Country Report 2025: tra progressi e ritardi, l’Italia alla prova delle riforme ambientali

A giugno 2025 la Commissione europea ha diffuso il Country Report, ossia il pacchetto di primavera del semestre europeo 2025, definendo le principali priorità economiche e sociali che l’Unione è chiamata ad affrontare. Si tratta di indicazioni strategiche agli Stati membri per consolidare la resilienza, la competitività e la crescita sostenibile dell’economia europea.
L’iniziativa è strettamente legata alla Bussola della Competitività, il piano strategico quinquennale dell’UE per rafforzare il suo ruolo nel contesto mondiale.
Semestre europeo 2025: l’UE definisce la rotta tra crescita e transizione ecologica
Il Pacchetto di primavera è una delle fasi centrali del semestre europeo, il ciclo annuale di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio tra gli Stati membri dell’UE. Viene pubblicato ogni anno a maggio dalla Commissione europea, e contiene le raccomandazioni specifiche per Paese (CSR), che offrono a ciascun governo indicazioni personalizzate su riforme economiche, sociali, fiscali e ambientali da attuare nel breve e medio periodo. Dopo la pubblicazione, il Consiglio dell’UE discute e adotta formalmente le raccomandazioni a luglio. Da quel momento inizia il cosiddetto “semestre nazionale”, durante il quale i singoli Stati integrano queste raccomandazioni nei propri programmi di riforma e nei bilanci per l’anno successivo. La Commissione monitora poi i progressi di attuazione e, in caso di scostamenti significativi, ne tiene conto nelle valutazioni successive, a partire dal Pacchetto d’autunno (novembre), che apre un nuovo ciclo del semestre. |
Il Country Report 2025 riconosce all’Italia alcuni progressi significativi compiuti negli ultimi anni. Grazie al PNRR e a fondi europei come REPowerEU e STEP sono stati avviati investimenti in tecnologie pulite, incluso lo sviluppo di progetti sull’idrogeno verde. L’Italia, inoltre, può contare su una posizione relativamente avanzata nell’economia circolare, con tassi di riutilizzo e riciclo tra i più alti in Europa.
Sono segnali incoraggianti che mostrano un orientamento strategico verso la sostenibilità.
Tuttavia, la Commissione segnala anche criticità importanti.
Il Country Report 2025 e le criticità di merito, segnalate dalla Commissione
Innanzitutto, manca ancora una strategia nazionale chiara e coordinata per la decarbonizzazione dei settori industriali più energivori, come l’acciaio, il cemento o la chimica. Gli interventi messi in campo sono considerati frammentati e insufficientemente mirati a guidare la transizione nei comparti ad alta intensità di emissioni.
L’Italia, inoltre, continua ad avere prezzi dell’elettricità tra i più alti dell’Unione Europea, un fattore che incide negativamente sulla competitività, in particolare delle PMI.
Le cause principali individuate dalla Commissione sono gli oneri fiscali e parafiscali elevati, la limitata diffusione dei contratti a lungo termine (PPA) e i ritardi negli investimenti infrastrutturali, soprattutto in rete elettrica e sistemi di accumulo. |
Infine, si registra un rallentamento nell’espansione delle fonti rinnovabili, causato principalmente da procedure autorizzative complesse e da una mancanza di meccanismi di sostegno stabili.
Le raccomandazioni comunitarie
Nel suo Country Report 2025 – Italy, la Commissione europea dedica un’attenzione particolare alla dimensione ambientale della crescita, sottolineando come la transizione ecologica rappresenti non solo una sfida climatica, ma anche un passaggio strategico per la competitività e la resilienza del Paese.
Le raccomandazioni rivolte all’Italia delineano un percorso di riforme e investimenti che intreccia politiche energetiche, industriali e fiscali, con l’obiettivo di accelerare la decarbonizzazione e rendere strutturale la sostenibilità economica e sociale.
Country Report 2025: come deve muoversi l’Italia
In questa prospettiva, Bruxelles individua una serie di ambiti nei quali l’Italia è chiamata a intervenire con maggiore decisione, fornendo indicazioni puntuali su energia, industria, fiscalità e adattamento climatico, per orientare in modo più coerente la transizione verde nazionale.
Area tematica | Raccomandazione principale |
Energie rinnovabili | Aumentare la quota di rinnovabili nel mix energetico, semplificare le autorizzazioni e investire nella rete elettrica e nei sistemi di accumulo. |
Prezzi dell’energia | Ridurre oneri e tasse non recuperabili in bolletta, promuovere i PPA (Power Purchase Agreements) e migliorare la stabilità dei prezzi. |
Decarbonizzazione industriale | Incentivare investimenti per l’efficienza energetica, l’elettrificazione e l’uso di tecnologie pulite nei processi produttivi. |
Autonomia strategica | Potenziare il recupero e riciclo delle materie prime critiche, sviluppare impianti RAEE e favorire l’urban mining. |
Adattamento climatico | Rendere operativo il PNACC, rafforzare la governance e superare la frammentazione degli interventi per la gestione del rischio climatico. |
Economia circolare | Investire in tecnologie di riutilizzo e recupero materiali, promuovere modelli produttivi circolari a livello nazionale e regionale. |
Fiscalità ambientale | Eliminare gradualmente i sussidi ambientalmente dannosi (SAD), riallineare accise su diesel e introdurre imposte coerenti col principio “chi inquina paga”. |
Assicurazione rischio climatico | Ridurre il gap assicurativo contro eventi meteo estremi, estendendo la copertura a imprese e famiglie vulnerabili. |
Programmi UE – STEP & REPowerEU | Accelerare l’impiego dei fondi UE per filiere strategiche: energie pulite, batterie, idrogeno, microelettronica, pompe di calore e digitalizzazione dei consumi. |
Italia tra progressi e marce indietro
Non è questa la sede per affrontare nel dettaglio le misure adottate, adottande o futuribili che l’Italia ha messo in campo dopo la pubblicazione del Country Report 2025.
Ciò che, tuttavia, emerge con chiarezza, dalla lettura sistemica e storica dell’atteggiamento italiano verso la transizione ecologica, è una certa tendenza a procedere per spinte e arretramenti, alternando fasi di slancio normativo a momenti di stallo operativo.
Le “strategie ambientali”, infatti, nascono spesso in risposta a sollecitazioni esterne (europee o emergenziali) più che da una pianificazione interna stabile e coerente. È su questo piano, strutturale e culturale, che si collocano le criticità che ancora oggi rallentano la capacità del Paese di tradurre obiettivi e principi in risultati misurabili.
Le criticità di sistema
Uno dei nodi principali resta il gap assicurativo contro gli eventi climatici estremi. L’Italia registra uno dei tassi di copertura più bassi d’Europa (appena il 4% contro una media del 19%) con un impatto diretto sulla produttività delle PMI e sulla resilienza territoriale. La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto un obbligo progressivo di assicurazione per le imprese, ma mancano ancora misure analoghe per le famiglie e strumenti capaci di rendere strutturale la protezione dal rischio climatico.
Un altro nodo riguarda i sussidi ambientalmente dannosi (SAD), la cui eliminazione progressiva è raccomandata da anni dalla Commissione europea. La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto solo un primo, limitato intervento sull’accisa del diesel, mentre la riforma organica resta ferma alla bozza della legge delega ambientale. La rimozione dei SAD rimane, per ora, un obiettivo dichiarato più che una realtà operativa.
Anche sul fronte dell’economia circolare permangono limiti strutturali. I progetti avviati su RAEE e materie prime critiche rappresentano passi importanti, ma mancano una strategia nazionale aggiornata e un coordinamento stabile tra politiche industriali, fiscali e formative.
Adattamento climatico e sostegno alla transizione sono parziali
Analoga frammentazione si riscontra nell’adattamento climatico: nonostante l’operatività del PNACC e l’attivazione dell’Osservatorio nazionale, la governance multilivello resta debole e disomogenea.
Infine, il sostegno alla transizione verde delle PMI rimane parziale: il decreto energia ha introdotto alcune misure per le imprese energivore, ma l’assenza di una strategia industriale strutturata (con strumenti di formazione, credito verde e assistenza tecnica) continua a frenare la capacità del sistema produttivo di accompagnare la transizione.
Il vero compito per l’Italia dal Country Report 2025
In fondo, è questa la costante che attraversa l’intero quadro: l’Italia tende a muoversi più per reazione che per visione, affrontando la transizione ecologica come un insieme di urgenze più che come una politica integrata.
Finché non riuscirà a trasformare la gestione del rischio in pianificazione e la risposta normativa in direzione strategica, la sostenibilità resterà un traguardo dichiarato più che una realtà compiuta.