Un Paese “lento”, dove
continuano a calare gli investimenti pubblici e la spesa per le infrastrutture nei trasporti è la metà rispetto ad altre realtà moderne, come la Gran Bretagna. In tal senso, sarà fondamentale utilizzare al meglio le risorse che arriveranno dal
“Recovery Fund”. Una sfida impegnativa e da non perdere assolutamente. E’ questa la fotografia scattata nel corso del convegno on line
“Grandi opere e infrastrutture per il rilancio del Paese”.
L’
evento è stato organizzato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, in collaborazione con l’Ordine degli Ingegneri di Venezia, il Collegio degli Ingegneri veneziani e la Federazione degli Ordini degli Ingegneri del Veneto. Ecco cosa è emerso dal momento di approfondimento.
Grandi opere e ritardi
Fondamentale sarà attingere – e bene – dalle ingenti risorse che arriveranno dal Recovery Fund per realizzare le opere infrastrutturali del nostro Paese. Interventi che spesso sono stati posticipati nel tempo e hanno creato notevoli lacune nel sistema intermodale italiano. Come ha ricordato
Armando Zambrano, Presidente del CNI,
“L’Italia è il Paese più lento d’Europa nella realizzazione delle opere pubbliche – ha sottolineato Zambrano -. Negli ultimi dieci anni non sono stati fatti passi avanti, abbiamo anche modificato il Codice Appalti ma siamo rimasti lì. C’è un problema di mancati investimenti”. Problemi aggravati dagli atavici ritardi accumulati nel settore della Pubblica Amministrazione, “a causa soprattutto di un mancato turnover e la cronica carenza di tecnici al suo interno. Senza contare la questione delle competenze tra Stato, Regioni e Provincie”.
I numeri di una situazione critica
Una situazione fotografata dai numeri del Centro Studi del CNI. Negli ultimi dieci anni c’è stato un
calo del 23% degli investimenti pubblici. La spesa per le infrastrutture nei trasporti è pari al 18% del totale degli investimenti pubblici: nel Regno Unito è del 31%. Intanto, “il divario Nord-Sud aumenta”, ha aggiunto Zambrano. Attualmente sono
546 le opere infrastrutturali incompiute. Rispetto ai fondi strutturali 2014-20 per i trasporti “abbiamo solo l’1% di progetti conclusi. Dei 219 miliardi di euro disponibili per infrastrutture strategiche in calendario fino al 2030, solo l’11% è costituito da lotti ultimati”, ha incalzato il Presidente del CNI. Senza dimenticare che poi ci sono i tempi di realizzazione.
Per fare un’opera da 1 milione servono 5 anni, per una da 100 milioni ne servono 15. “Tutto ciò disegna un quadro assai complesso che va risolto al più presto”.
Burocrazia e rilancio del Paese
A gravare sulle procedure burocratiche – e sul loro appesantimento – è sicuramente “
il continuo cambiamento delle normative da adottare”, ha spiegato Edoardo Bianchi, Vice Presidente di Ance, Associazione nazionale costruttori edili. E per velocizzare la realizzazione delle opere non si può pensare al Modello Genova: “Non replicabile in altre situazioni”.
Massimo Simonini, amministratore delegato di Anas, ha invece snocciolato una serie di numeri relativi agli investimenti aziendali per il rilancio del Paese: “
Sono 30 i miliardi a nostra disposizione dal Contratto di Programma pluriennale. Gli investimenti nei cantieri nel periodo 2020/21 sono di oltre 6,6 miliardi, mentre sono 4,6 i miliardi destinati alla manutenzione del sistema stradale nazionale. Interventi fondamentali per un nuovo sviluppo viario su tutto il territorio”.
Fase progettuale ed amministrativa
Interessante la chiave di lettura proposta da
Fabio Dattilo, Capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco: “E’ necessario
rivedere gli iter amministrativi per velocizzare pratiche e apparato burocratico. Ma non basta. Il secondo step deve essere una
rimodulazione delle norme tecniche. Ci sono troppe regole, la loro stratificazione crea un ginepraio dal quale poi i professionisti non riescono a districarsi”. E dopo aver effettuato le verifiche dell’efficacia delle opere progettate e realizzate, serve una squadra in grado di gestire le fasi progettuale, amministrativa e di controllo. “In questo ambito
va recuperato il ruolo e le capacità di ingegneri e tecnici”. In sinergia con una “nuova fase formativa per l’apparato pubblico amministrativo, che deve essere in grado di recepire e comprendere la giurisprudenza di settore”.
Ingegneri e PA
Una parte del dibattito ha riguardato proprio la semplificazione delle regole.
Massimo Sessa, Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ha lamentato la
carenza di ingegneri nella PA: “In questi anni sono mancati quasi del tutto i concorsi pubblici per ingegneri. Senza risolvere il problema dell’impoverimento delle competenze tecniche nel Pubblico, non si risolve la questione della semplificazione e della qualità del progetto”. Concetto ribadito da
Ennio Cascetta, professore ordinario di Pianificazione dei Sistemi di Trasporto presso l’Università Federico II di Napoli. “Ciò che è mancato sino ad oggi è la
qualità delle decisioni in materia di infrastrutture da realizzare. In questo senso, il modello Genova è poco più di uno slogan. Vanno bene tutti gli interventi nella direzione della semplificazione, tranne che per la progettazione, che deve essere di qualità”, ha argomentato l’accademico.