Nell’immaginario comune la sostenibilità è un bene immateriale, un principio filosofico, impossibile da misurare. Al contrario esistono strumenti e criteri precisi per poterla misurare e, quindi, per migliorarne l’applicazione pratica.
Si può misurare la sostenibilità?
Esiste una correlazione fra le performance ambientali e sociali, da un lato, e le performance economico/finanziarie, dall’altro?
Assolutamente sì.
I consumatori (e gli investitori) sono sempre più orientati verso prodotti e servizi sostenibili, esigono trasparenza nelle informazioni, sono sensibili ai comportamenti sostenibili delle aziende sui temi ambientali, sociali e di governance. La sostenibilità, quindi, è ormai un fattore imprescindibile per qualsiasi realtà che proponga prodotti o servizi.
“Se non puoi misurare, non puoi migliorare” diceva William Thomson Kelvin: questo concetto vale anche per la sostenibilità.
E le aziende sono costrette a muoversi di conseguenza: non basta essere una buona azienda per essere sostenibile.
Ma che cos’è la sostenibilità?
E, soprattutto, come misurarla?
Cos’è la sostenibilità?
Cos’è lo sviluppo sostenibile?
Ne è passato di tempo, da quando – era il 1987 – il concetto di sviluppo sostenibile fu coniato nel “rapporto Brundtland” (conosciuto anche come “Our Common Future”).
Allora la Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo (WCED) utilizzò queste parole: «lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri».
A distanza di più di trent’anni, questo concetto, pur essendo sempre valido, si è arricchito.
Se l’ambiente in passato era visto più come un ostacolo allo sviluppo socio-economico, oggi è “soltanto” uno dei tre punti di vista attraverso il quale considerare, analizzare e valutare non “la sostenibilità”, ma “le molteplici sostenibilità”, fra le quali spiccano quella ambientale, quella sociale e quella economica. Tre aspetti imprescindibili e interconnessi, e non più antitetici.
L’impatto su uno di questi aspetti provoca inevitabilmente delle ripercussioni sugli altri due (e non solo).
Cosa succede quando questo impatto riguarda l’ambiente?
I valori della sostenibilità
Valore ambientale (riduzione degli impatti ambientali; conservazione degli equilibri degli ecosistemi; scelta della circular economy).
Valore etico sociale (valorizzazione e crescita personale e professionale delle risorse interne, oltre che del territorio e del contesto all’interno del quale l’azienda si trova ad operare; centralità degli stakeholder).
Valore della governance e della compliance (preparazione e coinvolgimento nel processo di sostenibilità; cultura del diversity management; piano di sostenibilità).
Valore economico (avere una filiera sostenibile; possibilità di accedere a gare pubbliche nazionali e internazionali; aumento della propensione all’acquisto sostenibile).
Valore monetario e finanziario (facilitazioni, agevolazioni e sgravi per l’accesso e le concessioni di crediti; valore dell’azienda all’interno del mercato borsistico (azioni); valutazione e posizionamento nei ranking degli indici sostenibili e inserimento agevolato dell’azienda in investimenti e fondi.
Valore reputazionale (comunicazione del valore della sostenibilità partendo da dati oggettivi: minor rischio di greenwashing; crescita della brand reputation della società).
Il benchmark: Agenda 2030
Per misurare le sostenibilità occorre avere uno o più punti di riferimento, che utilizzino un linguaggio condiviso, riconosciuto e accreditato a livello internazionale, per avere dei parametri minimi differenziati per settore.
Quali sono i riferimenti principali per misurare le sostenibilità? Sono quelli che si sono sviluppati a valle del programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU: l’Agenza 2030 per lo sviluppo sostenibile, che ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi.
Agli SDGs si affiancano gli ESG, acronimo di Environmental, Social, Governance. Si tratta di parametri che vengono utilizzati in ambito economico/finanziario per indicare tutte quelle attività legate all’investimento responsabile (IR) che perseguono gli obiettivi tipici della gestione finanziaria tenendo in considerazione aspetti di natura ambientale, sociale e di governance. Gli ESG sono coerenti e connessi con i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Gli SDGs collegati al rating ESG
I Sustainable Development Goals (SDGs) sono gli obiettivi per il 2030 concordati dagli Stati membri delle Nazioni Unite nell’ambito dell’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile, approvata a settembre 2015.
Lo scopo è affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico e ridurre qualunque forma di povertà o disuguaglianza, garantendo la sostenibilità economica, ambientale e sociale delle comunità umane nel lungo periodo.
Ufficialmente entrati in vigore il 1° gennaio 2016, e sebbene non siano legalmente vincolanti, gli SDGs:
rappresentano una fonte di ispirazione per i programmi e le politiche pubbliche di tutti i Paesi, a prescindere dal livello di sviluppo;
costituiscono un punto di riferimento per gli investitori SRI, i quali possono identificare ex-ante e misurare ex-post l’impatto dei propri investimenti in base ai singoli obiettivi.
Gli obiettivi degli SDGs
I 17 obiettivi degli SDGs
Porre fine a ogni forma di povertà nel mondo
Porre fine alla fame; raggiungere la sicurezza alimentare; migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile
Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età
Fornire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti
Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze
Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie
Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni
Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti
Costruire infrastrutture resilienti e promuovere l’innovazione e una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile
Ridurre le disuguaglianze all’interno e fra le Nazioni
Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili
Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo
Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze
Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile
Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre; gestire sostenibilmente le foreste; contrastare la desertificazione, il degrado del terreno e la perdita di diversità biologica
Promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile; offrire l’accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficaci, responsabili e inclusivi a tutti i livelli
Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile
Environment, Social, Governance: il rating ESG di sostenibilità
Come s’è fatto cenno, l’acronimo ESG sta per Environmental, Social, Governance. E si utilizza in ambito economico/finanziario per indicare tutte quelle attività legate all’investimento responsabile (IR) che perseguono gli obiettivi tipici della gestione finanziaria tenendo in considerazione aspetti di natura ambientale, sociale e di governance, per l’appunto.
Perché è importante investire ESG?
Nell’odierna società, nella quale il peso delle sostenibilità ha un valore essenziale – che tenderà inevitabilmente a crescere con il passare dei mesi e degli anni – focalizzare la propria attenzione esclusivamente sui rendimenti finanziari e i fondamentali di un determinato settore o azienda è ormai diventato un esercizio riduttivo: gli investitori prestano sempre maggiore attenzione ai fattori ESG.
Ovvio che, in questo scenario, integrare nelle analisi i criteri ESG è diventato centrale.
Il rating ESG (o rating di sostenibilità) è un giudizio sintetico che certifica la solidità di un emittente, di un titolo o di un fondo dal punto di vista delle performance ambientali, sociali, e di governance.
Rating ESG in pillole
Il rating ESG in pillole
Caratteristiche: il rating ESG è complementare al rating tradizionale (che tiene in considerazione le sole variabili economico-finanziarie). Lo scopo è quello di aumentare le informazioni disponibili e quindi migliorare le valutazioni e le scelte d’investimento conseguenti.
Da chi viene elaborato?
Da agenzie di rating specializzate nella raccolta e nell’analisi di dati sugli aspetti di sostenibilità dell’attività delle imprese.
Su cosa si basano i processi di elaborazione dei rating ESG?
Sull’analisi di diversi materiali tra cui: informazioni pubbliche, documenti aziendali, dati provenienti da fonti esterne quali autorità di vigilanza, associazioni di categoria, sindacati, ONG, sopralluoghi presso l’azienda, incontri con il management ecc.
Quali sono gli aspetti che normalmente vengono presi in considerazione nel processo di attribuzione del rating ESG?
Sono differenti, in funzione dell’aspetto che di volta in volta viene considerato:
per quanto riguarda la E (environment): la riduzione delle emissioni di CO2, l’efficienza energetica, l’efficienza nell’utilizzo delle risorse naturali, etc.;
in relazione alla S (social): la qualità dell’ambiente di lavoro, le relazioni sindacali, il controllo della catena di fornitura, il rispetto dei diritti umani, etc.;
per la G (governance), in fine: la presenza di consiglieri indipendenti, le politiche di diversità (di genere, etnica, ecc.) nella composizione dei CdA e il diversity management; la remunerazione del top management collegata a obiettivi di sostenibilità, etc…
Criticità: non esiste un metodo univoco per l’elaborazione del voto ESG.
Secondo wallstreetitalia un working paper del Mit Sloan School of Management ha mostrato come “le votazioni di cinque agenzie che forniscono rating Esg (KLD, Sustainalytics, Video-Eiris, Asset4, and RobecoSAM) sono correlate al 61%. Per fare un paragone, i rating sul credito fra Moody’s e S&P risultano correlati al 99%. Una differenza che dimostra come ciascuna componente del giudizio complessivo possa avere un peso specifico diverso a seconda dell’agenzia valutante”.
Quali sono i KPI della sostenibilità aziendale?
In un interessante report redatto da Greentire, in collaborazione con l’Università Bocconi di Milano (“Indicatori di performance per la sostenibilità”), sono stati evidenziati 5 livelli principali di KPI per la sostenibilità aziendale. Lo scopo dei Key Performance Indicators è quello di facilitare la misurazione e l’interpretazione delle azioni del business in termini di impatto economico, sociale e ambientale.
Secondo lo studio, ogni azienda deve essere in grado di analizzare gli elementi che compongono la strategia e riconoscere come questi impattano sulla sostenibilità. Per definire una policy aziendale, infatti, “si deve partire da una mappatura degli aspetti potenziali e attuali legati alla sostenibilità”, una volta individuati i quali si può procedere alla definizione degli obiettivi.
Ma come scegliere gli indicatori per monitorare le prestazioni?
KPI, i cinque livelli
I cinque livelli degli indicatori di sostenibilità
Conformità
Contiene tutti gli indicatori relativi alla conformità dell’azienda alle normative locali, nazionali e internazionali e gli standard di settore.
Effetti
Il livello relativo agli impatti dell’azienda sull’ambiente naturale e umano.
Uso dei materiali e performance
Si riferisce ai risultati dell’azienda in termini energetici e idrici, rifiuti ed emissioni.
Supply chain
In questo livello rientrano gli aspetti che vanno oltre i confini aziendali e che includono la supply chain, la distribuzione, l’uso e lo smaltimento del prodotto. Qualche esempio: la riciclabilità del prodotto, l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile dei fornitori a monte e le emissioni di CO2 derivanti dal trasporto.
Sistema sostenibile
Tutti gli indicatori che misurano la performance in termini di impatto sulla qualità di vita, uso delle risorse idriche in base al grado di rigenerazione del territorio. Questi KPI sono difficilmente individuabili a livello aziendale ed è per questo che sono emanati a livello nazionale o internazionale.
Con quale criterio scegliere gli indicatori?
Facilità e comprensibilità (deve essere immediatamente comprensibile per evitare interpretazioni errate)
Significatività (deve identificare spazi e opportunità di miglioramento e bilanciare tecnicismi e informazioni generiche)
Comprensività (deve coprire tutti i principali aspetti e impatti significativi)
Gestibilità e comparabilità (le evoluzioni nella performance rilevate dagli indicatori dovrebbero essere valutate assicurando la comparabilità e la replicabilità dei risultati)
Controllabilità (consiste nella capacità del management di influenzare un indicatore con le proprie azioni mostrando in maniera evidente i progressi ottenuti).
Continuità (l’indicatore deve poter essere continuamente aggiornato e monitorato.
Efficienza (l’indicatore deve essere di per sé efficiente, senza elementi superflui e passaggi che rallenterebbero il suo impatto).
Pubblicato sul sito web del MASE, il Sesto Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia, redatto dal Comitato per il Capitale Naturale (CCN)...