Innovazione

Space Architecture: la prima tesi di ricerca svolta in Italia è al PoliBa

“Hive Mars” è la prima tesi di ricerca svolta in Italia sul tema della Space Architecture. Sviluppata al Politecnico di Bari, studia un possibile insediamento umano ipotizzato nel 2035
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Space Architecture: la prima tesi di ricerca svolta in Italia è al PoliBa
Hive Mars rappresenta la prima tesi di ricerca svolta in Italia sul tema della Space Architecture, in particolare sull’architettura planetaria rivolta a Marte, il “Pianeta Rosso”. Condotta dal team Archimars (Alessandro Angione, Federica Buono, Ivana Fuscello, Isabella Paradiso, Mirha Vlahovljak e Hana Zečević), è coordinata dal Prof. Arch. Giuseppe Fallacara Chirico e dallo space Arch. Vittorio Netti. Esito della collaborazione tra il Politecnico di Bari e il SICSA (Sasakawa International Center for Space Architecture) dell’Università di Houston (USA), lo scopo del Laboratorio di Tesi di Progettazione Architettonica è la diffusione di questa disciplina nel contesto italiano. A tale fine, sono stati creati l’omonimo canale YouTube Archi Mars, il quale raccoglie lectures tenute da diverse figure specializzate nella disciplina, pagine ad hoc sui social network Facebook e Instagram così come la volontà di una futura pubblicazione sulla ricerca condotta dal team. L’approccio di Archimars si rifà agli studi ed alle challenges indette dalla NASA, con lo scopo di compiere progressi in ambito tecnologico volti a creare soluzioni abitative sostenibili in ambito extraterrestre.

“Hive Mars” – architettura di missione – courtesy Archi Mars e DICAR-PoliBa

“Hive Mars” e la space architecture

Prima di definire il progetto di un possibile insediamento umano su Marte, il team ha stilato un diagramma di missione, volto a valutare le fasi di lancio, viaggio e ammartaggio, esaminando tutti i mezzi necessari. L’obiettivo è di scandire la trasferta umana, di lunga durata, in 2 fasi principali. Un primo stadio vedrebbe il lancio del velivolo spaziale Big Falcon Rocket nel luglio 2030, utilizzabile per il trasporto degli assets di superficie, funzionali alla preparazione del sito prima dell’arrivo degli individui; la seconda fase consisterebbe invece nel lancio, nel settembre 2035, del veicolo spaziale SLS BLOCK 1B. Quest’ultimo dovrebbe condurre un primo equipaggio teorico di 8 persone sul Pianeta Rosso, la cui permanenza durerà almeno 680 sol (730 giorni terrestri).

 Assets di superficie della potenziale missione marziana

Durante la prima fase robotica della missione, ci si occuperà del trasporto dei principali assets mobili di superficie, delle infrastrutture e degli elementi componenti l’habitat, come elencato a seguire.

Assets mobili

Oltre alla progettazione dell’impianto marziano con i suoi moduli abitativi, il team si è concentrato anche sulla sequenza costruttiva, in cui giocano un ruolo primario i veicoli automatizzati della Bee Family Rovers. Il loro design è ispirato agli insetti appartenenti alla famiglia delle api. In ordine di arrivo, verrebbero sbarcati sulla superficie marziana un totale di 8 rovers denominati:
  • Spider Explorer, progettato per esplorare e analizzare il sito;
  • la serie Bee, così composta: Flattener, con il compito di livellare il sito di costruzione da irregolarità del terreno, cause di possibili rischi sia per i rovers, sia per gli esseri umani; Escavator, con la mansione di scavare e raccogliere lo strato più superficiale di regolite marziana; Transporter, da utilizzarsi per trasportare il materiale attraverso un corpo interno; Processor, con l’obiettivo di trasformare la regolite in materiale da costruzione; 3D Printer, una stampante 3D con braccio meccanico a 3 assi; Lifter, utilizzato per sollevare, trasportare e posizionare gli assets di superficie;
  • Archimars Pressurized Rover, utile ad attività esplorative di superficie durante il soggiorno dell’equipaggio.

“Hive Mars” – Bee 3D Printer rover – courtesy Archi Mars e DICAR-PoliBa

Infrastrutture

Per rendere l’insediamento autosufficiente, verranno trasportati dalla Terra anche:
  • 24 pannelli solari e 6 kilopower, ciascuno con rendimento pari a 10 kW, per la produzione energetica;
  • reattore Sabatier, reattore di assorbimento del vapore acqueo (WAVAR) e Mars Oxygen In-Situ Resource Utilization Experiment (MOXIE). Essi sono elementi utili alla produzione di acqua e ossigeno, in quanto, giornalmente, ogni membro dell’equipaggio necessiterà di circa 3,52 kg di acqua e di 0,84 kg di ossigeno;
  • elementi prefabbricati, necessari allo stoccaggio di acqua, ossigeno e combustibile.

Elementi prefabbricati dell’habitat

Alcuni dei componenti per la costruzione dell’habitat dovranno essere fabbricati, assemblati e testati sulla Terra, al fine di garantirne l’idoneità durante le fasi di esercizio in un ambiente estremo come quello marziano. Essi consisteranno in:
  • 3 moduli abitativi gonfiabili e dispiegabili, in grado di ospitare le attività umane;
  • 3 airlocks e 4 suitports, ossia elementi cilindrici dispiegabili, volti al collegamento dei moduli abitativi tra loro o con l’ambiente esterno;
  • 21 finestrature, ossia elementi stratificati a forma romboidale, prefabbricati e preassemblati.

“Hive Mars”: l’In-Situ Resource Utilization per la costruzione e la tecnologia 3D

Al fine di ridurre la massa e i costi di lancio, la missione prevede un largo impiego di materie prime locali, sia nella produzione di risorse necessarie al sostentamento (acqua, ossigeno, energia), sia per il materiale da costruzione. Quest’ultimo sarà ottenibile grazie all’impiego della regolite marziana, la quale caratterizza lo strato superficiale della crosta. Da questa materia viene ricavato l’inchiostro stampabile, costituito da 3 componenti principali: la polvere, pari al 70% del volume della malta, il legante elastomerico PLGA, ossia il 25-30% del restante, corredati da una miscela di solventi reperibili in-situ. In particolare, la miscela di solventi comprenderebbe: diclorometano solvente volatile (DCM); quantità inferiori di 2-butossietanolo (2-Bu); un tensioattivo in grado di mitigare e annullare le interazioni elettrostatiche e steriche tra le particelle sospese; il dibutileftalato (DBP), un plastificante volto al miglioramento delle proprietà di flusso del PLGA disciolto e all’inibizione delle interazioni intra-particellari durante il flusso. Dopo l’ispessimento, mediante l’evaporazione dell’eccesso di DCM, è possibile ottenere una consistenza stampabile 3D ad una velocità di deposizione lineare fino a 150 mm/s. L’intero processo di trasformazione della regolite in malta stampabile (o “cemento marziano”), avverrebbe all’interno del rover Bee Processor e trasferita successivamente nel rover Bee 3D Printer. Quest’ultimo procederebbe allo stampaggio della struttura esterna. La tipologia impiegata lavora su un principio additivo, dunque depositando il materiale su layers sovrapposti. Tale rover è dotato di un braccio meccanico regolato da un meccanismo di controllo numerico. Quest’ultimo effettua 2 tipi di movimenti: uno circolare, lungo gli assi x e y, ed uno verticale, lungo l’asse z, in seguito al deposito dei vari strati. L’ugello, posto all’estremità superiore del braccio, presenta un diametro di 14 cm e s’intende riscaldato, onde poter sciogliere la malta in regolite.  

Photogallery

Il progetto “Hive Mars”

L’insediamento seguirà uno sviluppo lineare caratterizzato da un asse viario principale atto a collegare le 2 aree di ammartaggio all’habitat, su cui si affacciano le aree di produzione ISRU ed energetica. L’habitat, in particolare, si compone di 1 hangar di protezione dell’Archimars Pressurized Rover e di 3 moduli abitativi. Ciascuno di questi moduli è di tipologia ibrida: l’involucro di protezione esterno, di “classe 2” e stampato in 3D, si integrerebbe con il modulo interno, di “classe 3” e di tipo gonfiabile, sono risultati essere i più idonei in termini di risparmio di costi, tempo e comfort.

L’involucro esterno del progetto di Archimars

Una volta iniziato lo scavo per le fondazioni, si procederebbe con la stampa per layers prima delle stesse, poi della cupola ogivale. Il progetto dell’involucro esterno del modulo abitativo presenta una sezione ogivale troncata superiormente, a causa della tecnologia costruttiva impiegata, la quale non permette di chiudere adeguatamente l’estremità superiore della cupola per via della mancanza di supporti in fase di stampa. L’interruzione della stampa permetterà di inserire gli airlocks di collegamento e le finestrature, disposti su assi di 120° alternati. Una volta terminata la costruzione, il rover Bee Lifter inserirebbe il modulo abitativo gonfiabile non dispiegato dalla cavità superiore, a sua volta chiusa superiormente da 1 skylight di forma troncopiramidale volto a sigillare ermeticamente l’interno. Si otterrebbe, dunque, una struttura autoportante cupolata di 796 m3, la cui parete muraria presenta una superficie liscia all’intradosso, così come una parte esterna modellata grazie all’impiego di un software parametrico. Tale finitura superficiale risponderebbe alle necessità di auto-ombreggiamento e di trattenuta delle polveri che, col tempo, potrebbero irrigidire la struttura. Il carico di incidenza sulle fondazioni da considerarsi sulla superficie marziana è di 77 kN/m2, pari a un terzo della sua valenza sulla Terra.

“Hive Mars” – plastico di progetto in scala 1:50 – courtesy Archi Mars e DICAR-PoliBa

L’habitat interno del progetto di Archimars

L’habitat interno, di “classe 2”, sarebbe caratterizzato da una struttura interna in acciaio dispiegabile e da un involucro gonfiabile esterno avente forma ad “uovo”. Tale ipotesi si è valutata come vantaggiosa in termini di flessibilità nella disposizione interna, di gestione delle sollecitazioni termiche e di distribuzione uniforme delle pressioni tra gli ambienti interni ed esterni. Una volta calato dall’alto il modulo gonfiabile all’interno della cupola attraverso il rover Bee Lifter, si procederà al suo gonfiaggio e dispiegamento. Alcune pompe d’aria integrate effettueranno dapprima la pressurizzazione e dunque l’insufflaggio dell’involucro in tessuto mediante aria marziana filtrata. Contemporaneamente, si avrà il dispiegamento della struttura interna in acciaio attraverso un sistema meccanico automatizzato; si partirà dal core centrale, passando poi ai solai e ai pilastri del primo livello, fino a giungere ai medesimi posti al secondo livello. Una volta dispiegato, il modulo abitativo interno occuperebbe quasi tutto il volume della cupola esterna, con un carico di incidenza sulle fondazioni pari a 36 kN/m2. Il primo livello dovrebbe presentare 3 airlocks, in grado di permettere il collegamento dello stesso con altri 3 moduli contigui, offrendo una modalità di crescita numerica dell’insediamento per successive addizioni. Dunque, la serialità degli habitat consentirà all’intero insediamento di espandersi tassellando lo spazio in esagoni, i quali ricordano la forma di un alveare, principio del nome e dell’idea fondativa dell’intero progetto Hive Mars.

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