Il connubio tra dighe e radicalismo non è nuovo alle pieghe della storia e da sempre ha affascinato il genio creativo umano. Già in passato, infatti, il progetto visionario dell’architetto Herman Sörgel denominato “Atlantropa” (1927) si proponeva di sbarrare lo stretto di Gibilterra alle acque dell’Oceano Atlantico, così come di chiudere gli stretti di Suez e dei Dardanelli, al fine di abbassare il livello del Mar Mediterraneo tra i 100 e i 200 m. Si sarebbero così recuperati 660.000 km2 di terre coltivabili al mare, oltre ad assicurare l’espansione urbanistica di molte delle città del bacino del Mediterraneo, tra cui l’italiana Genova. Inoltre, ulteriori dighe tra Tunisia e Sicilia avrebbero permesso un collegamento diretto tra il continente europeo e quello africano, materializzando così un sentimento eurocentrico che occhieggiava anche alla geopolitica neocoloniale.
Oggi, ad oltre 90 anni da tale progetto “paneuropeista”, viene esposta al dibattito della comunità scientifica internazionale l’altrettanto provocatoria proposta avanzata dagli oceanografi Sjoerd Groeskamp e Joakim Kjellson, riportata sul Bulletin of the American Meteorological Society con il titolo “NEED The Northern European Enclosure Dam for if climate change mitigation fails”(13 Febbraio 2020). A seguire, esaminiamo in dettaglio i termini di NEED, ossia la “Northern European Enclosure Dam” quale risposta alla abulica mitigazione del cambiamento climatico in atto a livello globale.
Atlantropa e le terre recuperabili dal bacino del Mar Mediterraneo – courtesy of Reddit
Cambiamenti climatici a livello globale: il contesto della proposta DEEM
In un interessante studio dal titolo “A novel proxy and the sea level rise in Venice, Italy, from 1350 to 2014” (2017) pubblicato sulla rivista internazionale ClimaticChange, i Proff. Dario Camuffo, Chiara Bertolin e Patrizia Schenal affermavano che la differenza di quota altimetrica tra il livello del mare nel 1350 e quello al 2014 sia maggiore di circa 1.300 mm. In esso si dichiara anche come l’aumento relativo della quota delle acque in laguna sia pari a 2,5 mm l’anno a partire da metà ‘800, causato in pari misura da fenomeni di subsidenza e dall’aumento medio del livello degli oceani.
Anche la città di Rotterdam, in Olanda, è soggetta agli esiti dei cambiamenti climatici in corso a livello planetario. La salinizzazione per risalita delle acque del Mar del Nord rispetto a quelle dolci del fiume Mosa è un fenomeno sempre più pervasivo e volto ad incrementare entro il 2050, sia in termini di capillarità nella rete fluviale olandese, sia in giorni di sforamento annuo. Dunque, la proposta cosiddetta NEED si inserisce in tale contesto, offrendosi di creare una protezione comune e proattiva a 14 Paesi del bacino del Mar del Nord soggetti all’innalzamento delle acque oceaniche: Regno Unito, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Danimarca, Norvegia, Svezia, Polonia, Russia, Lituania, Lettonia, Estonia e Finlandia.
La NEED, “Northern European Enclosure Dam”: i dettagli progettuali
La NEED, ossia la “Northern European Enclosure Dam”, si comporrebbe di 2 dighe dalla differente lunghezza e localizzazione. La prima connetterebbe la frazione spondale di Ploudalmézeau, a 25 km da Brest in Francia, con la The Lizard Heritage Coast, a 100 km da Plymouth in UK, per un tratto pari a 161 km. Le profondità dei fondali varierebbero da un minimo di -85 m ad un massimo di -102 m. La seconda, invece, raccorderebbe John o’ Groats, a circa 200 km a Nord di Aberdeen in Scozia, dapprima alle Isole Orcadi, poi all’Isola di Noss (parte delle Isole Shetland), per congiungersi infine con la città di Bergen, in Norvegia. Quest’ultima infrastruttura avrebbe invece uno sviluppo lineare complessivo pari a 476 km (145 km + 321 km), impostando su fondali marini ad una quota minima di -127 m ed una massima di -321 m.
Complessivamente, l’opera in progetto necessiterebbe per la sua realizzazione dell’incredibile cifra di circa 51 miliardi di tonnellate di sabbia, con una densità di 1.400 kg/m3, corrispondente pressappoco all’intero quantitativo annuo attualmente in commercio a livello mondiale. Il costo complessivo dell’opera è variabile, a seconda delle modalità costruttive applicabili: si stima possa rientrare in un range compreso tra 250 e 500 miliardi di euro. I tempi di costruzione pare possano essere stimali in circa 20 anni.
Positività e negatività della NEED: gli impatti del progetto di ingegneria contro l’innalzamento degli oceani
Gli impatti positivi
Secondo gli autori, sarebbero circa 80 milioni le persone che gioverebbero della realizzazione di tali infrastrutture. Di queste, 25 milioni già vivono ad una quota altimetrica di -2 m rispetto al livello del mare attuale, mentre altri 55 milioni si troverebbero a dimorare ad una quota pari a -15 m rispetto al livello delle acque nei prossimi anni. Pertanto, tale soluzione risulterebbe maggiormente efficace in termini di costi ed impatto rispetto alle singole azioni intraprendibili dai vari Stati, data la natura della sua risposta unitaria. A titolo di esempio, gli autori citano che per soli 1,5 m di abbassamento del livello dei mari, proteggere i Paesi Bassi fino al 2100 costerebbe circa 1/3 dell’importo totale per la realizzazione del NEED. Inoltre, il sistema infrastrutturale proposto allevierebbe i traumi psicologici legati all’evacuazione e ricollocazione di intere aree urbane costiere in altre zone, così come alla perdita del Patrimonio culturale materiale e immateriale associato. Questi preverrebbe anche le disuguaglianze sociali quali esito di tali politiche, così come potenziali tensioni tra i vari Stati colpiti dagli esiti del “climate change”.
Gli impatti negativi
Tuttavia, sussisterebbero anche molteplici impatti negativi causabili da questo progetto, con intensità scalari. Dal punto di vista ambientale, la costruzione dell’opera implicherebbe un elevato tasso di energia grigia incorporata, considerando gli elevati quantitativi di materiali richiesti (terre di riporto per le fondazioni, cls armato, ecc.), le lavorazioni propedeutiche (movimenti terra, creazione di apposite stazioni di betonaggio in loco, posa in opera, ecc.) oltre ad un elevato consumo energetico verosimilmente da fonti non rinnovabili. Inoltre, si paleserebbero anche notevoli costi gestionali e di manutenzione, sia ordinaria, sia straordinaria, da tenere in debito conto.
Dal punto di vista commerciale marittimo, invece, il NEED cagionerebbe un certo danno economico legato alle limitazioni operative dei differenti porti, tra cui quelli di Rotterdam, Anversa, Amburgo, San Pietroburgo ecc.. Questi sarebbe però mitigato da opere di ingegneria civile che consentirebbero un accesso mediato al mare aperto come già accade attualmente nei Paesi Bassi. Infine, anche l’indotto ittico in tale area ne sarebbe colpito, ad ogni livello. In primis, l’ecosistema marino sarebbe quello a risentirebbe maggiormente, sia in termini di circolazione e scambio di nutrienti/sedimenti, sia circa la sua fauna e flora.