Infiltrazioni. Quando il Sindaco non può ordinare la messa in sicurezza al privato?

Niente condanna penale per il proprietario che non ottempera all’ordinanza con la quale il Sindaco gli imponeva di mettere in sicurezza l’immobile per evitare infiltrazioni nell’abitazione del vicino. Infatti, il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità (art. 650 c.p.c.) si configura quando il provvedimento pubblico violato risulta emesso nell’interesse della collettività e non anche di privati cittadini. È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione, prima sezione penale, n. 1613 del 21 aprile 2023.
Il fatto e il ricorso
Con propria ordinanza, il sindaco ordinava al proprietario di un immobile l’immediata messa in sicurezza dell’immobile stesso, da cui provenivano infiltrazioni che provocavano “diverse lesioni in muri di contenimento, pavimentazione esterna e pareti interne” dell’abitazione confinante.
Il proprietario non ottemperava all’ordinanza; per tale motivi, il Tribunale di Messina lo riteneva responsabile per il reato di cui all’articolo 650 del codice penale (inosservanza dei provvedimenti dell’autorità) e lo condannava alla pena di 206 euro di ammenda.
Il proprietario ha proposto ricorso in Cassazione contro la sentenza di condanna.
Secondo l’avvocato difensore dell’imputato, il sindaco avrebbe adottato l’ordinanza fuori delle proprie competenze, in quando l’ordinanza stessa sarebbe stata emessa nell’interesse di privati cittadini e non della collettività, mirando a tutelare la privata incolumità dei confinanti.
La difesa evidenzia anche il contrasto tra la motivazione dell’ordinanza, che parla espressamente di tutela della pubblica incolumità, e il contenuto della stessa, che individua la propria finalità nella tutela della privata incolumità dei confinanti tramite la prescrizione di un insieme sistematico di opere atte all’eliminazione degli inconvenienti verificati sulla proprietà confinante.
La Cassazione ha accolto il ricorso.
Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità e messa in sicurezza
L’articolo 650 del codice penale punisce il reto di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, commesso da chi “non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene”.
Come risulta chiaramente del testo dell’articolo, ai fini della configurabilità della contravvenzione in esame è necessario che il provvedimento violato “sia stato emesso nell’interesse della collettività”, con la conseguenza che “il reato non sussiste nel caso di inosservanza di provvedimento adottato nell’interesse di privati cittadini” (Cass. pen. 46004/2014).
Ora, nel caso in esame, dalla stessa lettura dell’ordinanza sindacale emerge che la situazione in cui versava la proprietà immobiliare dell’imputato, da cui provenivano infiltrazioni che provocavano “diverse lesioni in muri di contenimento, pavimentazione esterna e pareti interne” della configura proprietà, rappresentava “una potenziale fonte di pericolo per la privata incolumità dei confronti dei confinati.
Ne discende dunque l’annullamento della sentenza di condanna, perché in fatto non sussiste.
Ordinanze sindacali solo per motivi di pubblica incolumità
Del resto, l’articolo 54 del D.lgs. 267/2000 dispone espressamente che il sindaco (o chi lo sostituisce) adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, provvedimenti, in via ordinaria ed anche contingibile e urgente, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica (integrità fisica) e la sicurezza urbana (vivibilità, convivenza civile e coesione sociale), informandone preventivamente il prefetto.
Tali provvedimenti non possono dunque essere adottati per dirimere rapporti tra privati, salvo che tali rapporti non abbiano ripercussioni sulla collettività e l’interesse pubblico.