La mente continua a tornare a ieri, giorno in cui quello che restava del Ponte Morandi, opera avveniristica che portava il nome del suo illustre ideatore, è stata demolita.
Il lavoro dei tecnici
Probabilmente è la metabolizzazione di un’immagine, un’immagine che sciocca perché nel tempo di 5 secondi è stata cancellata un’infrastruttura, studiata sui libri di architettura ed ingegneria, presa talvolta come esempio di progettazione ardita o forse no. Al contempo c’è stata una dimostrazione che l‘ingegneria è viva e sa far bene i suoi conti. È un pensiero cinico? Molti lo penseranno, però è un dato di fatto. I cinematismi previsti, il contenimento delle polveri e le modifiche alla viabilità, questi ragazzi sono stati proprio bravi. E quando si dice ragazzi, si intende tutta l’equipe dei diversi studi di progettazione che hanno partecipato al piano di demolizione, dalla segretaria all’ingegnere titolare dello studio.
Le notti in bianco, l’aggrovigliamento alla bocca della stomaco che puoi esternare solo con chi ti sta vicino davvero, i calcoli rifatti, le simulazioni condotte e alla fine quel fiato tirato tutto di getto, e la soddisfazione nel dire “È andato tutto bene!“, ma che fatica, ma anche che soddisfazione: hanno fatto sacrifici, hanno studiato, si sono impegnati anima e corpo per poi raccoglierne i risultati. Tutte le professioni hanno i loro sacrifici e le loro soddisfazioni.
Bravi!
Sono finiti gli esami universitari, il periodo in cui la tua preparazione accademica era stabilita da un voto che andava dal 18 al 30.
Cosa resta di quei voti? Il percorso che ogni ingegnere ha seguito dopo l’Università. Ogni lavoro, una storia ed un Committente, colui che in una certa misura corrisponde al tuo voto universitario. Cresce la consapevolezza e la sicurezza, seguita talvolta a sconforti passeggeri (non sempre) che ti portano a dire “Chi me lo ha fatto fare?!”, supportato dalle tante responsabilità, non riconosciute e non comprese, e pochi riconoscimenti.
Quindi ancora una volta, Bravi!
Il 14 agosto 2018, sono morte 43 persone
È stato un giorno in cui l‘ingegneria ha mostrato le sue fragilità, oggi si attendono le risposte di quanto accaduto. È stata portata alla luce una fragilità di un sistema che non funziona o che ha molti difetti: l’ingegnere, un po’ come il medico, ti consiglia la cura e non sempre questa viene seguita pedissequamente, anzi subentra il confronto con la rete, la ricerca impazzita dei sintomi e poi l’autodiagnosi. Se l’autodiagnosi palliativa funziona, il medico aveva esagerato se invece non funziona allora FORSE aveva ragione il medico.
Dal 14 agosto molti sono diventati esperti, di cosa poteva o non poteva essere fatto prima ma anche in seguito.
È stata scelta una strada e questa ha portato alla demolizione di un’identità di una città: il “mugugno” ci appartiene, quindi se malauguratamente fosse stata ripristinata l’opera ci sarebbero stati comunque dei difetti agli occhi dei non addetti ai lavori. Non c’era tempo di tergiversare, c’è una Regione spezzata ed una città che si è rimboccata le maniche nel senso letterale del termine.
Non c’è tempo per stare fermi sul bivio, si è intrapresa una strada. “Ai posteri l’ardua sentenza“, nel frattempo, e voglio pensare sia così, si procede con criticità e consapevolezza a costruire una nuova identità che non significa soppiantare e dimenticare il ponte dell’ingegner Morandi, anzi!
Il futuro
È qui che ora devono entrare in campo i Professori, per ricordare cos’è stato il Ponte Morandi, il suo progetto, la sua realizzazione, i suoi pregi ed i suoi difetti.
Ed è sempre qui che il Sistema deve comprendere che occorre raddrizzare il tiro, abbiamo un’edilizia contemporanea al Morandi e altra se ne sta costruendo, manuteniamola.
Il Ponte Morandi lascia una città, spetta ad ognuno di noi, per la propria competenza, ricordarlo e ricordare le 43 vittime.
Quali sono le principali innovazioni a livello di conglomerato bituminoso per le pavimentazioni stradali? Proviamo a capire cosa c'è oltre l'asfalto...