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Inderogabilità dell’equo compenso nelle gare pubbliche: interviene il TAR Veneto

Appalti di servizi di ingegneria e di architettura: non si possono ribassare i compensi previsti dal DM 17 giugno 2016
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Inderogabilità dell’equo compenso nelle gare pubbliche: interviene il TAR Veneto

Con l’entrata in vigore della legge sull’equo compenso, le tariffe stabilite dai decreti ministeriali di riferimento diventano un parametro vincolante e caratterizzato da inderogabilità per la determinazione dei corrispettivi. È quanto chiarito dal TAR Veneto, sede di Venezia, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632.

Inderogabilità dell’equo compenso: il caso

A meno di un mese dal parere di precontenzioso reso dall’ANAC con cui si ammetteva la derogabilità della disciplina sull’equo compenso, interviene anche il TAR Veneto sull’argomento chiarendone, al contrario, l’inderogabilità.

La sentenza in commento muove dall’impugnazione degli atti di una gara avente ad oggetto l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva, con opzione della progettazione esecutiva e del coordinamento della sicurezza in fase progettuale, inerente ai lavori di adeguamento alla normativa di prevenzione incendi e antisismica di alcuni presidi ospedalieri veneti.

La società ricorrente lamentava, in particolare, che tutti gli operatori economici partecipanti avevano formulato offerte economiche con ribasso sui compensi, così in violazione delle norme sull’equo compenso di cui alla l. 21.4.2023, n. 49 che, invece, come espressamente affermato dalla Stazione appaltante, avrebbero trovato applicazione alla gara.

Al termine del giudizio, dopo ampia motivazione, il TAR Veneto ha accolto il ricorso accertando l’illegittimità degli atti di gara in ragione della proposizione di una offerta economica formulata in violazione della legge sull’equo compenso.

Le disposizioni sull’equo compenso: applicabilità e conseguenze sulle gare pubbliche

Anticipando quanto si dirà, la conclusione cui è giunto il TAR Veneto è ferma nel prevedere l’esclusione dalla procedura di gara per tutti quegli operatori che presentano offerte economiche in violazione delle disposizioni sull’equo compenso di cui alla l. 21.4.2023, n. 49.

Le disposizioni si applicano anche alle procedure ad evidenza pubblica: in tal senso, infatti, è chiaro  l’art. 8, d.lgs. n. 36/2023 nel prevedere che le Pubbliche Amministrazioni, salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente, devono garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale.

I decreti ministeriali sono parametro vincolante e inderogabile

In altre parole, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 49/2023 in materia di “equo compenso”, le tariffe stabilite dai decreti ministeriali di riferimento (nel caso di specie si trattava del DM 17 giugno 2016 recante Approvazione delle tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell’art. 24, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016) non rappresentano un mero criterio o base di riferimento per la determinazione dell’importo da porre a base di gara.

Al contrario, diventano un parametro vincolante e inderogabile per la determinazione dei corrispettivi negli appalti di servizi di ingegneria e di architettura, con la conseguente impossibilità per gli operatori economici di sottoporre a ribasso la componente compensi nell’ambito delle procedure di gara da svolgere con il criterio di aggiudicazione dell’offerta qualitativamente migliore in base al rapporto qualità/prezzo.

Ciò in quanto la legge sul c.d. “equo compenso” ha stabilito che al professionista intellettuale, all’esito della gara o dell’affidamento, deve essere riconosciuto un corrispettivo proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, presumendo tale equità qualora il corrispettivo venga determinato ai sensi dei decreti ministeriali adottati in base all’art. 9 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1.

Al tempo stesso, la legge n. 49/2023 ha previsto la nullità delle clausole che non prevedano un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, in quanto inferiore agli importi fissati dai parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini, consentendo soltanto al professionista di far valere tale nullità dinnanzi al giudice ordinario.

A sostegno della tesi della nullità delle clausole in contrasto con il principio dell’equo compenso, il TAR Veneto richiama anche la delibera ANAC n. 343 del 20.7.2023, resa in sede di precontenzioso.

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