Efficienza energetica

La decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento degli edifici: occorre accelerare il processo

La riduzione del consumo di gas naturale influenza tre direttrici più una: raggiungimento dell’indipendenza energetica, miglioramento della qualità dell’aria, contrasto al cambiamento climatico e aumento di posti di lavoro nei settori green
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La decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento degli edifici: occorre accelerare il processo
Nel contesto attuale, con i costi delle bollette alle stelle e con i rubinetti di gas chiusi quale può essere il senso e il valore della decarbonizzazione? Proviamo a capire. Il contesto che spariglia le carte Le fonti energetiche maggiormente utilizzate in Italia Il ruolo del riscaldamento sul volume di gas importato e la strategia di indipendenza Gli impatti della decarbonizzazione L’efficienza energetica e le pompe di calore Le soluzioni proposte da Legambiente e dal Kyoto Club

Il contesto che spariglia le carte

Lo scoppio della guerra in Ucraina, da una parte, e gli ambiziosi obiettivi comunitari di riduzione delle emissioni di CO2 sottoscritti dai diversi Paesi, dall’altra, sembrano costituire una sorta di “tempesta perfetta” che spinge tutti noi – e le istituzioni che ci governano – non solo a rivedere i nostri “comportamenti energetici”, nel breve periodo, ma anche a porci qualche domanda sul nostro futuro. Questo contributo prende spunto dall’analisi di uno studio commissionato da Legambiente e Kyoto Club, che illustra i vantaggi di una sistematica decarbonizzazione degli impianti per il riscaldamento domestico:
  • sul calo dei consumi di gas e, conseguentemente, dei costi in bolletta;
  • sul miglioramento della qualità dell’aria e
  • sull’indipendenza del nostro Paese dalle importazioni di gas naturale.

Le fonti energetiche maggiormente utilizzate in Italia

Lo studio “Dal gas alle rinnovabili. Scenari e benefici economici dalla decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento degli edifici” si focalizza sul riscaldamento di edifici residenziali, commerciali e pubblici, responsabile del 18% del totale delle emissioni di CO2 in Italia:
  • la maggior parte dei consumi degli utenti residenziali sono finalizzati al riscaldamento delle abitazioni (67% del totale),
  • mentre solo il restante 33% è destinato ad altri usi (acqua calda sanitaria, raffrescamento, illuminazione e utilizzo delle apparecchiature elettriche).
Quali sono le fonti energetiche maggiormente utilizzate nel nostro Paese per riscaldare gli edifici? suddivisione dei consumi di riscaldamento per fonte Come si vede dalla figura, l’utilizzo del gas è preponderante. I dati, riferiti al 2019, evidenziano che “la cogenerazione pesa per quasi il 4%, mentre sono marginali le soluzioni elettriche come le pompe di calore e i boiler elettrici, ed il solare termico (1% del totale)”. Parlando in termini di abitazioni, il report spiega che sono 17,5 mln (su circa 26 mln) le abitazioni che utilizzano caldaie a gas per il riscaldamento.

Il ruolo del riscaldamento sul volume di gas importato e la strategia di indipendenza

Quanto incide il riscaldamento degli edifici sul volume di gas importato? abitazioni per tipologia di combustibile Il report indica un peso pari a 24 mld di metri cubi di gas su 67 mld totali di gas importato. Nel 2019, l’incidenza della fornitura russa sul totale dell’import di gas a livello nazionale era pari al 43% (29 mld di metri cubi), mentre ora la situazione è drasticamente cambiata. La strada è tracciata: l’obiettivo finale è la fine della dipendenza dal gas russo attraverso la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, il ricorso al gas liquefatto, nuove trivellazioni sul suolo italiano, il maggior sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili grazie ad una burocrazia più snella.
La burocrazia più snella Il ministro Cingolani ha da poco firmato il provvedimento che amplia il campo di applicazione della procedura semplificata per gli impianti fotovoltaici fino a 200 kW: il Modello Unico si applicherà ad impianti (realizzazione, modifica, potenziamento, connessione, esercizio) con specifiche caratteristiche.
Ma anche attraverso la riduzione dei consumi, parte integrante della strategia: non potrebbe essere diversamente, perché il problema degli approvvigionamenti, per lo meno nel nostro Paese, è stato soverchiato da quello dell’aumento dei costi delle bollette energetiche, poiché la formazione del prezzo delle forniture elettriche non è ancora sganciata da quello del gas.

Gli impatti della decarbonizzazione

La decarbonizzazione del riscaldamento – sottolinea lo studio – ha delle conseguenze su almeno tre dimensioni: l’indipendenza energetica, il contrasto al cambiamento climatico e il miglioramento della qualità dell’aria. La prima coincide con la diversificazione, cui si è fatto riferimento. In relazione al secondo, la decarbonizzazione del riscaldamento civile contribuirebbe al raggiungimento degli obiettivi nazionali e comunitari in termini di riduzione di emissioni di CO2 equivalenti: risultato che ridurrebbe (e con questo veniamo al miglioramento della qualità dell’aria) le sostanze nocive che danneggiano la salute pubblica (PM 2,5 e PM 10, oltre alla CO).

Le misure attuali stanno funzionando?

No, non come dovrebbero. Nonostante le misure di efficientamento energetico sugli edifici abbiano ottenuto dei risultati nell’ultimo decennio in termini di riduzione dei consumi di energia primaria, infatti, il report sottolinea che “il risparmio di gas ottenuto è stato contenuto ed è peraltro andato progressivamente a decrescere (0,3 miliardi di metri cubi grazie agli interventi realizzati nel 2020 contro gli 0,8 mld di metri cubi del 2011)”. Fra le molteplici cause, il funzionamento della struttura del sistema incentivante, che:
  • ha previsto lo stesso livello di sostegno tra interventi quali (tra gli altri) l’installazione di caldaie a condensazione a gas e quella di pompe di calore, e
  • ha ridotto di poco l’utilizzo del gas.

L’efficienza energetica e le pompe di calore

Il report analizza il ruolo dell’efficientamento energetico e delle pompe di calore, e lo paragona al contenuto del PNIEC, il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, evidenziando come:
  • da un lato (efficienza energetica) l’obiettivo proposto ha il potenziale di raggiungere obiettivi più ambiziosi rispetto a quelli previsti dal PNIEC;
  • dall’altro (pompe di calore) il potenziale è superiore a quello che il PNIEC prevede di sviluppare.
Morale: il PNIEC può – e deve – essere molto più ambizioso, specie per quanto riguarda le pompe di calore, che sono in grado di fronteggiare il problema energetico in modo più efficace di altre soluzioni come le caldaie a metano. In ogni caso, nel rispondere ad una delle domande che ci si può porre al riguardo (“il risparmio di gas naturale: cosa possiamo raggiungere?”), ciò che emerge è che la soluzione risiede nella diversificazione delle scelte da prendere. Nel confrontare:
  • i possibili risultati ottenibili con il raggiungimento degli obiettivi proposti in termini di efficienza energetica edilizia e installazione del potenziale di pompe di calore
  • con quelli che potrebbero essere ottenuti con le misure di sostegno attuali (nell’ipotesi che il loro effetto si mantenga costante a quanto visto negli ultimi 5 anni),
emerge “un forte squilibrio tra lo scenario a politiche vigenti e quello proposto da Legambiente, nel quale al solo anno 2030 potrebbero essere risparmiati 9 mld mc di gas in più”.

Le soluzioni proposte da Legambiente e dal Kyoto Club

Per accelerare la decarbonizzazione del riscaldamento degli edifici, risparmiando 9 miliardi di metri cubi di gas in più da qui alla fine del decennio, sono sostanzialmente tre le proposte avanzate dall’associazione:
  1. una riforma del sistema dell’eco-bonus, che privilegi l’integrazione rispetto alla “tecnologia pura”: passare da incentivi legati alle tecnologie al premiare interventi integrati che riducano i fabbisogni energetici degli edifici attraverso i più efficaci interventi (coibentazione, sostituzione di impianti e reti, inserimento di tecnologie per l’autoproduzione da FER) dovrebbe essere il mantra;
  2. accelerare l’eliminazione dei sussidi al consumo di gas negli edifici è la seconda misura, attraverso l’eliminazione nei prossimi tre anni dell’accisa e dell’Iva ridotta per i consumi di gas e gpl, unita alla “creazione di condizioni di vantaggio per gli usi elettrici per accelerare la decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento”;
  3. accelerare il c.d. “phase-out” graduale degli impianti a gas, prima negli edifici di nuova costruzione e, in un secondo momento, in quelli da ristrutturare, nella prospettiva di elettrificazione e diffusione di pompe di calore integrate con fonti rinnovabili.
Solo in questo modo – questa è la tesi – sarà possibile il raggiungere l’indipendenza energetica, migliorare la qualità dell’aria, contrastare il cambiamento climatico e – dulcis in fundo – aumentare i posti di lavoro nei settori green. Avremmo dovuto farlo molto tempo fa: dobbiamo farlo adesso, prima che diventi troppo tardi.
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