Ingegneria

Le infrastrutture per impianti radioelettrici sono opere di pubblica utilità

Un vizio procedimentale e un aggravio di onde elettromagnetiche non annullano il silenzio-assenso sull’autorizzazione unica
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Le infrastrutture per impianti radioelettrici sono opere di pubblica utilità

Il Consiglio di Stato, Sezione VI, nella sentenza n. 3727 del 2 maggio 2025, interviene sulla disciplina dell’installazione delle infrastrutture per impianti radioelettrici (dlgs. n. 259/2003, Codice delle comunicazioni elettroniche, e legge n. 95/2024), respingendo il ricorso in appello di un Comune che intendeva annullare il silenzio-assenso formatosi in merito all’istanza di una stazione radio base, presentata nell’ambito dell’attuazione del cd. “Piano Italia 5G”, finanziato con i fondi del PNRR, e strumentale alla realizzazione della progressiva digitalizzazione e connessione alla rete internet, in modalità “ultrabroadband”, dell’intero territorio nazionale.

Infrastrutture per impianti radioelettrici: la questione

Un raggruppamento temporaneo di imprese, che aveva vinto uno dei bandi per la realizzazione di interventi volti ad assicurare la piena e uniforme copertura del segnale 5G sull’intero territorio nazionale, aveva presentato una richiesta di “autorizzazione unica”, ai sensi dell’art. 44 del dlgs. n. 259 del 2003, per la realizzazione di una stazione radio mobile di ricezione e trasmissione del segnale 5G, nel territorio di un Comune rientrante tra quelli a “fallimento di mercato” cui il bando in questione si rivolgeva. In particolare, veniva individuata un’area del territorio comunale che avrebbe assicurato la piena copertura del segnale all’interno dell’area in discorso.

Sulla domanda, conforme alle specifiche tecniche indicate dal SUAP della Comunità montana cui il Comune faceva capo, si formava il “silenzio-assenso”, perciò il raggruppamento comunicava l’avvio dei lavori per la edificazione della stazione radio base.

Il Comune, però, ordinava in autotutela la sospensione dei lavori, segnalando irregolarità del procedimento autorizzatorio conclusosi con la formazione del silenzio-assenso e la difformità dell’opera in corso di realizzazione con la disciplina comunale in materia edilizia e urbanistica.

Il Tar, a cui le imprese erano ricorse contro l’atto inibitorio del Comune, aveva annullato tale atto, per l’insussistenza dei presupposti per annullare in autotutela il provvedimento autorizzatorio tacito. In appello il Comune contestava la sentenza, ritenendo che l’incontestabile vizio procedimentale di cui all’art. 44, comma 5, del d.lgs. 259/2003 per mancata pubblicazione, integrasse il presupposto di un interesse pubblico prevalente.

L’interesse pubblico prevalente va esplicitato

Il Consiglio di Stato chiarisce, in relazione all’atto di autotutela (art. 21 nonies, legge n. 241 del 1990) che “Per esercitare il potere di revoca d’ufficio degli atti di assenso, è necessaria l’origine di una illegittimità del provvedimento e la presenza di un interesse pubblico effettivo e attuale alla sua revoca, che non si limita al semplice ripristino della legalità violata, considerando anche le posizioni giuridiche soggettive acquisite dai destinatari; l’attività di autotutela rappresenta quindi un’espressione di discrezionalità significativa che non esime l’amministrazione dall’obbligo di giustificare, anche in modo sommario, l’esistenza dei suddetti requisiti; in particolare, il potere di autotutela deve essere esercitato dalla pubblica amministrazione entro un termine ragionevole, ora fissato anche dalla legge”.

Nel caso in esame, il provvedimento di annullamento del silenzio-assenso non esplicitava autonomamente i motivi di interesse pubblico ulteriore rispetto al mero ripristino della legalità violata dalla mancata pubblicazione, ma si limitava invece ad evidenziare i vizi procedimentali, nonché a richiamare un generico ed indimostrato eccessivo aggravio di onde elettromagnetiche con conseguente aumento del rischio, senza chiarire quale fosse il rischio e soprattutto senza alcuna base scientifica circa l’evidenziato aggravio. Tanto più che il parere favorevole dell’Arpa, allegato all’istanza di autorizzazione, indicava il rispetto dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici e dei relativi valori di attenzione previsti dal Dpcm 8 luglio 2003, emanato in attuazione della legge n. 36 del 2001.

Il silenzio-assenso in materia edilizia

L’istituto del “silenzio-assenso” risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l’inerzia decisoria “equivale” ad un provvedimento di accoglimento. Ove sussistano i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge, quando l’amministrazione ha in suo possesso tutti gli elementi che le consentano di decidere per inesistenza di carenze documentali della domanda del privato e rimanga ciononostante inerte. Con conseguente illegittimità del diniego tardivo.

In definitiva, assume rilievo dirimente il principio per cui il silenzio-assenso può determinarsi anche quando la richiesta di adozione del provvedimento non rispetta le norme che ne regolamentano lo svolgimento. L’obiettivo di semplificare i rapporti tra amministrazione e cittadini, mantenendo però il controllo da parte dell’amministrazione, si realizza conferendo il diritto di decidere entro il termine prestabilito e successivamente consentendo solo interventi in autotutela.

I ripetitori sono opere di urbanizzazione primaria

Il terzo motivo di appello concerneva la qualificazione delle infrastrutture per impianti radioelettrici. Il Consiglio di Stato ricorda che, in linea generale, il procedimento di installazione delle infrastrutture per impianti radioelettrici, disciplinato dal d.lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), costituisce un procedimento unico, nell’ambito del quale devono confluire anche le valutazioni edilizie e non solo, in conformità delle esigenze di semplificazione procedimentale.

Occorre tener presente al riguardo che la normativa applicabile alla materia esprime un particolare favore per la realizzazione di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico. La normativa prevede pertanto che “Le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione e le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica […] sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la normativa vigente in materia”.

Le infrastrutture per impianti radioelettrici e la pubblica utilità

In generale, gli impianti di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, o esercitati dallo Stato, e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità hanno carattere di pubblica utilità. Inoltre, nel caso in esame, assumeva ulteriore specifico rilievo la norma speciale di cui all’art. 4 comma 7 bis della legge n. 95/2024 (di conversione con modificazioni del d.l. n. 60/2024) le cui previsioni ed applicazioni, alla luce delle preminenti finalità di interesse pubblico per consentire la realizzazione di nuove infrastrutture indicate, prevalgono, non solo rispetto alla pianificazione comunale che eventualmente impedisca la realizzazione degli impianti o ne limiti la collocazione soltanto in punti del territorio comunale, ma anche rispetto a precedenti piani di sviluppo proposti dagli stessi operatori.

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