TAV Torino-Lione, il Governo passa dal no al si

Anche sulle scelte necessarie per la Tav Torino Lione, si gioca la tenuta del governo Conte. Negli ultimi giorni è un susseguirsi di colpi di scena, che hanno molto di politico e poco di tecnico, ma che inevitabilmente incidono sul destino dell’opera. Nei giorni scorsi il ministro Danilo Toninelli ha licenziato Pierluigi Coppola, uno degli esperti della commissione che ha redatto l’analisi costi benefici che illustriamo qui di seguito.
Tav e politica, la storia infinita
Secondo fonti interne del Ministero citate da Repubblica, Coppola “ha violato la riservatezza rilasciando interviste non autorizzate e soprattutto resta un’ombra su di lui, in merito al falso contro-dossier con numeri sballati sulla analisi costi-benefici Tav che gli è stato attribuito sulla stampa e di cui poi lui ha smentito la paternità. Senza però chiedere rettifica ai giornali che glielo attribuivano“.
Toninelli ha mandato via l’unico esperto del gruppo di lavoro favorevole all’opera, ma di contro ha scatenato le ire del Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Ora è proprio Toninelli sulla graticola, esautorato anche dal premier Giuseppe Conte, che ha annunciato, dopo il polverone Coppola, che la Tav si farà. Questo perché a suo dire, da marzo ad oggi le condizioni sono cambiate, perché l’Europa pare pronta a sovvenzionare ulteriormente l’opera e perché spezzare l’accordo con i francesi risulterebbe troppo oneroso. Il Movimento 5 Stelle chiede che sia il Parlamento ad esprimersi: intanto venerdì 26 luglio si saprà se l’Europa concederà nuovi fondi per la Tav all’Italia.
Questo invece è quello che dicevano della Tav a marzo 2019 gli esperti della Struttura Tecnica del Mit
Il progetto della TAV Torino-Lione “presenta una redditività fortemente negativa”. È quanto si legge nelle conclusioni dell’analisi costi-benefici condotta dalla Struttura Tecnica di Missione del MIT e capitanata da Marco Ponti. Un’analisi che ritiene non verosimili i dati contenuti nell’analisi costi-benefici del 2011 condotta dall’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione. Il nuovo rapporto, introducendo nuove variabili, quali la riduzione delle accise sul carburante e dei pedaggi autostradali, svela che alla realizzazione dell’opera conseguirebbe una perdita di benessere (differenza tra costi sostenuti e benefici conseguiti) pari a 7 miliardi di euro.
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Il giudizio di Toninelli
“Numeri impietosi”. È questa la prima affermazione fatta dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli, che boccia senza mezzi termini la linea ferroviaria ad alta velocità/altà capacità Torino-Lione arrivando persino ad annunciare le proprie dimissioni al Premier Conte, una volta venuto a conoscenza che quest’ultimo, dopo aver sentito il Vice Premier Salvini, sarebbe stato disposto ad andare avanti con l’opera nonostante i dati negativi dell’ACB (Analisi Costi-Benefici).
L’Analisi Costi-Benefici della TAV Torino-Lione
Con lo scopo principale di misurare il valore sociale e valutare il contributo del progetto al benessere economico complessivo, nella nuova ACB condotta dalla Struttura Tecnica di Missione del MIT, basandosi sulla metodologia delle Linee Guida del Ministero dei Trasporti e sulla miglior prassi internazionale, per redigere le stime ed estrapolare i dati occorrenti, sono stati simulati due scenari alternativi. Il primo, denominato Scenario “Osservatorio 2011” basato su tre assunti principali:
- un tasso di crescita dei flussi di merci pari al 2,5% per anno;
- la nuova linea ferroviaria acquisisce un flusso pari a 5 milioni di t dagli itinerari via Svizzera (Sempione e Gottardo) ossia il 18% del totale;
- la nuova linea ferroviaria acquisisce inoltre il 30% dei flussi stradali che transitano al confine di Ventimiglia, il 55% di quelli al traforo del Fréjus e il 40% di quelli al Monte Bianco.
ed il secondo denominato Scenario “realistico”, appositamente delinato dalla Commissione nominata dal Ministro Toninelli per ottemperare alle inverosimili previsioni del primo scenario e nel quale si è considerato:
- dimezzati i flussi di merce attratti dal modo stradale;
- che la diversione modale avvenga su percorsi non superiori ai 500 km in territorio italiano e francese e non si verifichi (o non sia attribuibile direttamente al progetto) per le tratte più periferiche (ad esempio internamente alla Slovenia);
- un tasso di crescita dei flussi di merci e di persone pari all’1,5% (invece del 2,5%);
- la domanda generata per il segmento di lunga percorrenza da parte dei passeggeri pari al 50% di quella esistente (invece del 218%) e la domanda dei passeggeri regionali pari al 25% (invece del 50%).
Gli scenari possibili e le questioni economiche per la TAV
Ma che si voglia o no, in ciascuno degli scenari delineati, il Valore Attuale Netto Economico (VANE), ovvero la differenza tra i costi sostenuti ed i benefici conseguiti risulta sempre negativo.
Nel primo scenario infatti, il VANE risulta negativo per 7.805 milioni con riferimento ai “costi a finire” al netto cioè degli 1,4 miliardi di euro già spesi ed 8.760 milioni in riferimento al “costo completo”, mentre nel secondo scenario, il VANE risulta negativo per 6.955 milioni con riferimento ai “costi a finire” ed 7.949 in riferimento al “costo completo”.
Nelle righe conclusive infatti, considerato di assumere come dati di input relativamente alla crescita dei flussi di merce e dei passeggeri e agli effetti di cambio modale quelli non verosimili contenuti nell’analisi costi-benefici redatta nell’anno 2011, il progetto presenta una redditività fortemente negativa.
Secondo la Commissione infatti, “qualora si faccia riferimento a stime di crescita della domanda e di modifica della ripartizione modale più realistiche, gli effetti complessivi del progetto durante gli anni di esercizio (escludendo cioè il costo di investimento) risultano pari a 885 milioni. Tale risultato deriva dalla somma di due componenti di segno opposto.
Flussi di merci
La prima, relativa ai flussi di merci, determina un effetto negativo pari a 463 milioni. Tale risultato è la conseguenza del fatto che, nelle condizioni complessive esistenti sugli itinerari di interesse per il progetto, lo spostamento modale dalla strada alla ferrovia risulta essere socialmente inefficiente. Il beneficio economico conseguente alla possibilità di instradare treni lunghi e pesanti sull’itinerario “di pianura” reso possibile dall’opera in esame, sommato alla riduzione delle esternalità negative risulta minore della perdita di accise e di pedaggi. Il risultato negativo è fortemente influenzato anche dal fatto che i flussi di traffico su ferrovia esistenti (ossia quelli che con certezza godrebbero della riduzione dei costi operativi) sono di entità molto modesta sia in termini assoluti sia rispetto a quelli che dovrebbero cambiare modo.
Flussi di passeggeri
La seconda, relativa ai passeggeri, determina un beneficio positivo pari a 1,3 miliardi. Considerato che i costi attualizzati di investimento “a finire” e gestione dell’opera assommano a 7,9 miliardi, il “valore attuale netto economico” ossia la perdita di benessere (differenza tra costi sostenuti e benefici conseguiti) conseguente alla realizzazione dell’opera risulta pari a 7 miliardi.
A tale valore devono essere sottratti i costi di ripristino delle opere realizzate finora (messa in sicurezza delle gallerie e rinaturalizzazione dei siti) stimati pari a 347 milioni e quelli della “messa in sicurezza” della linea storica che, a seconda degli scenari di traffico che si intenderà considerare, potrà essere garantita con interventi a basso impatto economico ovvero con altri di maggiore rilievo, da definirsi a seguito di una specifica analisi del rischio nonché dei benefici attesi, per un ammontare massimo di 1,5 miliardi. Al netto di tali costi, il VANE risulterebbe pari a -5,7 miliardi.”
Le perdite nette tra accise sul carburante e pedaggi autostradali
Secondo la Commissione presieduta dal Professor Ponti, gli Stati subirebbero una perdita netta di accise per un valore superiore a 1,6 miliardi ed i concessionari una riduzione delle entrate da pedaggio, al netto della riduzione dei costi per la minore usura della infrastruttura, pari a circa 3 miliardi di euro. Dati questi, che inducono la Commissione a considerare la riduzione delle perdite di benessere derivanti dalle accise sul carburante ed il pedaggio autostradale, più rilevante rispetto alla diminuzione delle esternalità e dei benefici per gli utenti.
In riferimento all’esternalità, dall’ACB si apprende infatti, che i benefici economici dei risparmi di tempo da congestione, derivano in realtà da risparmi di tempi individuali molto piccoli, dell’ordine delle decine di secondi e che i benefici ambientali attesi sono, a livello nazionale e ancor più europeo, di entità quasi trascurabile.
Il valore sociale della TAV
Ma in tal senso, l’analisi costi-benefici, sta realmente valutando il valore sociale dell’opera? Beh, qualunque scopo abbia una ACB, è indubbio che a fronte di un costo certo per la costruzione dell’opera ci sono dei benefici non monetari quali l’ambiente, la salute pubblica, la sicurezza e così via. È anche giusto supporre che i risultati di una simile analisi costi-benefici non possono essere del tutto asettici, ma dipendono oltre che da dati oggettivi anche da assunzioni e presupposti legittimamente formulati dal gruppo di lavoro che è chiamato a redigerla.
Di certo non incoraggia notare che tra le motivazioni date dalla Commissione per bocciare la TAV Torino-Lione non spiccano quelle di natura ambientale dato che, nel cosiddetto Scenario “realistico”, dove i benefici economici per le merci si attestano intorno agli 1,4 miliardi e quelli per i passeggeri a 1,2 miliardi, “la componente positiva più rilevante è quella relativa alla riduzione delle esternalità ambientali e di sicurezza che risulta pari a circa 1,8 miliardi cui si somma un miliardo di diminuzione dei costi di congestione”, sottovalutando ancora una volta gli aspetti ambientali e sociali generati da una grande opera.
Quali le conseguenze senza TAV Torino-Lione?
Sono l’ago della bilancia, le penali che in caso di scioglimento del progetto TAV, l’Italia dovrebbe pagare alla Francia, all’UE ed alle ditte già coinvolte. Sommando i vari importi contenuti nella Relazione Tecnico-Giuridica collegata all’analisi costi-benefici infatti, l’Italia potrebbe arrivare a pagare tra penali e rimborsi circa 4,2 miliardi di euro. Un grande fardello quindi, quello che pende sulle spalle dei governatori demandati a decidere sul futuro dell’opera, soprattutto considerato che la stima del precedente importo è indicata in via puramente ipotetica per via dei molteplici profili che “non consentono di determinare in maniera netta i costi in caso di scioglimento” e dell’esistenza di “più soggetti sovrani che dovrebbero inevitabilmente considerare in sede negoziale le rispettive posizioni” che portano ad interpretare gli elementi di valutazione non come “dati” ma piuttosto come “coordinate” di orientamento in uno spazio caratterizzato da un’ampia aleatorietà.
Una cosa è certa, il clima è tutt’altro che disteso tra le fazioni politiche pro e contro il progetto TAV. Il progetto più discusso d’Italia continua ancora oggi a generare accesi dibattiti politici e mediatici che pur non volendo creano false speranze ai lavoratori italiani. Proprio su questo infatti, si è concentrato il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia che, in apprensione sui rischi per l’occupazione nel caso in cui la TAV venisse accantonata dichiara di auspicarsi “che il governo abbia un’unica e grande priorità: il lavoro”. L’apertura di questi cantieri a regime infatti, pare possa determinare 50 mila posti di lavoro. Non un numero indifferente per il settore edile italiano adesso in stallo più che mai.