Dall’incidente ferroviario di Brandizzo alla reintroduzione dei subappalti a cascata: alcune considerazioni
Il recente incidente ferroviario di Brandizzo ha sollevato qualche polemica nel panorama politico nazionale in relazione alla recente reintroduzione dei cd. subappalti a cascata nel novellato codice dei contratti pubblici. Fuori da ogni commento politico, proponiamo ora una breve disanima dell’istituto giuridico del subappalto.
Che cos’è il subappalto?
L’istituto del subappalto disciplina le ipotesi in cui, a fronte di un originario contratto di appalto, l’appaltatore affida ad un terzo (il subappaltatore) l’esecuzione dell’opera o del servizio, al primo direttamente ordinata dal committente in virtù del contratto di appalto.
E così, ad esempio, si potrà avere un’ipotesi di subappalto allorquando l’appaltatore, non potendo eseguire tutte le opere commissionate, decida di affidarne la realizzazione a terzi.
Nonostante la disciplina del subappalto derivi direttamente dal codice civile, in relazione alla contrattualistica pubblica si individua un regime peculiare di limiti e vincoli per il ricorso a tale istituto.
Nel nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023) il subappalto è disciplinato all’art. 119, riprendendo il precedente quadro normativo particolare quanto alla soppressione dei limiti quantitativi al subappalto (non potendosi comunque affidare a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto) ed al rispetto da parte del subappaltatore dell’obbligo di indicare una terna di nominativi di sub-appaltatori in fase di aggiudicazione e di offerta.
La previsione del subappalto a cascata
La principale novità del testo, tuttavia, attiene all’introduzione del c.d. subappalto a cascata che si verifica quando l’esecuzione delle prestazioni affidate in subappalto è oggetto di ulteriore subappalto. Tale introduzione si deve all’aperture di una procedura di infrazione a carico dell’Italia per l’imposizione in capo ai subappaltatori di un divieto generale e universale di fare a loro volta ricorso ad altri subappaltatori, così violando i principi di proporzionalità e parità di trattamento. Principi, questi, già espressi dalla Corte di Giustizia (ad esempio, con la sentenza CGUE, Sez. V, 26/9/2019, C63/2018), per cui non possono porsi limiti generali al subappalto, indipendentemente dalla tipologia di prestazione.
Il divieto previgente relativo al subappalto a cascata è venuto meno, come si diceva, in ragione del contrasto con i principi europei applicabili in materia in forza delle direttive di riferimento. La Corte di Giustizia, infatti, ha ritenuto illegittimo l’art. 105 del codice previgente (d.lgs. n. 50/2016) nella misura in cui prevedeva un limite fisso del 30% alla soglia quantitativa percentuale di lavori, servizi o forniture subappaltabili senza alcuna valutazione in ordine all’oggetto e al valore del contratto e all’essenzialità delle sue prestazioni. Né le finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, addotte dal legislatore nazionale a giustificazione del limite al subappalto, potevano legittimare l’applicazione indiscriminata e generalizzata di una tale restrizione.
Ad oggi, tuttavia, per effetto dell’entrata in vigore del nuovo codice, spetta alle stazioni appaltanti l’indicazione di quelle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto che, pur subappaltabili, non possono formare oggetto di ulteriore subappalto. Tale divieto puntuale dovrà essere motivato in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto ovvero dell’esigenza, tenuto conto della natura o della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e piu’ in generale dei luoghi di lavoro o di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori ovvero, ancora, di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali.
Oggi, dunque, il subappalto a cascata sembra la regola: sarà l’amministrazione a vietarlo con adeguata motivazione nella lex specialis di gara.
Il protocollo ANCE
Un possibile scudo contro un eccessivo ricorso all’istituto del subappalto a cascata potrebbe essere il protocollo tra Ministero dell’Interno e ANCE del 4 agosto 2021. Si tratta di un protocollo utile per “rafforzare la prevenzione dei tentativi di infiltrazione criminale nei rapporti fra privati, nei contratti tra le imprese associate e la loro filiera, fornitori e subappaltatori, elevando il livello di attenzione sulle attività maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa” come indicato da Regina De Albertis, Presidente di ANCE. Tra le altre cose, la sottoscrizione del protocollo consente l’accesso alla Banca Dati Nazionale Unica Antimafia per ottenere la documentazione antimafia e altri elementi utili per comprendere la serietà delle imprese coinvolte.

