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L’avviso di convocazione e le riunioni consecutive (art. 66 disp. att. c.c.)

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L’avviso di convocazione e le riunioni consecutive (art. 66 disp. att. c.c.)

modificato

Art. 66 disp. att. c.c.
L’assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall’articolo 1135 del codice, può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione.
In mancanza dell’amministratore, l’assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere convocata a iniziativa di ciascun condomino.
L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.
L’assemblea in seconda convocazione non può tenersi nel medesimo giorno solare della prima.
L’amministratore ha facoltà di fissare più riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell’assemblea in termini brevi, convocando gli aventi diritto con un unico avviso nel quale sono indicate le ulteriori date ed ore di eventuale prosecuzione dell’assemblea validamente costituitasi.

VERSIONE PRECEDENTE
Art. 66 disp. att. c.c.
L’assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall’articolo 1135 del codice, può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione.
In mancanza dell’amministratore, l’assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere convocata a iniziativa di ciascun condomino.
L’avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza.

La convocazione dell’assemblea è rimasta invariata sotto il profilo temporale. Essa deve svolgersi annualmente in relazione alla necessità della corretta gestione amministrativa-contabile dell’edificio. Com’è noto, l’assemblea può essere ordinaria o straordinaria.
La riunione ordinaria è quella che si svolge con cadenza annuale. I temi da trattare in questa sede sono quelli previsti dall’art. 1135 c.c., norma che non ha subito modifiche in ragione dell’intervento della novella, salvo per la previsione di cui al n. 4 della stessa, dove è disposto che, sia per le innovazioni sia per i lavori di manutenzione straordinaria, l’assemblea ha l’obbligo della costituzione di un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori.
Le deliberazioni dell’assemblea ordinaria attengono:
– alla conferma dell’amministratore e alla sua eventuale retribuzione: peraltro l’art. 1129 c.c. prevede che l’incarico abbia natura onerosa, dovendo l’amministratore precisare il compenso al momento dell’assunzione della carica. Questa norma è da ritenersi abrogata ad opera della novella per la parte finale concernente la previsione del possibile compenso del mandatario;
– all’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno ed alla relativa ripartizione tra i condomini: l’art. 1130 bis c.c. è in tema di rendicontazione condominiale, da redigersi a cura dell’amministratore sulla base dei documenti contabili che devono essere resi disponibili ai condomini che hanno interesse ad avere accesso a questa documentazione in vista della riunione in cui si approva il bilancio. Il bilancio preventivo è il documento contabile che viene elaborato dal mandatario del palazzo all’inizio dell’anno solare, dove sono indicati in linea di massima, secondo l’esperienza e gli esiti contabili dei precedenti anni, i costi che dovranno essere sostenuti nel corso dell’anno da parte sia dell’intero edificio, sia dai singoli condomini, per la parte di loro competenza. Il bilancio preventivo non è menzionato in altro luogo neanche a seguito della novella;
– all’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e al conseguente impiego del residuo attivo della gestione. Il rendiconto è disciplinato dall’art. 1130 bis c.c., dove sono puntualizzati i documenti necessari per la sua redazione. Il rendiconto, diversamente dal bilancio preventivo, è il documento contabile che chiude la gestione economico-amministrativa dell’anno a cui si riferisce. Esso può prevedere conguagli o crediti a favore dei singoli abitanti rispetto a quanto messo in bilancio nel preventivo, avendo in sede di rendiconto piena contezza di quanto effettivamente speso per il condominio, Il nuovo art. 1130, nn. 1 e 10, c.c. dispone che l’amministratore deve convocare l’assemblea per l’approvazione del rendiconto entro centottanta giorni dalla sua redazione. L’omessa convocazione costituisce grave irregolarità ai sensi del nuovo art. 1129, n. 1, c.c., sulla cui base il mandatario è passibile di revoca anche in via giudiziale, su ricorso di un solo condomino. L’impiego del residuo attivo richiama l’art. 1130 bis c.c., laddove si esprime in termini di fondi e riserve che devono risultare dal rendiconto della gestione dell’edificio. Il rimando può essere anche all’indicazione dei rapporti in corso e delle questioni pendenti che devono essere specificati nella nota esplicativa, che accompagna il rendiconto ai sensi dell’art. 1130 bis c.c.;
– all’autorizzazione di opere di manutenzione straordinaria e di innovazioni. Sulla base del nuovo art. 1135, n. 4, c.c., quando l’assemblea decide questi interventi deve costituire obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori. Quando vi è urgenza a provvedere in merito a interventi di manutenzione straordinaria, l’amministratore non deve procedere con la convocazione della riunione di condominio, ma deve attivarsi al fine di evitare il pericolo paventato. Qui l’urgenza legittima l’intervento autonomo del mandatario dell’edificio onde evitare eventuali danni al condominio, a una sua parte o a terzi. Si pensi, ad esempio, al caso del tetto pericolante a causa di una grossa nevicata. Qui il mandatario deve chiamare subito l’impresa onde procedere con i lavori necessari e opportuni, riferendone nella prima assemblea utile.
Come in precedenza, l’amministratore convoca l’assemblea straordinaria quando lo ritiene necessario o se ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio. Per questa seconda fattispecie, se l’amministratore non dispone la convocazione nei dieci giorni successivi alla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione. Mentre la prima ipotesi dipende da una scelta discrezionale del mandatario, la seconda fattispecie è un vero e proprio onere. Se non vi provvede, l’amministratore può essere tacciato di negligenza. I temi dell’assemblea straordinaria possono essere i più vari: possono anche essere gli argomenti previsti dall’art. 1135 c.c. come attinenti all’assemblea straordinaria.
La distinzione tra le due assemblee non è data dagli argomenti da trattare, ma dalla cadenza annuale della riunione. Si rientra nell’assemblea ordinaria quando è la classica riunione che si ha a ogni anno di gestione amministrativa dell’edificio. Si convoca invece la riunione straordinaria quando, nel corso dell’anno, se ne riscontra l’opportunità o la necessità, a decisione dell’amministratore, o quando è richiesto – come detto – da almeno due condomini che rappresentano almeno un sesto della totalità dei millesimi del palazzo.

Giurisprudenza di riferimento
Cass. civ., 31 ottobre 2008, n. 26336.

La norma prosegue disponendo, come in precedenza, che in mancanza dell’amministratore, l’assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere convocata a iniziativa di ciascun condomino. Con la novella il mandatario non è figura obbligatoria se il condominio è costituito da otto o meno di otto abitanti. Per queste realtà, il singolo può direttamente chiamare l’assemblea del palazzo, avendo l’accortezza di procedere all’invio dell’avviso di convocazione secondo le disposizioni qui analizzate.
In realtà, il caso potrebbe anche interessare edifici più complessi, quando l’amministratore è deceduto. Finché l’assemblea non nomina il suo nuovo mandatario, la convocazione può essere a opera del singolo, che indica i temi da trattare nella riunione, comprendendo anche, se del caso, l’ordine del giorno della chiamata di un nuovo amministratore. Nel caso in cui quest’ultimo tema non sia indicato, l’assemblea deve essere tenuta ugualmente e deve rispettare tutti i requisiti prescritti dal codice civile, come interpretati dalla giurisprudenza.
Questa fattispecie era già prevista in precedenza, anteriormente alla riforma.
A seguito dell’introduzione della novella, vi sono diverse disposizioni che permettono al singolo condomino di procedere alla convocazione dell’assemblea. Così è per la riunione che ha a oggetto la tutela della destinazione d’uso di parti comuni ex art. 1117 quater c.c.; così è anche per il caso di gravi irregolarità fiscali da parte dell’amministratore o per la mancata apertura o utilizzazione del conto corrente condominiale ex art. 1129, nuovo c. 11, c.c.
L’avviso di convocazione che l’amministratore deve aver cura di inviare a ogni singolo condomino o avente diritto ha un contenuto più ampio rispetto a quanto sancito in precedenza: esso deve indicare il luogo e la data della riunione, oltre a dover essere trasmesso – come già sancito in precedenza – almeno cinque giorni prima dell’assemblea. Si tratta di specificazioni opportune, anche se di prassi.
Particolarmente complessa è la convocazione in tema di modificazioni di destinazione d’uso delle parti comuni ex art. 1117 ter c.c. La chiamata della riunione deve pervenire ai singoli condomini almeno venti giorni prima della data di convocazione. L’avviso di convocazione deve essere affisso per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati. La consegnaai singoli condomini deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici. Infine la convocazione dell’assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d’uso.
In ogni caso, la paternità dell’avviso deve risultare in modo certo: la comunicazione è ritenuta nulla se non riporta in calce alcuna indicazione della persona che procede alla convocazione né alcun riferimento al condominio per il quale l’avviso è stato inviato. In assenza di queste precisazioni, risulta impossibile l’identificazione dei soggetti che hanno assunto l’iniziativa, non potendo accertare se chi vi ha proceduto ne è legittimato (Trib. Milano, 11 settembre 1989).
Come in precedenza, l’art. 66 disp. att. c.c. prescrive che l’avviso di convocazione deve essere recapitato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per la riunione di condominio.Questo termine decorre non dal giorno in cui è stato inviata la comunicazione, bensì dalla data in cui è effettivamente ricevuta da tutti i condomini (Trib. Roma, Sez. V, 9 giugno 2009).
Prima della novella, principio generale, anche in tema di condominio, era la libertà delle forme. La giurisprudenza ha sempre affermato che la comunicazione dell’indicenda assemblea poteva essere eseguita anche oralmente (Cass. civ., n. 875/1999; Id., n. 2450/1994), salvo la previsione del regolamento di una particolare prescrizione formale (Id., n. 1515/1988).

Giurisprudenza di riferimento
Trib. Bologna, Sez. III, 17 febbraio 2009.

Stante la libertà delle forme, poteva risultare difficile all’amministratore assolvere l’onere probatorio di aver provveduto a convocare tutti i condomini. Se, ad esempio, la chiamata all’assemblea è stata eseguita telefonicamente per ogni condomino, senza la presenza di terzi, eventuali testimoni in giudizio, diventa particolarmente onerosa la dimostrazione di avervi provveduto. La giurisprudenza si è sempre premurata di evidenziare che la prova poteva comunque essere fornita con ogni mezzo, anche tramite presunzioni. Secondo i nostri giudici, la consegna dell’avviso di convocazione da parte dell’amministratore al portiere dell’edificio equivaleva giuridicamente alla consegna nelle mani dei singoli condomini (Cass. civ., 19 gennaio 1985, n. 140).
Sebbene, in una fattispecie non concernente il condominio, la Suprema Corte con la decisione n. 10021/2005 ha ritenuto che «la sola ricezione della busta raccomandata da parte del destinatario non costituisce prova del contenuto di essa» (Cass. civ., Sez. III, 12 maggio 2005, n. 10021). Nel caso di specie, vertente la cessione di credito fra società, i giudici hanno ritenuto che la sola dimostrazione della consegna della lettera raccomandata non vale ad invertire l’onere della prova circa l’avvenuta comunicazione della cessione del credito.
Ritornando al tema che ci interessa, l’art. 66 disp. att. c.c. introduce nuove modalità di invio dell’avviso di convocazione quali la posta elettronica certificata, il fax e la consegna a mano della chiamata di ogni avente diritto a partecipare all’assemblea. Si tratta di modalità tra loro autonome e alternative. Tutti questi strumenti di trasmissione della convocazione sono tali da garantire la certezza che l’adempimento sia stato adempiuto nei confronti di tutti i condomini, risollevando l’amministratore dal gravoso onere di provare di aver eseguito questo incombente. Ciò evita i contenziosi che sino a oggi hanno proliferato nei nostri Tribunali per l’asserita omessa convocazione del soggetto ricorrente in giudizio.

Giurisprudenza di riferimento
Trib. Roma, Sez. VIII, 10 settembre 2009.
Cass. civ., Sez. II, 13 novembre 2009, n. 24132.
Trib. Salerno, 27 settembre 2010.

Come detto, l’art. 1117 ter c.c., in tema di modificazioni della destinazione d’uso delle parti comuni, prescrive ulteriori modalità di chiamata alla riunione di condominio: la convocazione dell’assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati nell’edificio; il singolo avviso deve essere inoltrato mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione.
L’art. 66 disp. att. c.c. prosegue disponendo che: «In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice civile su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati».
Chi è legittimato a impugnare l’assemblea è, secondo il disposto della norma, l’assente e il dissenziente.
L’assente è colui che non ha ricevuto la regolare convocazione. In ragione di ciò, una volta ricevuto il verbale dell’assemblea, ha il termine di trenta giorni, ove sia di suo interesse, per impugnare la deliberazione chiedendone l’annullamento ex art. 1137 c.c. sulla base della sua mancata chiamata alla riunione. La chiusura della norma dove indica «perché non ritualmente convocati», a una veloce lettura, potrebbe essere interpretata nel senso che chi agisce in giudizio deve dimostrare di non aver ricevuto l’avviso di convocazione. Così non è alla luce della giurisprudenza unanime: l’onere probatorio è in capo all’amministratore, a cui spetta di dimostrare di avervi regolarmente ottemperato.
Pare esservi un’anomalia nella previsione che i dissenzienti possono impugnare la decisione in ragione del vizio riscontrato nella chiamata alla riunione. La norma pare legittimarli all’azione giudiziale se non ritualmente chiamati. A ben vedere, questa conclusione non è corretta, in quanto la presenza sana l’eventuale vizio di mancata convocazione, salvo che la presenza sia solo per formalizzare, e quindi per far risultare al verbale, la mancanza in questione. Il dissenziente tuttavia è colui che ha espresso comunque il suo voto, in senso negativo, rispetto all’argomento deliberato dall’assemblea. Si tratta di conseguenza di una contraddizione in termini. Per poter salvare questa legittimazione, l’unica strada percorribile è asserire, nonostante il tenore della norma, che il dissenso ha radice nella mancata convocazione e nella verbalizzazione di questa omissione.

Giurisprudenza di riferimento
Trib. Genova, Sez. III, 18 aprile 2007.

In ragione di queste osservazioni, sarebbe stato più corretto prevedere, al posto del dissenziente, colui che si è astenuto dall’esprimere il proprio voto, dopo aver fatto rilevare a verbale l’omessa convocazione compiuta nei suoi confronti dall’amministratore. L’astenuto non partecipa alla deliberazione in quanto non ha avuto lo spatio deliberandi (dato dal trascorso di almeno cinque giorni dal ricevimento della convocazione all’assemblea) statuito in termini di avviso di convocazione. Il termine di cinque giorni è previsto per permettere al singolo avente diritto di poter decidere, in autonomia e in uno spazio temporale sufficiente, in merito a ciò che andrà a votare in sede di assemblea condominiale. Lo stesso dicasi per il caso di tardivo invio di convocazione. La rituale chiamata a partecipare all’assemblea concerne il rispetto del termine entro cui consegnare l’avviso. Se non viene permesso il lasso temporale di cinque giorni, la deliberazione può essere impugnata.
Questo è il significato della facoltà concessa al singolo condomino di impugnare la deliberazione ex art. 1137 c.c. per il caso di tardivo avviso di convocazione. La stessa conclusione è nel caso in cui l’avviso di convocazione è stato correttamente inoltrato ma è carente di uno o più argomenti da trattare, della data, dell’ora e/o del luogo della riunione. Si tratta dei casi di avviso incompleto. La mancata indicazione dei temi che verranno discussi nella riunione equivale a mancata convocazione in quanto, non conoscendo l’argomento, il singolo è nell’impossibilità di farsi una propria opinione in vista della deliberazione che parteciperà ad assumere. L’assenza della specificazione della data, dell’ora o del luogo equivale a essere chiamati a una riunione di fatto inesistente, non sapendo quando e/o dove essa si terrà.
In conclusione, i vizi che possono avere rilievo concernono, oltre la mancata convocazione, la mancata indicazione degli argomenti su cui il condominio è chiamato a decidere, il mancato rispetto del termine di cinque giorni, la mancata precisazione del luogo, della data e dell’ora dell’assemblea. La conseguente invalidità attiene all’annullabilità della deliberazione assunta, come già in precedenza osservato dalla giurisprudenza.

Giurisprudenza di riferimento
Cass. civ., S.U., 7 marzo 2005, n. 4806.
Cass. civ., Sez. II, 20 aprile 2001, n. 5889.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte, nella sentenza del 7 marzo 2005, n. 4806 hanno precisato che la mancanza della specifica indicazione dei temi da trattare è sanzionabile con l’annullabilità della decisione assembleare ex art. 1137 c.c. L’ambito dell’annullabilità concerne tutti i vizi relativi al procedimento collegiale della riunione, al mancato rispetto della legge e del regolamento di condominio, mentre la nullità della deliberazione si ricava dai principi generali in ambito contrattuale. È nulla la decisione del condominio che ha un oggetto illecito, impossibile, estraneo alla competenza assembleare o destinato ad incidere su diritti inviolabili. Si pensi ad esempio al caso in cui l’assemblea delibera di destinare un certo bene, su cui non ha alcuna titolarità, a un determinato utilizzo collettivo. La relativa decisione ha un oggetto impossibile, non potendo disporre di un bene non proprio. Così può essere il caso in cui il condominio decide di vendere un alloggio di proprietà di un singolo condomino.

Giurisprudenza di riferimento
App. Napoli, 7 aprile 2011, n. 1075.

L’assemblea in seconda convocazione, si legge proseguendo nell’esame della norma, non può tenersi nel medesimo giorno solare della prima. Ciò è assolutamente logico, considerando che è altamente probabile che, se la prima convocazione non ha raggiunto la maggioranza costitutiva, si corre il medesimo rischio anche per la seconda. Inoltre, questa precisazione è superflua considerato che l’art. 1136 c.c. espressamente prevede la cadenza temporale della seconda riunione, sebbene in termini temporali massimi: essa deve essere tenuta entro dieci giorni dalla prima. Si tratta di disposizione già disciplinata nei medesimi termini previsti anteriormente all’intervento della novella. L’art. 1136, c. 3, c.c. dispone come segue: «Se l’assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l’assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima […]».
Com’è noto, la prassi insegna che l’avviso di convocazione può essere unico, indicando sia la prima, sia la seconda assemblea, per il caso che la prima vada deserta. Per la chiamata simultanea, occorre prestare attenzione a specificare la data, il luogo e l’ora anche della seconda riunione, ricadendo altrimenti nel vizio – sopra rilevato – di avviso incompleto. Questa fattispecie ricorre sempreché la seconda assemblea abbia luogo per mancato raggiungimento della maggioranza necessaria ai fini della valida costituzione della prima. Se quest’ultima si dovesse tenere regolarmente, non può rilevarsi un motivo di annullamento di una riunione – di seconda convocazione – che non si avrà mai.
L’ultimo comma dell’art. 66 disp. att. c.c., di nuova introduzione, prevede che possono essere fissate dall’amministratore più riunioni consecutive. Quanto detto concerne la stessa assemblea che continua in un altro giorno, in modo da assicurare lo svolgimento dell’incontro di condominio in termini brevi. L’assemblea è unica ma spezzettata nel tempo. Gli aventi diritto vengono convocati con un unico avviso nel quale sono indicate, oltre al luogo, alla data e all’ora della prima seduta, anche le ulteriori date ed ore dell’eventuale sua prosecuzione. Naturalmente la convocazione deve specificare gli argomenti su cui l’assemblea è chiamata a deliberare. È sempre la stessa riunione che prosegue. Anche se è indicato che l’amministratore può fissare più riunioni consecutive, il prosieguo della norma specifica e corregge che è la stessa assemblea che viene protratta. L’amministratore deve indicare, nell’avviso di convocazione, che la chiusura della “prima” riunione viene prevista per una certa ora e che, se per quell’ora gli argomenti posti all’ordine del giorno non sono stati tutti analizzati, discussi e decisi, la medesima riunione viene sospesa. Essa continua, come “prolungamento” della precedente, alla data e all’ora indicate nell’unico avviso di indizione assembleare. La norma richiede l’indicazione solo della data e dell’ora della continuazione della prima assemblea, dando per scontato che la sede è la stessa della prima riunione.
Sebbene la norma in esame indichi che vi possono essere più prosecuzioni della stessa riunione, si spera che ciò non venga di fatto attuato, potendo questa modalità operativa durare parecchio tempo. Inoltre l’avviso di convocazione può risultare di non facile lettura, considerando che – come insegna la prassi – nello stesso è fissata di norma anche la data della seconda convocazione per il caso in cui la prima non raggiunga il quorum costitutivo ex art. 1136 c.c.
La chiusura della norma non è felice. A una veloce lettura, potrebbe sembrare che i quorum della prima frazione dell’assemblea vanno a coprire anche le successive. Così tuttavia non potrebbe essere per i quorum deliberativi, al più per quelli costitutivi. Non è detto tuttavia che chi presenzia alla prima riunione riesca a essere presente anche alla seconda. Per essi ci si chiede se non sia opportuno che dal verbale risulti la volontà dei condomini intervenuti nella prima sede di farsi considerare compresi anche in quelle che verranno tenute dopo. La materiale assenza tuttavia non permette di esprimere l’opinione e il voto in merito agli argomenti da deliberare. Quanto detto potrebbe creare problemi ai fini del calcolo dei quorum deliberativi: se la presenza nella prima riunione di un certo condomino va a coprire l’assenza dello stesso condomino nella seconda seduta, manca comunque la sua espressione di voto sui singoli argomenti che vengono affrontati in quest’ultima sede. Un possibile rimedio a questo inconveniente, sebbene non risolutivo e non esente da critiche, potrebbe essere la verbalizzazione della volontà del condomino che già sa che non potrà presenziare alla prosecuzione della riunione. In questo caso, gli si permette di esprimere il proprio volere, sebbene non partecipi alla discussione dell’argomento, non potendo quindi eventualmente cambiare idea in ragione delle diverse opinioni e osservazioni che possono essere rilevate dagli altri condomini in sede di discussione.
In conclusione, per quanto concerne la maggioranza necessaria ai fini della valida formazione della riunione, poiché è sempre la stessa assemblea, pur se proseguita in successive riunioni, si ritiene che i quorum costitutivi devono essere rispettosi delle maggioranze legislativamente previste per la prima convocazione e per la presenza dei condomini per singola riunione, anche se di fatto costituisce la prosecuzione di una precedente. Tutte le riunioni qualificabili come assemblea di prima convocazione richiedono il rispetto del quorum costitutivo di quest’ultima. L’indicazione finale dell’«assemblea validamente costituita» pare far ritenere tuttavia che la presenza dei condomini nel primo incontro vale anche per la prosecuzione dell’assemblea.
I quorum deliberativi dipendono dagli argomenti da trattare e decidere, indipendentemente da quale sia la sede in cui vengono decisi: essi non variano in ragione della “prima” o la “seconda” riunione, dipendendo solo dall’oggetto della deliberazione. In merito occorre sempre verificare le maggioranze richieste per l’assemblea di prima convocazione, salvo l’escamotage sopra evidenziato, con tutte le debolezze del caso (presenza del condomino al primo incontro, dove il medesimo evidenzia e fa verbalizzare il suo volere in merito a un determinato argomento che verrà trattato nella successiva “riunione”).
La norma non fa distinzione tra assemblea di prima e di seconda convocazione: la prosecuzione delle riunioni in altre date vale per entrambe le riunioni di condominio.

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