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici.
Gli obiettivi delle riforme
Nelle intenzioni il rilancio delle riforme dovrebbe assicurare:
finanze pubbliche sane;
una maggiore efficienza della pubblica amministrazione e della giustizia;
un miglior funzionamento del sistema di istruzione e del mercato del lavoro;
un contesto più favorevole alle imprese;
un più solido settore bancario.
Obiettivi tricolore 2020 sul fronte clima e energia
Nel documento vengono affrontate alcune importanti questioni strutturali. Proprio in relazione alle riforme e agli investimenti connessi alla sostenibilità nel documento si sottolinea che l’Italia è sulla buona strada per conseguire i suoi obiettivi per il 2020 in materia di clima ed energia, nonostante siano necessari ulteriori sforzi per raggiungere gli obiettivi a più lungo termine.
L’Italia si colloca al di sopra della media dell’UE per quanto riguarda la produttività delle risorse e gli investimenti nell’economia circolare.
Tali sforzi dovranno riguardare soprattutto:
l’attuazione delle politiche previste nel piano nazionale per l’energia e il clima per raggiungere l’obiettivo del 2030 in materia di emissioni di gas a effetto serra non comprese nel sistema di scambio di quote di emissione dell’UE;
il settore dei trasporti, nel quale le emissioni sono fortemente aumentate negli ultimi cinque anni e costituiscono una sfida di primo piano ai fini del raggiungimento dell’obiettivo del 2030.
la qualità dell’aria, la mobilità sostenibile, l’adattamento ai cambiamenti climatici, la prevenzione dei rischi idrogeologici e sismici e la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, temi che continuano a rappresentare un problema.
Lo scopo della relazione
La relazione valuta l’economia italiana alla luce della strategia annuale di crescita sostenibile pubblicata dalla Commissione europea il 17 dicembre 2019, un documento nel quale la Commissione delinea una nuova strategia relativa alle modalità per affrontare:
non solo le sfide economiche a breve termine,
ma anche quelle di più lungo periodo.
Sono quattro i focus di questa nuova agenda economica per la sostenibilità competitiva:
la sostenibilità ambientale;
gli aumenti di produttività;
l’equità;
la stabilità macroeconomica.
In questo articolo ci concentreremo sul primo: la sostenibilità ambientale, nelle sue diverse declinazioni.
Una panoramica sulla sostenibilità ambientale
In relazione ad alcuni parametri chiave il nostro Paese sta registrando dei buoni risultati.
A mero titolo di esempio:
nell’arco del quadriennio 2015-2018 abbiamo assistito alla riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra pari al 18% (i dati sono riferiti ai settori non coperti dal sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) dell’UE), senza contare il fatto che il totale delle emissioni di gas a effetto serra pro capite, espresso in tonnellate equivalenti, è significativamente inferiore alla media dell’UE;
A questi dati fanno da contraltare i dati relativi all’efficienza energetica delle famiglie, non ancora al passo.
l’Italia si colloca sopra la media dell’Unione anche per quanto riguarda l’OSS12 sulla produttività delle risorse e per gli investimenti nell’economia circolare;
in relazione alla transizione verde, il Bel Paese non solo ha raggiunto alcuni interessanti obiettivi, ma sta predisponendo ulteriori azioni, che sono in grado di favorire ulteriormente le imprese negli investimenti verdi.
Transizione verde: le azioni messe in campo dall’Italia
Obiettivi raggiunti/azioni già implementate
L’Italia:
è avanti nell’integrazione delle considerazioni di natura ambientale nel bilancio e nel monitoraggio dei progressi verso la sostenibilità ambientale, così come
le nuove iniziative nell’ambito del piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNEC) e del Green Deal italiano costituiscono progressi positivi che offrono un sostegno strutturale alla transizione verde.
Azioni in fieri che possono favorire ulteriormente le imprese negli investimenti verdi:
revisione del piano d’azione del 2013 sugli appalti pubblici verdi;
programma Transizione 4.0;
iniziativa “Industria sostenibile”;
fondo specifico per il sostengo degli investimenti nell’economia verde, anche mediante garanzie pubbliche;
fondo supplementare per gli investimenti delle amministrazioni centrali e di quelle locali (lo scopo è quello di favorire la decarbonizzazione, la riduzione delle emissioni, l’efficienza energetica e la sostenibilità ambientale).
Il dialogo a favore della sostenibilità
Tuttavia, è essenziale sfruttare meglio le sinergie tra i settori e le politiche nonché promuovere un uso delle risorse pubbliche che sia efficiente sotto il profilo dei costi.
L’analisi prosegue con alcuni interessanti dati relativi:
ai settori che stanno investendo di più in ecosostenibilità (più le PMI, con un + 12,9%, che le grandi imprese, le quali lasciano per strada uno 0,4%);
a quelli con più alto valore aggiunto (energia e rifiuti su tutti) e con tasso di crescita più elevato (agricoltura biologica);
alla creazione netta positiva di posti di lavoro (in questo caso si assisterà ad una significativa ridistribuzione della forza lavoro tra tutti i settori, e sarà fondamentale investire nelle strategie tese a migliorare il livello delle competenze e ad anticipare quelle necessarie per favorire la riqualificazione dei lavoratori);
alla transizione industriale verso la riduzione dell’uso del carbone.
Per realizzare la transizione verde in Italia, tuttavia, è fondamentale:
migliorare l’efficienza energetica nel settore edilizio (gli investimenti nell’efficienza energetica degli immobili, soprattutto residenziali, sono necessari per raggiungere gli obiettivi in materia di cambiamenti climatici);
promuovere i trasporti sostenibili (gli investimenti in questo settore possono contribuire a ridurre le emissioni di gas a effetto serra e migliorare la qualità dell’aria);
favorire l’economia circolare nelle regioni caratterizzate da un ritardo nello sviluppo e prevenire i rischi climatici (lo sviluppo dell’economia circolare varia notevolmente tra le regioni, e alcune sono state multate per violazioni della normativa dell’UE);
ridurre le spese emergenziali dovute a “strutturali catastrofi naturali” rafforzando la prevenzione dei rischi.
Per una migliore transizione verde: gli interventi di efficientamento energetico
Se in generale l’Italia ha intrapreso la strada giusta per raggiungere i suoi obiettivi in materia di clima ed energia previsti per il 2020, negli ultimi tempi si è tuttavia registrato un rallentamento, in particolare per quanto riguarda l’obiettivo per il 2020 in materia di energie rinnovabili.
Le cause sono state ravvisate nella contingente situazione economica e nella generale riduzione dei regimi di sostegno.
Per questi motivi, si sottolinea nella relazione, occorreranno ulteriori sforzi, focalizzati:
sulla gestione dei costi amministrativi (“data la riduzione del costo delle tecnologie per le energie rinnovabili, i costi amministrativi svolgeranno un ruolo fondamentale);
sullo sfruttamento del potenziale inutilizzato (per ridare slancio ai progetti esistenti nel campo delle energie rinnovabili, come l’energia eolica, che non viene promosso dall’attuale quadro d’intervento);
sul settore dell’edilizia (il settore residenziale resta responsabile di oltre un terzo del consumo totale di energia, e le misure esistenti e quelle previste non sembrano sufficienti a conseguire gli obiettivi contenuti nella proposta di PNEC. Giusto per fare un esempio, il nuovo incentivo fiscale per la ristrutturazione delle facciate è slegato dall’efficienza energetica);
sui fondi privati, pubblici e dell’UE, che possono contribuire a sostenere gli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi dell’UE in materia di energia e clima fissati per il 2030 (a tale proposito saranno importanti le misure a favore della finanza sostenibile).
Per una migliore transizione verde: la sostenibilità dei trasporti
Sono molte le considerazioni da fare nel settore dei trasporti, che ancora oggi presenta criticità tali da non farlo essere così sostenibile come dovrebbe essere.
Innanzitutto occorre decarbonizzare il settore dei trasporti, step essenziale per ridurre le emissioni di gas a effetto serra.
Inquinamento atmosferico: le cause e alcuni dati sul settore dei trasporti
Nel 2016 il costo delle esternalità nel settore dei trasporti ammontava al 6,8% del PIL italiano.
Nel 2017 i trasporti sono stati responsabili del 23% delle emissioni in atmosfera.
L’80% del dei viaggi viene effettuato con automobili private.
Inefficienza della combustione (il parco veicoli italiano è uno dei più vecchi di tutta l’Europa occidentale e nel 2018 i veicoli più inquinanti rappresentavano circa il 45% del totale e il 59% dei trasporti pubblici).
In secondo luogo, occorre migliorare l’utilizzo del trasporto ferroviario (la quota modale del trasporto ferroviario di merci è inferiore alla media dell’UE di quasi 4 punti percentuali), anche attraverso il miglioramento dei collegamenti ferroviari con tutti i valichi alpini transfrontalieri e i principali porti marittimi.
Proprio i porti possono svolgere un ruolo chiave nel rendere l’Italia un polo logistico sostenibile, ma servono collegamenti ferroviari e lo sdoganamento digitale delle merci.
Esiste, infine, un potenziale per lo sviluppo di una mobilità urbana sostenibile.
L’Italia ha iniziato ad adottare piani urbani di mobilità sostenibile (PUMS), e le recenti misure sugli autoveicoli aziendali potrebbero contribuire a ridurre la congestione del traffico e l’inquinamento atmosferico, così come il DL “Clima” sembra poter costituire un esempio positivo degli strumenti che promuovono la qualità dell’aria.
Ma la strada da percorrere è ancora lunga, a partire dai troppi procedimenti di infrazione avviati nei confronti dell’Italia (anche) per inquinamento atmosferico.
Per una migliore transizione verde: il potenziamento della circular economy
È vero che i risultati raggiunti nell’economia circolare sono relativamente positivi, ma c’è un forte sbilanciamento: sono forti, infatti, le discrepanze tra una regione e l’altra.
Per cercare di ovviare a questo (grande) inconveniente:
il ministero dell’Ambiente e quello dello Sviluppo economico hanno elaborato un quadro di monitoraggio per l’economia circolare;
vengono utilizzati fondi dell’UE per il sostengo di un progetto (nell’ambito del progetto CReIAMO) sui modelli e gli strumenti per realizzare l’economia circolare.
Il forte sbilanciamento esiste anche nel tasso di riciclaggio, che pur superiore alla media dell’UE varia notevolmente tra le regioni; tuttavia, anche in questo caso sono stati avviati contro l’Italia due procedimenti di infrazione della normativa UE in materia di rifiuti per discariche non conformi e la gestione inadeguata dei rifiuti in Campania in passato, per i quali il paese sta pagando delle pesanti ammende.
Dati fortemente negativi, invece, si registrano in relazione al trattamento delle acque reflue e all’efficienza della distribuzione idrica i risultati dell’Italia sono insoddisfacenti.
Per una migliore transizione verde: l’adattamento al clima e la prevenzione dei rischi
Ultimo, ma non meno importante, la questione relativa al climate change. L’Italia è pesantemente colpita da eventi climatici.
Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente l’Italia è il secondo paese più colpito dell’UE da catastrofi idrogeologiche, fenomeni meteorologici estremi, siccità e incendi boschivi, che hanno comportato perdite economiche molto pesanti.
Le perdite economiche conseguenza delle catastrofi legate al climate change
Sono stati stimanti circa 65 miliardi di € di perdite e oltre 20600 vittime tra il 1980 e il 2017.
Soltanto il 5% delle perdite era assicurato (uno dei livelli più bassi dell’UE): questo significa che sono stati lo Stato, in qualità di assicuratore di ultima istanza, e/o le vittime ad assorbire tali perdite.
Occorrono, dunque, ulteriori sforzi per una strategia globale di adattamento al clima: alla luce della vulnerabilità dell’Italia alle catastrofi naturali è necessario mettere a punto e adottare rapidamente il piano nazionale di adattamento.
Piano di adattamento che necessariamente dovrà prevedere:
una costante valutazione dei rischi climatici nell’elaborazione delle politiche;
una strategia nazionale italiana di riduzione del rischio di catastrofi, che può rappresentare un’opportunità per rafforzare tale integrazione;
investimenti nella prevenzione, in particolare per i rischi idrogeologici e sismici.