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Abuso d’ufficio: ANAC contraria all’abrogazione

Le osservazioni del Presidente ANAC alle proposte di legge su abuso di ufficio e traffico di influenze illecite
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Abuso d’ufficio: ANAC contraria all’abrogazione

Per l’Autorità Anticorruzione l’abuso di ufficio va definito meglio, ma non cancellato. Le osservazioni del Presidente ANAC, consegnate alla II Commissione Giustizia della Camera dei deputati lo scorso 6 giugno, mettono in guardia dai rischi che possono conseguire all’abolizione del reato, tanto auspicata per rimediare all’effetto paralizzante dell’ “amministrazione difensiva”. E’ vero che la cautela estrema dei funzionari fino alla paresi decisionale, è dovuta in parte dai confini indeterminati della formulazione dell’art. 323 c.p., cui non hanno rimediato le tante Riforme nel corso degli anni. Ma per il Presidente Busia, abrogare del tutto il reato finirà per creare un vuoto normativo foriero di ulteriori pericoli.

Le norme internazionali

L’abrogazione del reato di abuso di ufficio, osserva il Presidente ANAC, porrebbe il nostro Paese in contrasto con gli obblighi internazionali assunti in svariate fonti sovranazionali ed in particolare con:

  • La Convenzione sulla corruzione del Consiglio d’Europa del 1999 ratificata dall’Italia nel 2012 (L. 110/2012) adotta una nozione ampia di “corruzione passiva di pubblici ufficiali nazionali”, impegnando gli Stati ad adottare idonee misure per impedire “il fatto di sollecitare o di ricevere direttamente o indirettamente, qualsiasi vantaggio indebito, per sé o per terzi, o di accettarne l’offerta o la promessa, allo scopo di compiere o astenersi dal compiere un atto nell’esercizio delle proprie funzioni”. Allo stesso tempo la Convenzione chiede agli Stati di prevedere le necessarie misure per definire reati penali i fatti di “traffico d’influenza”, intenzionalmente commessi. L’obbligo di penalizzazione nella Convenzione riguarda solo il traffico di influenze illecite.
  • La Convenzione ONU di Merida del 2003 contro la Corruzione, ratificata nel 2009 dall’Italia (L. 116/2009) prevede espressamente che gli Stati conferiscano il carattere di illecito penale ai fatti intenzionali di abuso di ufficio.
  • La direttiva sulla lotta contro la corruzione, presentata dopo il Qatargate, lo scorso 3 maggio, che mette in evidenza l’insufficienza degli strumenti normativi degli STati membri per fronteggiare il fenomeno della corruzione.

All’art. 10 la Direttiva punisce espressamente la fattispecie di traffico di influenze, che ricomprende la promessa offerta o concessione, direttamente o per interposta persona di un indebito vantaggio di qualsiasi natura a una persona o terzi, perché tale persona eserciti un’influenza, reale o presunta, al fine di ottenere un indebito vantaggio da un pubblico ufficiale, e la condotta di richiedere o ottenere direttamente o per interposta persona un indebito vantaggio per l’esercizio di un’influenza per ottenere un indebito vantaggio da un pubblico ufficiale. Il rigore della direttiva si spinge al punto di rendere punibile il fatto, ritenendo irrilevante che l’influenza sia o meno esercitata e conduca o meno ai risultati voluti.

L’art. 11 della stessa direttiva punisce l’abuso di funzione, inteso come compimento od omissione di un atto in violazione di legge, da parte di un pubblico ufficiale, affinché nell’esercizio delle sue funzioni procuri a sé o a un terzo un indebito vantaggio. La norma estende la punibilità al fatto commesso in violazione dei doveri da chi a qualsiasi titolo dirige o lavora per un ente privato nell’ambito di attività economiche, finanziarie imprenditoriali o commerciali.

Le osservazioni del Presidente ANAC sul reato di abuso d’ufficio

Oltre al rischio di violare gli obblighi internazionali, le perplessità dei vertici ANAC si appuntano sulla stessa efficacia della scelta legislativa rispetto all’obiettivo prefisso. “il deficit di fluidità che incide sull’agire amministrativo”, scrive il Presidente Busia, “trova le sue radici in una serie di concause, non soltanto collegate alla fattispecie penale, e pertanto l’intervento legislativo potrebbe esercitarsi anche rispetto a profili di carattere organizzativo e strutturale dell’apparato amministrativo”, per agevolare il massimo dell’efficienza e della consapevolezza del personale, troppo spesso non qualificato.

Infine, abrogare il reato di abuso di ufficio finirebbe, secondo ANAC, per esporre il funzionario pubblico al rischio di incriminazione per fattispecie più gravi, in assenza di una norma idonea a sanzionare penalmente condotte di mal-administration o di collusione con interessi privati non punite da altre norme.

Lo stesso ragionamento vale pressappoco per le modifiche al reato di traffico di influenze illecite. Nonostante la proposta normativa restringa l’ambito applicativo del reato alle sole ipotesi di utilità patrimoniali, resterebbe il contrasto con la Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa e con la proposta di Direttiva UE del 3 maggio scorso, che trovano applicazione anche nelle ipotesi di non patrimonialità del vantaggio. La scelta creerebbe poi disarmonia rispetto ad altre ipotesi di reato come corruzione e concussione che sanzionano anche i fatti finalizzati a conseguire utilità non patrimoniali.

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