Inquinamento

Gestione amianto: dall’INAIL due fact sheet per sicurezza e caratterizzazione

Pubblicate dall’Istituto due schede informative con misure di prevenzione e protezione da adottare nei siti contaminati da amianto e le nuove tecnologie per il riconoscimento e la caratterizzazione dei MCA
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Gestione amianto: dall’INAIL due fact sheet per sicurezza e caratterizzazione

Ricerca e innovazione tecnologica finalizzate alla tutela del lavoratore e degli ambienti di vita”. Queste le attività promosse dall’INAIL nella complessa gestione della tematica amianto ed alle quali dedica le due schede informative realizzate dal Dipartimento innovazioni tecnologiche (Dit) disponibili sul portale istituzionale inerenti le misure di prevenzione e protezione da adottare nei siti inquinati e le nuove modalità per il riconoscimento e la caratterizzazione di materiali contenenti amianto (MCA) mediante l’impiego di tecnologie innovative, non invasive e non distruttive.

Rivediamo, qualora ce ne fosse bisogno, cos’è l’amianto e perché è ritenuto tanto pericoloso.

L’amianto ed i pericoli per la salute dell’uomo

L’amianto (o asbesto) è un materiale fibroso, costituito da fibre minerali naturali appartenenti ai silicati e alle serie mineralogiche del serpentino (crisotilo o amianto bianco) e degli anfiboli (crocidolite o amianto blu) e fibre artificiali, tra le quali la lana di vetro, la lana di roccia ed altri materiali affini.

Con caratteristiche interessanti per l’industria, avendo basso costo ed essendo flessibile, fonoassorbente e resistente alle temperature elevate, all’azione degli agenti chimici ed all’azione meccanica, l’amianto, sin dai tempi antichi, è stato un materiale largamente utilizzato per la realizzazione di prodotti sia di uso industriale che civile, salendo in cima alla classifica dei materiali più diffusi nell’edilizia in Italia tra il 1965 ed il 1983, anno in cui il suo impiego inizia gradualmente a diminuire sino agli anni ’90, nei quali venne venne del tutto proibito a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 257 del 1992 recante le “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”.

L’inalazione delle fibre di amianto

Studi epidemiologici hanno infatti confermato che l’inalazione di fibre di amianto potenzialmente respirabili rilasciate dai materiali che lo contengono, causa l’instaurazione di meccanismi patogeni di natura irritativa, degenerativa e cancerogena prevalentemente a carico dell’apparato respiratorio, portando nella maggior parte dei casi, alla contrazione di gravi patologie quali:

  • L’asbestosi: processo degenerativo polmonare con formazione di cicatrici fibrose sempre più estese, che provocano ispessimento e indurimento del tessuto polmonare (fibrosi interstiziale progressiva), con conseguente riduzione dello scambio di ossigeno fra aria inspirata e sangue, che determina nel tempo una grave insufficienza respiratoria;
  • Il cancro (o carcinoma) polmonare: presenta una latenza di 15-20 anni dal momento dell’esposizione ed anche per questa patologia è stata riscontrata una stretta relazione con la quantità di asbesto inalata;
  • Il mesotelioma pleurico-peritoneale: tumore maligno che interessa le membrane sierose di rivestimento dei polmoni (pleura) e degli organi addominali (peritoneo): è causato tipicamente da esposizione ad amianto e si manifesta anche dopo 25-40 anni dall’esposizione. Allo stato delle conoscenze scientifiche;
  • placche pleuriche: ispessimenti del tessuto connettivo della pleura polmonare, talora calcificati, che si verificano anche a basse dosi;
  • altre neoplasie: l’esposizione ad amianto è associata anche a tumori del tratto gastro-intestinale e della laringe.

Malattie amianto correlate queste, che nel contesto nazionale dichiarano un’emergenza non solo sanitaria e giudiziaria, ma anche sociale ed economica, dato che sono spesso invalidanti e portano il malato ad avere necessità per anni di assistenza, terapie e cure costose.

Un tema da tempo dibattuto, indiscutibilmente attuale e sul quale l’INAIL sta investendo capacità e risorse in ricerca e innovazione tecnologica sviluppando nuove metodiche per la il riconoscimento e la caratterizzazione dei materiali contenenti amianto, nuovi DPI dotati di visori in realtà aumentata e prototipi strumentali ad alta tecnologia al fine di tutelare il lavoratore e gli ambienti di vita.

A questo link  i rischi associati all’inalazione di fibre di amianto

I siti contaminati secondo INAIL

Il rilevamento di siti contaminati da amianto sia in ambienti antropizzati che naturali, e l’individuazione di misure per il contenimento dei rischi correlati al fine di proteggere i lavoratori e salvaguardare le comunità in essi residenti, le tematiche principali sulle quali si è basata l’attività di ricerca del Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti e Insediamenti Antropici  (DITSPIA) dell’INAIL in collaborazione con Università, Centri di Ricerca e P.P.A.A..

Attività sulle quali l’Istituto è da tempo impegnato e che negli anni ha portato questo, all’elaborazione di numerosi documenti tecnici di riferimento, all’avvio di attività di informazione e formazione per la cittadinanza e per gli operatori del settore ed all’elaborazione di oltre 400 complesse consulenze tecnico-scientifiche per le P.P.A.A. inerenti le procedure di messa in sicurezza di emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati da tale pericoloso ed onnipresente inquinante.

Un materiale ancora presente in Italia

Studi scientifici, hanno infatti evidenziano che circa il 3% del territorio nazionale è altamente contaminato da sostanze pericolose per l’uomo e per l’ambiente. Una malgradita eredità lasciataci dal passato, frutto dell’inarrestabile estrazione ed importazione di amianto grezzo in Italia (3.800.000 t di amianto grezzo estratto in Italia e 1.900.000 t di amianto grezzo importate da altri Stati) e l’altrettanta produzione di Materiali Contenenti Amianto in stabilimenti industriali disseminati su tutta la penisola.

Una vera e propria emergenza ambientale, che ha portato il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), a realizzare, ai sensi della L. n. 101/03 e relativo Decreto applicativo 18/03/2001 una banca dati specificatamente dedicata all’amianto e che, pur essendo continuamente in aggiornamento, ha già registrato sul territorio nazionale oltre 107.000 siti con presenza di amianto o Mca da bonificare, tra cui 41 Siti di Interesse Nazionale (SIN) e più di 12.000 Siti di Interesse Regionale (SIR).

Le misure di sicurezza INAIL per i lavoratori e per gli ambienti di vita

Nei Siti SIN e SIR, le complesse situazioni operative (ambienti in-door/out-door, ambienti confinati statici/dinamici, presenza di amianto friabile/compatto, ecc.) nelle quali spesso si trovano gli addetti ai lavori ed il costante pericolo che durante gli interventi di riqualificazione dei siti contaminati da amianto, fibre dell’inquinante si disperdano nelle matrici ambientali, richiedono sistematicamente l’adozione di specifiche misure di prevenzione e protezione volte a tutelare i lavoratori e gli ambienti di vita. Ecco quali sono.

Misure di prevenzione

  • La delimitazione dell’intera area oggetto d’intervento su tutti i lati del perimetro con idonea recinzione, per impedire l’accesso ai non addetti ai lavori (far accedere soltanto gli operai addetti alle lavorazioni e gli Enti preposti al controllo);
  • L’affissione di cartellonistica (anti-intrusione, divieto di accesso ai non addetti ai lavori, obbligo di adozione DPI e pericolo di inalazione di fibre pericolose), idonea per dimensione e collazione;
  • L’installazione in ingresso all’area di lavoro, di una Unità di Decontaminazione Personale (UDP), costituita almeno da 4 locali ai sensi del D.M. 06/09/04, predisponendone una anche in prossimità dell’area di lavoro, qualora gli interventi da compiere siano su aree vaste e distanti dall’area d’ingresso al cantiere;
  • Per i SIN, l’impiego di una UDP costituita da 5 locali, a circuito chiuso e unidirezionale;
  • Se le attività dovranno svolgersi in ambiente out-door, la previsione di un punto esterno alla UDP per il lavaggio delle calzature, prima dell’ingresso dell’operatore nel “locale contaminato” della medesima, al fine di ridurre la contaminazione di tale locale;
  • La previsione di specifiche procedure per la pulizia delle UDP a fine giornata lavorativa, curando che il personale addetto a tale pulizia sia debitamente equipaggiato di idonei DPI e formato sulle corrette procedure di utilizzo dei medesimi;
  • Il divieto sia nei Siti SIN che SIR di installare servizi igienici all’interno dell’area di lavoro, all’infuori di quello/i previsto/i nello spogliatoio pulito dell’UDP;
  • Nel caso si operi in ambienti confinati staticamente e dinamicamente, l’installazione di una specifica Unità di Decontaminazione dei Materiali (UDM) almeno a tre stati per la decontaminazione delle attrezzature e materiali, nonché per la fuoriuscita in sicurezza dall’area confinata dei Rifiuti Contenenti Amianto (RCA);
  • Nel caso di interventi su MCA/RCA in ambienti di vita, (rimozione di tubazioni idriche interrate, ecc.) ed ove non è possibile installare una UDP, la previsione di una zona vestizione/svestizione, ove indossare i DPI e poterli depositare esausti in opportuno contenitore chiuso al termine del turno lavorativo;
  • In assenza di UDP, in merito alla corretta svestizione dei DPI, l’applicazione della sequenza di lavaggio e rimozione degli stessi (Step 1. Lavare i calzari in gomma o le scarpe alte antinfortunistiche; Step 2. Rimuovere guanti e tuta; Step 3. Togliere i calzare o le scarpe precedentemente citate; Step 4. Levare la maschera a protezione delle vie aeree);
  • Per la rimozione di amianto in ambienti out-door, la previsione di sistemi di abbattimento delle polveri, soprattutto durante le attività di messa in sicurezza/bonifica (impiego di cannoni nebulizzatori/atomizzatori nell’area in lavorazione; bagnatura di tutta la viabilità interna ai cantieri con nebulizzatori a bassa pressione, spazzatrici a filtri assoluti e/o bagnatura con autobotte ecc.).

Misure di protezione

Si tratta nello specifico dell’utilizzo di:
  • Dispositivi di Protezione Collettiva (DPC) per i lavori di bonifica delle coperture (reti anticaduta, linee vita ecc.);
  • Guanti sigillati con nastro adesivo ai polsini della tuta, tute in tessuto non tessuto di 3° categoria, tipo 4-5 o similari (a perdere) con cappuccio da indossare sotto il casco e cuciture rivestite da nastro adesivo, calzari in gomma o scarpe alte antinfortunistiche idrorepellenti da indossare sotto i calzari e sigillati con nastro isolante;
  • Maschere semi-facciale/pieno facciale con filtro P3 o dispositivi di categoria superiore per gli addetti alle lavorazioni di messa in sicurezza o bonifica;
  • Facciale filtrante (FFP3) o di maschera semi-facciale/pieno facciale con filtro P3 per il personale (trasportatori, organi di controllo, addetti alla manutenzione delle aree verdi, ecc.) la cui attività lavorativa non prevede un contatto diretto con il materiale contaminato;.
Queste misure prevedono anche:
  • la sostituzione dei filtri e la decontaminazione esterna ed interna delle maschere semi-facciali/pieno facciali prima della loro rimozione;
  • lo smaltimento dei filtri esausti come rifiuti contaminati da sostanze pericolosi, collocandoli in una busta chiusa prima del loro smaltimento;
  • l’allocazione di tutti i DPI riutilizzabili negli appositi armadietti dell’UDP a fine turno lavorativo.

L’analisi in microfluorescenza a raggi x (micro-XRF) e l’imaging iperspettrale (HSI) per il riconoscimento e la caratterizzazione di MCA

Un contributo non indifferente quello dell’Istituto per i cittadini e le P.P.A.A.. Un apporto tecnico-scientifico work in progress e sul quale INAIL, con piani di ricerca triennali, bandi specifici, borse di studio e dottorati di ricerca, finanzia non solo la ricerca, ma anche la formazione di personale qualificato.

Ne è un esempio il Piano di Attività di Ricerca 2019-2021, col quale l’Istituto ha avviato attività di ricerca inerenti lo sviluppo di nuovi Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) dotati di visori in realtà aumentata e di prototipi strumentali ad alta tecnologia per il supporto degli operatori in campo e nel quale vi rientra il Bando di ricerca in Collaborazione INAIL col Dipartimento di Ingegneria Chimica Materiali Ambiente (DICMA) dell’Università di Roma “La Sapienza” (BRIC ID 58 – Programma Speciale Amianto) “Riconoscimento e caratterizzazione di materiali contenenti amianto a scala di laboratorio mediante analisi d’immagine iperspettrale e correlazione con le informazioni estraibili da telerilevamento di prossimità e remoto (aereo e satellitare)”.

Grazie a questo bando è stato possibile sviluppare e mettere a punto nuove modalità di riconoscimento e caratterizzazione di Materiali Contenenti Amianto (MCA) mediante l’impiego di tecnologie  innovative, non invasive e non distruttive (analisi in microfluorescenza a raggi X “micro-XRF” e imaging iperspettrale “HSI”).

Identificazione di amianto in matrici compatte mediante l’analisi d’immagine iperspettrale HSI

La caratterizzazione dei MCA mediante HSI avviene mediante l’applicazione di tecniche chemiometriche. L’identificazione della presenza di fasci di fibre di amianto sulla superficie indagata si ottiene confrontando le firme spettrali del campione con quelle dei minerali di amianto puro (crisotilo, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite, antofillite) precedentemente acquisiti come spettri di riferimento noti. Dapprima si effettua un preprocessamento degli ipercubi che consente di evidenziare le differenze spettrali tra i diversi materiali presenti sulla superficie del campione (matrice e fibre di amianto). Successivamente, mediante un’analisi esplorativa in PCA (Principal Component Analysis) si verifica se i MCA sono effettivamente riconoscibili in base alle caratteristiche spettrali rilevate. Infine si applica il modello di classificazione PLS-DA  (Partial Least Square Discriminant Analysis) sviluppato, con il quale si ottengono mappe di predizione in falsi colori dei diversi materiali presenti sulla superfice (matrice e fibre di amianto).

Una serie di utili vantaggi

L’HSI applicata al riconoscimento di MCA offre numerosi vantaggi in quanto non prevede né la preparazione né la distruzione del campione, la cui analisi può avvenire senza contatto diretto, consentendo un maggior livello di sicurezza rispetto a quello necessario con l’uso delle tecniche analitiche classiche (MOCF, SEM, XRD, FTIR) e non richiede la presenza di un operatore esperto una volta sviluppato e messo a punto il modello di classificazione, permettendo così, anche una riduzione dei costi e dei tempi di analisi. L’HSI può quindi rappresentare una potenziale soluzione per la caratterizzazione e classificazione di MCA sia di origine antropica che naturale e, grazie alle continue e costanti implementazioni tecnologiche (sia in termini di sensibilità analitica che di capacità risolutiva), troverà sempre maggiore impiego per analisi in tempo reale con sistemi di scansione miniaturizzati.

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