Efficienza energetica

Agrivoltaico e fotovoltaico non sono uguali: la differenza spiegata dal Consiglio di Stato

La differenza tra impianto agrivoltaico e fotovoltaico: il Consiglio di Stato si sofferma sui criteri di qualificabilità nella sentenza 8029/2023
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Agrivoltaico e fotovoltaico non sono uguali: la differenza spiegata dal Consiglio di Stato

Gli impianti agrivoltaici costituiscono una documentata realtà nell’attuale quadro ordinamentale, distinta dagli impianti fotovoltaici, che favorisce le esigenze della produzione agricola, addirittura soddisfatte grazie al recupero, da un punto di vista agronomico, di fondi che versano in stato di abbandono è quanto chiarito dal Consiglio di Stato,  sentenza del 30 agosto 2023, n. 8029.

Il fatto

Veniva impugnato innanzi al TAR il diniego opposto alla realizzazione e l’esercizio di un impianto agrivoltaico di potenza pari a circa 5,99 MW all’esito del procedimento ex art. 27-bis del d.lgs. n. 152/2006.

Il provvedimento autorizzatorio unico ambientale veniva negato poiché si riteneva “non soddisfatta la compatibilità ambientale del progetto in questione in relazione agli aspetti relativi alla tutela del paesaggio e all’utilizzo delle aree agricole”.

Tuttavia, tanto il TAR quanto il Consiglio di Stato, rilevato come l’impianto in questione dovesse definirsi agrivoltaico e non fotovoltaico, hanno ritenuto illegittimo il diniego opposto, annullandolo.

La differenza tra agrivoltaico e fotovoltaico

L’aspetto di maggior interesse della sentenza in commento attiene alla qualificabilità dell’impianto in questione come “fotovoltaico” ovvero come “agrivoltaico”.

Gli impianti agrivoltaici consentono un utilizzo “ibrido” di terreni agricoli, tra produzioni agricole e produzione di energia elettrica, attraverso l’installazione, sugli stessi terreni, di impianti fotovoltaici, che non impediscono tuttavia la produzione agricola in senso classico. In altre parole, dunque, negli impianti agrivoltaici viene consentita comunque la coltivazione agricola sia al di sotto dei moduli fotovoltaici, e sia tra l’uno e l’altro modulo. Diversamente dal caso degli impianti fotovoltaici dove il suolo viene reso impermeabile, impedendo la crescita della vegetazione, così determinato la perdita di tutta la potenzialità produttiva del terreno agricolo.

Gli impianti agrivoltaici, poi, consentono, spesso, di recuperare, da un punto di vista agronomico, fondi che versano in stato di abbandono.

Gli impianti agrivoltaici nel PNRR

Interessante anche osservare come lo stesso Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza (PNRR) dedichi un apposito settore di intervento all’agrivoltaico laddove si punta all’implementazione: “… di sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia che non compromettano l’utilizzo dei terreni dedicati all’agricoltura, ma contribuiscano alla sostenibilità ambientale ed economica delle aziende coinvolte”. Anche la legislazione ordinaria prevede il finanziamento pubblico gli: “… impianti agrovoltaici che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione” (art. 65 co. 1-quinquies d.l. n. 1/12 (inserito dall’art. 31 co. 5 d.l. n. 77/21).

La sentenza in commento può essere letta alla luce del fatto che, come osservava il TAR, se da un lato non esiste “un diritto assoluto e incondizionato all’installazione di impianti volti alla produzione di energia, sia pure “pulita” del pari non esiste neppure un generalizzato divieto – del pari assoluto e incondizionato – all’installazione di tali impianti.

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