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Appalti pubblici, si può modificare il contratto dopo l’aggiudicazione?

Secondo la Corte di Giustizia Europea l’amministrazione aggiudicatrice sugli appalti pubblici può apportare talune modifiche, anche sostanziali
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Appalti pubblici, si può modificare il contratto dopo l’aggiudicazione?

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza C-546/2014, si è pronunciata, in via pregiudiziale, sulla modifica dei contratti di appalto dopo l’aggiudicazione della gara, fornendo l’interpretazione dell’articolo 2 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi.

“Dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico – recita l’interpretazione fornita dalla Corte – a tale appalto non può essere apportata una modifica sostanziale senza l’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione. Ciò, anche nel caso in cui tale modifica costituisca una modalità di composizione transattiva comportante rinunce reciproche per entrambe le parti, allo scopo di porre fine ad una controversia sorta a causa delle difficoltà incontrate nell’esecuzione di tale appalto. L’obbligo di ricorrere ad una nuova procedura di gara verrebbe meno solo nel caso in cui i documenti relativi all’appalto prevedano la facoltà di adeguare talune sue condizioni, anche rilevanti, dopo la sua aggiudicazione e fissino le modalità di applicazione di tale facoltà.”

Il caso

La domanda di pronuncia pregiudiziale verteva sull’interpretazione dell’articolo 2 della direttiva 2004/18/CE, rubricato “Principi di aggiudicazione degli appalti”, in base al quale “Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità, in modo non discriminatorio e agiscono con trasparenza“.

La domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra una società e un ente pubblico danesi, in merito alla regolarità di un accordo transattivo concluso tra l’ente, in qualità di amministrazione aggiudicatrice, e una società aggiudicataria di un appalto pubblico indetto sotto forma di un dialogo competitivo dall’ente stesso.

Nel corso dell’esecuzione del contratto erano emerse difficoltà connesse con il rispetto dei termini di consegna e l’amministrazione e l’aggiudicataria si erano addossati reciprocamente la responsabilità dell’impossibilità di eseguire l’appalto conformemente a quanto previsto. A seguito di negoziazioni, le parti erano giunte a una composizione transattiva, in base alla quale ciascuna parte intendeva rinunciare ad ogni diritto derivante dall’appalto iniziale, diverso da quelli derivanti dalla transazione. Una società che aveva partecipato alla gara proponeva ricorso, sostenendo che la transazione costituiva una modifica sostanziale del contratto d’appalto.

La Corte Suprema danese, investita del caso, aveva ritenuto che tale transazione non fosse stata il risultato della volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali dell’appalto iniziale allo scopo di ottimizzare la loro collaborazione successiva in condizioni sostanzialmente modificate, ma costituisse una composizione alternativa della controversia sorta tra le parti che si sostituiva alla risoluzione di tale appalto in circostanze in cui portarlo a compimento appariva impossibile.

L’elemento nuovo rispetto alle situazioni precedentemente esaminate dalle Corte risiederebbe in tali difficoltà di esecuzione, la cui imputabilità all’una o all’altra delle parti è discussa e in definitiva, la questione pertinente sarebbe se vi sia la possibilità di ricorrere a una transazione per porre fine al contenzioso senza dover indire una nuova gara.

La Corte suprema danese decideva pertanto di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia Europea una questione pregiudiziale che, in sostanza, si riassume in questo quesito: dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, può essere apportata una modifica sostanziale allo stesso senza l’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione dell’appalto anche qualora tale modifica costituisca, obiettivamente, una modalità di composizione transattiva, comportante rinunce reciproche per entrambe le parti, allo scopo di porre fine a una controversia, dall’esito incerto, sorta a causa delle difficoltà incontrate nell’esecuzione di tale appalto?

Appalti pubblici, parità di trattamento e trasparenza

Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne deriva ostano a che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, l’amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario apportino alle disposizioni di tale appalto modifiche tali che dette disposizioni presentino caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle dell’appalto iniziale, ad esempio  producendo l’effetto o di estendere l’appalto pubblico, in modo considerevole, a elementi non previsti, o di alterare l’equilibrio economico contrattuale in favore dell’aggiudicatario, oppure ancora se tali modifiche sono atte a rimettere in discussione l’aggiudicazione dell’appalto, nel senso che, se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, sarebbe stata accolta un’altra offerta oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi.

Dunque, in linea di principio, una modifica sostanziale di un appalto pubblico dopo la sua aggiudicazione non può essere apportata in via di trattativa privata tra l’amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario, ma deve dare luogo a una nuova procedura di aggiudicazione vertente sull’appalto così modificato. Tuttavia, la particolarità della situazione trattata nel caso in esame sta nel fatto che la modifica dell’appalto, qualificata come sostanziale, sarebbe derivata non già dalla volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali del contratto al quale erano inizialmente vincolate, ma da difficoltà oggettive dalle conseguenze imprevedibili incontrate nell’esecuzione di tale contratto.

La sentenza della Corte di Giustizia Europea ribadisce che “né il fatto che una modifica sostanziale dei termini di un appalto pubblico sia motivata non già dalla volontà deliberata dell’amministrazione aggiudicatrice e dell’aggiudicatario di rinegoziare i termini di tale appalto, bensì dalla loro volontà di trovare una composizione transattiva a fronte di difficoltà oggettive incontrate nell’esecuzione di detto appalto, né il carattere obiettivamente aleatorio di talune realizzazioni possono giustificare il fatto che tale modifica sia decisa senza rispettare il principio di parità di trattamento di cui devono potersi giovare tutti gli operatori potenzialmente interessati a un appalto pubblico.”

Il riferimento alla volontà deliberata delle parti di rinegoziare i termini di tale appalto non è un elemento determinante, la qualificazione come modifica sostanziale deve essere analizzata da un punto di vista obiettivo e non si può prescindere dai principi di parità di trattamento e di non discriminazione nonché dall’obbligo di trasparenza che essi implicano, qualora si intenda modificare sostanzialmente un contratto di concessione di servizi o di un diritto esclusivo allo scopo di fornire una soluzione ragionevole atta a porre fine ad una controversia insorta tra enti pubblici e un operatore economico, per ragioni del tutto indipendenti dalla loro volontà.

I casi tassativi della trattativa privata

Le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare un appalto mediante trattativa privata, ossia negoziando i termini del contratto con un operatore economico scelto senza previa pubblicazione di un bando di gara, in diversi casi, tra cui molti sono caratterizzati dall’imprevedibilità di talune circostanze, ma solo i casi e le condizioni specifiche espressamente previsti nell’articolo 31 della direttiva 2004/18 possono dare luogo all’applicazione dello stesso, di modo che l’elenco delle eccezioni ivi considerate dev’essere ritenuto tassativo. La situazione del caso in esame non corrisponde a una di tali situazioni.

L’amministrazione aggiudicatrice può riservarsi la possibilità di apportare talune modifiche, anche sostanziali, all’appalto, dopo la sua aggiudicazione, a condizione che lo abbia previsto nei documenti che hanno disciplinato la procedura di aggiudicazione. Prevedendo esplicitamente tale facoltà e fissandone le modalità di applicazione in detti documenti, l’amministrazione aggiudicatrice garantisce che tutti gli operatori economici interessati a partecipare a tale appalto ne siano a conoscenza fin dall’inizio e si trovino pertanto su un piede di parità nel momento della formulazione dell’offerta. In mancanza di siffatte previsioni nei documenti dell’appalto, la necessità di applicare, per un determinato appalto pubblico, le stesse condizioni a tutti gli operatori economici richiede, in caso di modifica sostanziale dello stesso, di avviare una nuova procedura di aggiudicazione.

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