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Infrastrutture e mobilità sostenibili, a che punto siamo?

Pubblicato dal Mims il Conto Nazionale delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili 2019-2020. Con uno sguardo anche agli effetti della pandemia
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Infrastrutture e mobilità sostenibili, a che punto siamo?
Con l’evoluzione, anche in fatto di denominazione, del MIT in Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, viene pubblicata la 49ma edizione del “Conto Nazionale delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, riferita al periodo 2019-2020”. A livello comunitario il programma “Next Generation Eu” auspica un modello di sviluppo che sia sostenibile e volto al benessere. Tra i temi che vengono trattati nel Volume, si evidenziano quelli legati al lavoro e ai costi, il PIL e le imprese; i trasporti, con i servizi e le infrastrutture, l’incidentalità stradale e i finanziamenti per il settore; le opere infrastrutturali di rilevanza nazionale, aeroporti, reti TEN, programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio. I dati ISTAT sono stati elaborati dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili confrontando gli anni 2000, 2010 e 2020 con una cadenza decennale.

PIL in calo del 5,3% nel 2020

Sul totale delle attività economiche delle costruzioni e dei settori connessi ai trasporti, il PIL rispetto al 2000 registrava un aumento del 3,2% nel 2010 e un calo del 5,3% nel 2020. Questo trend si rispecchia anche per quanto riguarda il valore aggiunto. Mentre per quanto riguarda il valore aggiunto sulla fabbricazione dei mezzi di trasporto il drastico calo che era stato registrato nel 2010 (che sfiorava il 28%) ha visto un recupero nel 2020, riportando la percentuale quasi all’85% rispetto al valore iniziale. È da considerare che nel corso di questi anni lo stesso assetto industriale è cambiato profondamente per quanto riguarda molte grandi aziende. Che hanno a volte modificato i propri settori di produzione o le aree su cui operano. Il commercio all’ingrosso e al dettaglio di veicoli e motoveicoli appare viceversa in costante crescita, raggiungendo nel 2020 il +13% rispetto al valore iniziale. Le costruzioni avevano visto la stabilità dal 2000 fino al 2010, vedendo poi un crollo che nel 2020 superava il 28% di calo rispetto al valore iniziale. Questi cali percentuali si rispecchiano anche in attività di corriere e servizi postali, a dispetto di un commercio online che sembra invece un tema molto attuale.

TPL torna a crescere

Per quanto riguarda il TPL, l’offerta è tornata a crescere nel 2019 dopo un biennio di calo, attestandosi a 4.624 posti-km/abitante, un valore prossimo a quello del 2016. Ma ancora lontano dai livelli precedenti alla crisi economica del 2009, anno in cui aveva raggiunto quota 5.000. Dopo il 2009, l’offerta si è gradualmente ridotta fino a raggiungere un minimo di 4.503 posti-km/ab nel 2014, per poi stabilizzarsi, a partire dal 2015, intorno a una media di circa 4.600 posti-km/abitante. Si rimarca come un’offerta adeguata di TPL rappresenti una risposta efficace alla pressione sull’ambiente urbano generata dal traffico veicolare. Come suggerisce un confronto fra un indicatore quantitativo dell’offerta (posti-km per abitante) e il tasso di motorizzazione nelle maggiori città italiane.

Centri urbani, autobus ancora il più diffuso

Nel 2019, i 14 Comuni Capoluogo di Città Metropolitana rappresentano il 52,8% della popolazione residente nell’insieme dei Comuni Capoluogo, fornendo quindi uno specchio tra realtà di dimensioni molto differenti. Nonostante il calo dell’offerta, l’autobus rimane la modalità di TPL di gran lunga più diffusa nelle città italiane, in quanto è l’unica disponibile (o rappresenta più del 99% dell’offerta) in 83 Comuni Capoluogo. Soltanto in sei capoluoghi l’autobus si classifica come “scelta alternativa” di fronte ad altri sistemi di trasporto: Milano (dove il 65,1% dell’offerta è fornito dalla metropolitana e un altro 15,8% da tram e filobus), Napoli (61,0% metro-politana, 4,4% filobus e funicolare), Roma (51,5% metropolitana, 4,6% tram e filobus), Venezia (44,2% trasporti per vie d’acqua, 9,9% tram), Brescia (40,6% metropolitana) e Torino (20,1% tram, 18,3% metropolitana).

Miglioramento delle flotte, a che punto siamo?

In un Paese in cui l’autobus appare ancora come il primo attore del TPL urbano appare quindi necessario migliorare le flotte. Nel 2019, gli autobus a emissioni zero o conformi allo standard Euro 6 (in vigore per i veicoli pesanti dal 31/12/2012) rappresentano meno di un terzo dei veicoli impiegati (il 32,0%, ma erano solo l’8,5% nel 2015). Nel 2019 le situazioni più critiche si rilevano a Trani, Crotone, Vibo Valentia e Siracusa, dove l’intera flotta di autobus è in classe Euro 4 o inferiore. Tra le città del Nord, il 49,2% degli autobus di Genova risulta Euro4 o inferiore. Il tasso di motorizzazione, ovvero il numero di autovetture ogni mille abitanti, cresce soprattutto nel Sud, dove anche l’offerta TPL si presenta più debole.

Crescono le auto elettriche e ibride

La quota delle autovetture a basse emissioni cresce regolarmente ma con lentezza, guadagnando meno di due punti percentuali tra il 2015 e il 2019 (dall’8,6 al 10,5%). I progressi delle alimentazioni alternative, inoltre, sono andati soprattutto a scapito delle autovetture a benzina, mentre hanno inciso poco sulla quota dei veicoli diesel. Crescono sia le autovetture elettriche e ibride (dallo 0,4 all’1,3% del totale), sia quelle alimentate a gas o bi-fuel (dall’8,2 al 9,2%), che rappresentano la componente di gran lunga più numerosa del segmento dei veicoli a basse emissioni. Nel 2019, nei Comuni Capoluogo circolano, in media, 138 motocicli per 1.000 abitanti. E, come per le autovetture, il rapporto è costantemente in crescita negli ultimi anni (era pari a 131 nel 2015). Il valore è più alto nei Capoluoghi di Città metropolitana (146, contro 128 degli altri Capoluoghi) e nelle città del Centro (148, contro 133 del Nord e 135 del Mezzogiorno). Le città con più motocicli in rapporto alla popolazione sono Imperia (294), Livorno (271), Savona (266), Genova (255 motocicli ogni 1.000 abitanti).

L’auto privata la fa ancora da padrone

La densità veicolare (numero di veicoli per km2 di superficie comunale) è un altro indicatore di pressione del traffico sull’ambiente urbano, calcolato considerando l’intero parco dei veicoli circolanti (di cui le autovetture rappresentano circa tre quarti). Tra i mezzi privati, l’auto conferma le tradizionali caratteristiche di flessibilità e versatilità che le assicurano una capacità “universale” di penetrazione del mercato; il peso modale dell’auto è più accentuato nella mobilità per gestione familiare (68% degli spostamenti contro il 62,5% della media generale) e relativamente più contenuto nella mobilità per tempo libero (58%). Il mezzo pubblico viene preferito invece dalla clientela pendolare. Osservando la soddisfazione, in termini di comfort, rapidità, puntualità, sicurezza ed economicità, rilevando la preferenza degli intervistati per l’auto privata (unica ad ottenere una valutazione superiore a 8 su 10), seguita dai vari mezzi su due ruote.

Come la pandemia ha inciso sugli equilibri modali?

La pandemia nel 2020 ha ridefinito gli equilibri modali, determinando innanzitutto un forte sviluppo della mobilità attiva, la cui quota modale è rimasta costantemente sopra il 30% durante l’anno e, nel dato consolidato al 31 ottobre, si è assestata sulla soglia del 33%, con un incremento notevole della mobilità pedonale e aumentando la percentuale sui tragitti più brevi entro i 5 minuti. Questi dati confermano l’importanza della valorizzazione delle ZTL e di una buona urbanistica che contempli aree verdi e percorsi ciclopedonali adeguati. La mobilità collettiva è invece risultata dimezzata rispetto all’anno precedente. Per parlare dell’Italia nell’ambito nazionale e internazionale, sono rilevati i vari investimenti volti a incrementare le reti TEN-T, comprendenti pertanto tratti stradali, autostradali, ferroviari, porti, interporti, aeroporti. Si tratta non solo di incremento della rete ma anche di manutenzione e miglioramento delle infrastrutture esistenti, monitorando le opere già in cantiere e che vedranno il compimento nei prossimi anni.

Connecting Europe Facility

La negoziazione sul nuovo Connecting Europe Facility (2021-27) ha visto un susseguirsi di passaggi presso il Parlamento europeo ed il testo finale della proposta ha raggiunto un accordo a cui seguirà la formale adozione, in riferimento alla quale il documento auspica entro l’estate. Il CEF 2021-2027 continuerà a finanziare progetti chiave nei settori dei trasporti, del digitale e dell’energia con un budget complessivo di 33,71 miliardi di euro. I budget per ogni settore sono i seguenti:
  • trasporti: 25,81 miliardi di euro (di cui 11,29 miliardi di euro per i Paesi della Coesione e 1,69 miliardi di euro destinati alla Mobilità Militare);
  • energia: 5,84 miliardi di euro;
  • digitale: 2,06 miliardi di euro.
Sono state mantenute con particolare attenzione le quote destinate ai collegamenti transfrontalieri relativi ai valichi del Fréjus e Brennero. Conto Nazionale delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili 2019-2020
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