Affaire amianto: un problema che dura da un’eternit(à)
Inquinamento
Affaire amianto: un problema che dura da un’eternit(à)
A distanza di quasi trent’anni dall’entrata in vigore della normativa sull’amianto, i risvolti giuridici e ambientali delle vicende inerenti l’eternit continuano ad avere importanti conseguenze nell’attualità del Paese
L’amianto (spesso chiamato Eternit dal nome dalla principale industria belga che lavora prodotti contenenti tale sostanza) è un materiale costituito da un gruppo di fibre minerali presenti in natura in alcune tipologie di rocce, le quali, lavorate con particolari processi idrotermali assumono la forma di tale prodotto.
La pericolosità dell’amianto deriva dal fatto che, se contenuto in materiali friabili, in caso di danneggiamenti o a seguito della lunga esposizione ad agenti atmosferici, si possono liberare in aria fibre tossiche se inalate dall’organismo.
La struttura fibrosa particolarmente resistente alle alte temperature, agli agenti chimici, alle pressioni meccaniche ed al fuoco, insieme al costo relativamente contenuto rispetto ad altri materiali, ha fatto dell’asbesto un materiale diffusissimo in edilizia. Ma anche nel settore dei trasporti e dell’industria.
Dal punto di vista giuridico la questione rileva:
sia con riferimento all’iter relativo allo smaltimento delle sostanze tossiche,
sia del nesso di causalità tra esposizione alla sostanza e malattie, con importanti risvolti in materia di responsabilità civile e penale,
sia, infine, sul piano assistenziale e previdenziale, in relazione ai supporti che l’ordinamento offre a chi è esposto alla tossicità della sostanza.
La normativa italiana: qualche cenno generale
La normativa italiana in tema di amianto è tra le più avanzate in Europa, anche a distanza di quasi trent’anni dall’emanazione della legge che stabilisce la cessazione dell’impiego dell’amianto.
La legge n. 257/1992 costituisce la norma-quadro in materia di amianto dettando principi generali in tema di smaltimento a livello nazionale del materiale de quo.
La prima normativa in materia è costituita dalla Legge 27 marzo 1992 n. 257, che ha recepito la direttiva CEE 91/382, vietando l’estrazione, la produzione e la commercializzazione dell’amianto.
In particolare la norma ha:
previsto l’istituzione della Commissione nazionale amianto (art.4);
dettato disposizioni specifiche per il controllo delle imprese impegnate nell’attività di lavorazione, manutenzione, bonifica e smaltimento amianto. Le quali sono tenute ad inviare una relazione tecnica annuale concernente il proprio operato alla regione ed alle unità sanitarie locali di competenza (art 9);
stabilito l’emanazione di disciplinari tecnici per gli interventi di bonifica (art 5-6 e 12). Nonché l’obbligo per ogni Regione (art. 10) di approvare un Piano regionale di protezione dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell’amianto secondo la normativa statale di principio (DPR 8.8.1994).
La legge ha anche offerto forme di sostegno alle imprese coinvolte nella lavorazione dell’amianto stabilendo i criteri generali per il finanziamento delle imprese interessate alla riconversione produttiva e per i benefici previdenziali a favore dei lavoratori occupati alla produzione d’amianto. (art 13-14).
Amianto negli edifici
Il legislatore ha poi cercato di offrire soluzioni al problema dell’amianto negli edifici, con particolare riguardo alle situazioni in cui il materiale si trova in situazioni di particolare rischio con riferimento alla propria friabilità.
La proprietà dell’immobile contenete amianto ha, infatti, l’obbligo di notificare alle USL la presenza del materiale in matrice friabile; le Unità Sanitarie hanno il compito di effettuare l’analisi del rivestimento degli edifici e di istituire un registro con la localizzazione degli edifici con presenza d’amianto friabile.
Gli Enti pubblici hanno inoltre il potere di disporre, quando ritenuto opportuno, la rimozione dei materiali contenenti amianto, con oneri a carico dei proprietari. Le sanzioni per l’inosservanza degli obblighi e dei divieti introdotti dalla legge sono previste all’art. 15 della L. 257/1992.
Il Decreto 6 settembre 1994, in attuazione dell’art. 6 della Legge 257/92, contiene normative e metodologie tecniche riguardanti:
ispezione delle strutture edilizie, il campionamento e l’analisi dei materiali sospetti per l’identificazione dei materiali contenenti amianto;
processo diagnostico per la valutazione del rischio e la scelta dei provvedimenti necessari per il contenimento o l’eliminazione del rischio stesso
controllo dei materiali contenenti amianto e le procedure per le attività di custodia e manutenzione in strutture edilizie contenenti materiali di amianto;
misure di sicurezza per gli interventi di bonifica;
metodologie tecniche per il campionamento e l’analisi delle fibre aerodisperse.
Esclusioni
Sono esclusi dalla normativa:
gli edifici industriali in cui la contaminazione proviene dalla lavorazione dell’amianto o di prodotti che lo contengono (quindi siti industriali dismessi o quelli nei quali è stata effettuata riconversione produttiva)
le altre situazioni in cui l’eventuale inquinamento da amianto è determinato dalla presenza di locali adibiti a stoccaggio di materie prime o manufatti o dalla presenza di depositi di rifiuti.
Campo di applicazione
La normativa si applica a strutture edilizie ad uso civile, commerciale o industriale aperte al pubblico o comunque di utilizzazione collettiva in cui sono in opera manufatti e/o materiali a contenenti amianto dai quali può derivare una esposizione a fibre aerodisperse.
Il documento fa riferimento a due tipi di indicazioni:
“norme prescrittive” che compaiono nel testo in carattere “grassetto”;
“norme indicative”, da intendersi come linee guida non prescrittive che vengono indicate nel testo in carattere “corsivo”.
Tali allegati vanno intesi come indicativi ed eventuali altre tecniche in grado di fornire prestazioni equivalenti in termini di rivelabilità ed accuratezza possono essere utilizzate a meno che nel testo del documento non sia esplicitamente prescritta l’adozione di una specifica metodica.
In allegato al documento sono riportate alcune tecniche analitiche di riferimento per:
la determinazione della concentrazione ponderale di amianto in campioni massivi e
la determinazione della concentrazione di fibre di amianto aerodisperse in ambienti di vita (ambienti indoor).
Il Testo Unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Il D. Lgs n. 81/2008 disciplina organicamente tutta la normativa sull’amianto individuando nel Datore di Lavoro il soggetto che ha l’obbligo di:
accertarsi della presenza di manufatti contenenti amianto quali tubazioni, serbatoi idrici, coperture realizzate con lastre ondulate (etc.);
adoperarsi per l’eliminazione del rischio.
Il T.U., dunque, disciplina in maniera specifica l’ipotesi lavoratori addetti a manutenzione, rimozione, smaltimento dell’amianto, mentre per i lavoratori che operino all’interno di strutture contenenti amianto, ma che non siano chiamati a intervenire direttamente sullo stesso, si applica, in via residuale, la Legge 27 marzo 1992, n. 257.
Campo di applicazione: tutte le rimanenti attività lavorative che possono comportare, per i lavoratori, un’esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica delle aree interessate.
Il datore di lavoro ha una serie di obblighi, in materia:
il primo riguarda l’individuazione della presenza di amianto.
Prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione, il datore di lavoro adotta, anche chiedendo informazioni ai proprietari dei locali, ogni misura necessaria volta ad individuare la presenza di materiali a potenziale contenuto d’amianto (e se vi è il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un materiale o in una costruzione, si applicano le disposizioni del T.U.);
il secondo valutazione del rischio, nella quale il datore di lavoro deve valutare i rischi dovuti alla polvere proveniente dall’amianto e dai materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il grado dell’esposizione e le misure preventive e protettive da attuare (le attività conseguenti sono funzionali all’esito di tale valutazione);
quindi la notifica preliminare alle tipologie di lavori rientranti nel campo di applicazione della normativa;
a seguire, l’adozione di misure di prevenzione e protezione:
il numero di lavoratori deve essere il più basso possibile;
utilizzo di specifici DPPI;
adeguati periodi di riposo;
concezione dei processi lavorativi in maniera tale da evitare di produrre polvere di amianto;
regolare pulizia dei locali e delle attrezzature per il trattamento dell’amianto;
stoccaggio e trasporto in appositi imballaggi chiusi;
raccolta tempestiva,
e di misure igieniche:
chiara delimitazione dei luoghi di lavoro ed accessibilità esclusiva ai lavoratori che vi debbano accedere a motivo del loro lavoro o della loro funzione;
divieto di fumare;
predisposizioni di aree speciali che consentano ai lavoratori di mangiare e bere senza rischio di contaminazione da polvere di amianto;
messa a disposizione dei lavoratori adeguati indumenti di lavoro o adeguati dispositivi di protezione individuale, che devono restare all’interno dell’impresa e devono essere riposti in un luogo separato da quello destinato agli abiti civili);
impianti sanitari adeguati, provvisti di docce, in caso di operazioni in ambienti polverosi;
custodia dell’equipaggiamento protettivo in locali a tale scopo destinati e controllato e pulito dopo ogni utilizzazione;
gli obblighi comprendono, infine, anche:
l’effettuazione periodica della misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell’aria del luogo di lavoro;
l’adozione di particolari ed adeguate misure per la protezione dei lavoratori impiegati in particolari operazioni lavorative;
gli obblighi informativi e formativi dei lavoratori;
la sorveglianza sanitaria.
Contenuti della notifica
La notifica comprende almeno una descrizione sintetica dei seguenti elementi:
ubicazione del cantiere;
tipi e quantitativi di amianto manipolati;
attività e procedimenti applicati;
numero di lavoratori interessati;
data di inizio dei lavori e relativa durata;
misure adottate per limitare l’esposizione dei lavoratori all’amianto.
Le informazioni devono riguardare:
i rischi per la salute dovuti all’esposizione alla polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto;
le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa la necessità di non fumare;
le modalità di pulitura e di uso degli indumenti protettivi e dei dispositivi di protezione individuale;
le misure di precauzione particolari da prendere nel ridurre al minimo l’esposizione;
l’esistenza del valore limite e la necessità del monitoraggio ambientale.
La formazione deve riguardare:
le proprietà dell’amianto e i suoi effetti sulla salute, incluso l’effetto sinergico del tabagismo;
i tipi di prodotti o materiali che possono contenere amianto;
le operazioni che possono comportare un’esposizione all’amianto e l’importanza dei controlli preventivi per ridurre al minimo tale esposizione;
le procedure di lavoro sicure, i controlli e le attrezzature di protezione;
la funzione, la scelta, la selezione, i limiti e la corretta utilizzazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
le procedure di emergenza;
le procedure di decontaminazione;
l’eliminazione dei rifiuti;
la necessità della sorveglianza medica.
L’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali
I soggetti che rimuovono manufatti contenenti amianto devono essere iscritti alla categoria n. 10 dell’ANGA, l’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali.
La categoria 10 è diventata operativa il 14.4.2004, a seguito della pubblicazione del D.M. Ambiente 5.2.2004 inerente alle relative garanzie finanziarie da versare a favore dello Stato.
I requisiti e i criteri per l’iscrizione sono stati stabiliti con la delibera n. 1 del 30.3.2004 del Comitato Nazionale.
Il Comitato Nazionale, con la delibera n. 1 del 30.3.2004, ha ripartito le attività della categoria 10 in due “sottocategorie” 10A e 10B in relazione al diverso grado di pericolosità per ambiente e salute dell’uomo dei vari tipi di materiali contenenti amianto e alla diversa complessità dei relativi interventi di bonifica:
10A – attività di bonifica di beni contenenti amianto effettuata sui seguenti materiali: materiali edili contenenti amianto legato in matrici cementizie o resinoidi (si tratta per lo più del cemento amianto, meglio conosciuto come Eternit, es. le lastre di coperture dei tetti, tubature dell’acquedotto)
10B – attività di bonifica di beni contenenti amianto effettuata sui seguenti materiali: materiali d’attrito, materiali isolanti (pannelli, coppelle, carte e cartoni, tessili, materiali spruzzati, stucchi, smalti, bitumi, colle, guarnizioni, altri materiali isolanti), contenitori a pressione, apparecchiature fuori uso, altri materiali incoerenti contenenti amianto.
La categoria 10 è suddivisa in classi in funzione dell’importo complessivo dei lavori di bonifica cantierabili.
Altra normativa di dettaglio
D.Lgs n. 36/2003
Detta i criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, comprese quindi le discariche di rifiuti speciali da amianto ai sensi della direttiva 1999/31/CE
DM n. 101/2003
Definisce il regolamento per la mappatura delle zone da bonificare dalla presenza di amianto
Decreto n. 248/2004
Disciplina le attività di recupero dei prodotti contenenti amianto
D.L. 17 ottobre 2016, n. 189 (convertito, con modificazioni dalla L. 229/16)
Contiene disposizioni attinenti alla gestione delle macerie del sisma 2016, contenenti amianto
Qualche spunto giurisprudenziale: le responsabilità
L’affaire amianto riguarda pressoché tutti i settori del diritto, coinvolgendo le giurisdizioni civile, penale ed amministrativa, tutte chiamate ad offrire soluzione alle problematiche relative all’impatto dell’asbesto sulla salute dei cittadini e dell’ambiente.
In tema di responsabilità penale è stato recentemente affermato che, a prescindere dall’individuazione del soggetto a cui spetta l’onere di smaltire i rifiuti contenenti amianto o attivare le procedure previste in materia, risponde del reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. 152/2006 (gestione non autorizzata di rifiuti) il legale rappresentate della società appaltatrice che abbia abbandonato o depositato in modo incontrollato rifiuti speciali pericolosi.
Se viene accertato che il danno è stato causato dalla nocività dell’attività lavorativa per esposizione all’amianto, è onere del datore di lavoro provare di avere adottato, pur in difetto di una specifica disposizione preventiva, le misure generiche di prudenza necessarie alla tutela della salute dal rischio espositivo secondo le conoscenze del tempo di insorgenza della malattia, essendo irrilevante la circostanza che il rapporto di lavoro si sia svolto in epoca antecedente all’introduzione di specifiche norme per il trattamento dei materiali contenenti amianto.
Dal punto di vista civile, la giurisprudenza ha affermato che la responsabilità dell’imprenditore non è circoscritta alla violazione di regole d’esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, comprendendo anche l’omessa predisposizione di tutte le misure e cautele atte a preservare l’integrità psicofisica del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della maggiore o minore possibilità di indagare sull’esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico.
In base a tale principio le cause concorrenti, sufficienti, da sole, a determinare l’evento, costituiscono tutte causa dello stesso, per cui, al fine di ritenere sussistente il nesso di causalità, è sufficiente che l’agente abbia realizzato una condizione qualsiasi dell’evento
Quanto alla presenza di concause è stato affermato che il decesso per malattia professionale (ad esempio, un carcinoma polmonare dovuto alla prolungata esposizione all’amianto e agli idrocarburi), può essere dichiarato nonostante la presenza di una concausa quale il tabagismo, in virtù del principio di “equivalenza delle cause”, nozione di matrice penalistica che trova puntuale applicazione anche nel processo civile.
Dal punto di vista amministrativo, infine, nell’ottica di una maggiore responsabilizzazione pubblica in materia di tutela ambientale, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto di allargare il novero dei soggetti destinatari delle ordinanze sindacali contingibili e d’urgenza in materia di igiene e sanità pubblica, adottate a fronte del rischio di dispersione dell’amianto nell’ambiente.
Focus: la “sentenza Eternit”
Uno dei più importanti casi giurisprudenziali in Italia sul tema amianto è sicuramente quello dell’Eternit.
Dopo le severe condanne pronunciate in primo e in secondo grado dai giudici torinesi la Corte di Cassazione con la sentenza della sez. I, 19 novembre 2014 (dep. 23 febbraio 2015), n. 7941 ha dichiarato la prescrizione (e conseguente estinzione) del reato di cui all’art. 434 cod. pen. (crollo di costruzioni o altri disastri) maturata anteriormente alla sentenza di primo grado.
Punto focale della motivazione della sentenza sta quindi nell’individuazione del momento in cui il reato di disastro si consuma, e per l’effetto inizia a decorrerne il termine di prescrizione.
I giudici di legittimità hanno affermato che: “nel caso in esame la consumazione del reato di disastro non può considerarsi protratta oltre il momento in cui ebbero fine le immissioni delle polveri e dei residui della lavorazione dell’amianto prodotti dagli stabilimenti della cui gestione è attribuita la responsabilità all’imputato: non oltre, perciò, il mese di giugno dell’anno 1986, in cui venne dichiarato il fallimento delle società del gruppo“.
Il termine di prescrizione del delitto ex art. 434 c.p. – pari nel massimo a 15 anni, se si computano anche gli atti interruttivi – aveva dunque iniziato a decorrere nel 1986, ed era pertanto abbondantemente spirato prima che venisse pronunciata la condanna di primo grado, nel 2012. Ragione per cui, come recita il dispositivo, anche tutte le statuizioni civili delle sentenze di merito a favore delle persone offese devono considerarsi travolte dalla causa estintiva.
L’impatto dell’amianto
Secondo recenti dati rilasciati dalla Società italiana di medicina ambientale (Sima), infatti, le morti in Italia a causa dell’amianto ammontano ad oggi a circa sei mila l’anno.
L’impatto dell’amianto per i soli costi diretti (ritiro dal lavoro, cure e morte) nei 28 Paesi dell’Unione europea (Gran Bretagna inclusa) è pari allo 0,7% del Pil dell’Unione europea, circa 410 miliardi all’anno.
In Italia ammontano, inoltre, a novantaseimila i siti contaminati da amianto censiti e presenti nel database del ministero dell’Ambiente.
L’ “eternità” dell’eternit e la sua resistenza nel tempo (con le rilevanti conseguenze per la salute dell’ambiente e dei cittadini) rappresenta, dunque, un problema che involge da sempre in modo strutturale il nostro paese. E necessita di un’azione coordinata di tutte le istituzioni per integrare le dovute azioni sugli aspetti sanitari, previdenziali e ambientali coinvolti.
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