La Corte di Cassazione, nella
sentenza n. 5799 del 15 febbraio 2021, indica i contenuti giuridici della
responsabilità del progettista e del direttore dei lavori. E lo fa trattando un ricorso contro la condanna del direttore dei lavori e del titolare della omonima ditta individuale ed esecutore dei lavori (in concorso tra loro e anche con condotte autonome ma concorrenti nei determinismo dell’evento), per colpa consistita in
imperizia, imprudenza e negligenza nell’eseguire i lavori di ristrutturazione di una piscina comunale. In particolare perché minavano la capacità portante del controsoffitto, realizzando con un coefficiente di resistenza di sicurezza rispetto alle rottura inferiore a due (valore previsto dal dm del 9 gennaio 1996). Provocando così il cedimento della controsoffittatura della piscina con il conseguente crollo di parti della stessa, e cagionando lesioni personali colpose a 23 vittime.
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La diligenza nell’accertamento della conformità
La Corte di Cassazione ha confermato la pronuncia dei giudici del merito, motivando la decisione con il seguente assunto: “il progettista-direttore dei lavori, essendo chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di
peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della “diligentia quam in concreto”; rientrano, pertanto, negli obblighi del direttore dei lavori l’
accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l’adozione di
tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi.”
L’alta sorveglianza delle opere
Il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore, non può sottrarsi alle sue responsabilità. Suo dovere è svolgere l’alta sorveglianza delle opere, che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere né il compimento di operazioni di natura elementare, comporta comunque il
controllo della realizzazione dell’opera nelle sue varie fasi. L’obbligo del professionista è verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, l’osservazione delle regole dell’arte e la corrispondenza dei materiali impiegati.
La colpa del progettista-direttore dei lavori
In base a tali principi, nel caso in esame il progettista-direttore dei lavori è stato ritenuto responsabile a titolo di colpa del crollo del controsoffitto della piscina, avendo egli non esercitato “un’
oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni d’ordine tecnico”.
Infatti la perizia ha rilevato che le cause del crollo del controsoffitto dovevano essere individuate sia nel
non corretto ancoraggio alla muratura dei pendini (cavetti) di acciaio che sostenevano i pannelli di lana di abete (erano stati usati tasselli in plastica e viti ad occhiello non idonei a sostenere il peso dei pannelli), che nella
non corretta inclinazione di alcuni pendini, non verticali ma inclinati, che aveva determinato una doppia tensione nei punti di ancoraggio; il direttore dei lavori (che era anche progettista degli stessi), non aveva adeguatamente controllato e vigilato il
montaggio del controsoffitto, la cui struttura portante era del tutto inadeguata, quindi il crollo è avvenuto per una struttura non realizzata a regola d’arte.
Dato che si trattava di una ristrutturazione e non di una nuova costruzione, il progettista-direttore dei lavori avrebbe dovuto dedicare particolare cura al raccordo tra ciò che era nuovo (il controsoffitto) e ciò che era preesistente (le travi); invece, non si è dato particolare pena né della mancanza di chiare indicazioni di montaggio da parte della ditta costruttrice a corredo della fornitura, né – ciò che è apparso grave ai giudici – della
mancata predisposizione di uno schema di posa in una situazione poco chiara, che doveva di per se stessa indurre ad una maggiore vigilanza.
Il principio di affidamento in ordine all’altrui corretto agire
Quanto al principio di affidamento in ordine all’altrui corretto agire – invocato dalla difesa dell’imputato – i giudici della Corte di Cassazione osservano che detto principio non ha, per l’astrattezza delle aspettative su cui lo stesso si fonda, valore assoluto, ma incontra il
limite logico, che si innesta su chi riveste una
posizione di garanzia, funzionale a prevenire il verificarsi del danno per il quale – in caso di interazione tra più soggetti – chi assume tale ruolo sarà sollevato da responsabilità, solo ove la sua condotta sia esente da colpa.
In realtà non sussiste un principio di affidamento “legittimo”, da parte del progettista-direttore dei lavori, relativamente al corretto operato delle altre imprese, in quanto l’importanza del bene giuridico tutelato dalla norma impone la
concreta verifica circa la
corretta esecuzione dei lavori. Tanto meno non è invocabile il principio di affidamento nel comportamento altrui, con conseguente esclusione di responsabilità, da parte di chi sia già in colpa per avere violato norme precauzionali o avere omesso determinate condotte.
Testo della sentenza.