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Compenso CTU: due pronunce della Cassazione sulle riduzioni

La decurtazione fissa di un terzo del compenso CTU - prevista quando la perizia è depositata dopo la scadenza del termine fissato dal giudice - si applica soltanto agli onorari determinati secondo tariffa e non anche a quelli quantificati a tempo o a vacazioni. Il giudice che decide sulla domanda di liquidazione, deve esercitare il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione
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Compenso CTU: due pronunce della Cassazione sulle riduzioni

La Corte di Cassazione si è pronunciata su due casi di interesse per i professionisti che svolgono consulenza tecnica d’ufficio (CTU), stabilendo che la decurtazione fissa di un terzo del compenso – prevista quando la perizia è depositata dopo la scadenza del termine fissato dal giudice – si applica soltanto agli onorari determinati secondo tariffa e non anche a quelli quantificati a tempo o a vacazioni. Inoltre, sul piano processuale, il giudice che decide sulla domanda di liquidazione, deve esercitare il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione.

La riduzione del compenso CTU

La ricorrente sosteneva l’erroneità  dei criteri adottati dal giudice a quo per la liquidazione del compenso, l’eccessività  dell’importo liquidato alla luce del danno riscontrato nel corso del giudizio presupposto e la mancata decurtazione dipendente dal deposito tardivo della relazione peritale. Ad avviso della ricorrente, il giudice di merito avrebbe dovuto comunque indagare sull’operato del CTU e ridurre il compenso riconosciutogli, escludendo dal conteggio le prestazioni eseguite dopo la scadenza del termine fissato per il deposito dell’elaborato peritale.

La sentenza della Cassazione civile sez. II, n.3464 del 12 febbraio 2020 ricorda che:

“In tema di liquidazione del compenso al consulente tecnico d’ufficio, in caso di perizia depositata dopo la scadenza del termine concesso dal giudice, è legittima, ove non sia possibile l’individuazione della parte di incarico svolta tempestivamente, la riduzione di un terzo dell’onorario ai sensi dell’art.52, ultima parte, del Dpr n.115 del 2002, dovendosi ritenere che l’esclusione del compenso per “il periodo successivo alla scadenza del termine”, prevista dalla suddetta norma, osti al riconoscimento di vacazioni computabili oltre il numero massimo calcolabile per i giorni compresi nel termine fissato.

Ma non consenta di acquisire la prestazione senza remunerazione, determinandosi, diversamente, una sanzione diversa per due situazioni identiche, quali la riduzione di solo un terzo per gli onorari a tariffa variabile e la cancellazione del compenso per gli onorari a tempo di prestazioni comunque validamente effettuate dopo la scadenza, che abbiano portato non alla revoca dell’incarico ma all’acquisizione della relazione”.

Ne deriva che la riduzione di un terzo opera soltanto nell’ipotesi di onorario determinato secondo tariffa, mentre sia nel caso di quantificazione a tempo che in ipotesi di calcolo a vacazione può soltanto operarsi lo scomputo delle prestazioni eseguite successivamente alla scadenza, laddove il consulente tecnico abbia depositato la propria relazione peritale senza rispettare il termine stabilito dal giudice.

La liquidazione delle spese

La sentenza della Corte di Cassazione Civile, Sez. II, n. 2206 del 30 gennaio 2020, interviene sul provvedimento del Tribunale che aveva rigettato la domanda di liquidazione del compenso per l’attività  difensiva svolta in un procedimento di pignoramento presso terzi, a causa della mancanza di deposito della nota spese e della delibera di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. La ricorrente sosteneva che il giudice avrebbe dovuto richiedere il fascicolo di ufficio.

La Suprema Corte ha dato ragione alla ricorrente, sostenendo che “In tema di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione del compenso al CTU, il giudice di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 150 del 2011 ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, essendo la locuzione “può” contenuta in tale norma da intendersi non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere “causa cognita”, senza limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova.”

E’ quindi erronea la soluzione del giudice di merito. Ha ritenuto di disattendere la domanda di liquidazione della ricorrente solo perché non risultava essere stata prodotta la nota spese.

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