Ingegneria

Il degrado del calcestruzzo: quando la chimica incide sulla meccanica

Un ciclo di approfondimenti ed interviste sul degrado e durabilità delle infrastrutture in c.a.
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Il degrado del calcestruzzo: quando la chimica incide sulla meccanica
Attraverso questo ciclo di approfondimenti, esemplificheremo l’approccio ad un’opera esistente a partire dallo stato di degrado fino ad arrivare alla valutazione di un eventuale piano di monitoraggio, ovvero:
  1. Diagnosi e degrado delle costruzioni in c.a.;
  2. Dal rilievo al quadro fessurativo tridimensionale;
  3. Elaborazione di un appropriato modello di danno;
  4. L’interpretazione del comportamento meccanico dell’opera attraverso un piano di monitoraggio.
Alla base di questi quattro interventi vi saranno espliciti richiami alle Ntc18 ed alle linee guida dei ponti esistenti in termini principalmente di vita utile, durabilità e robustezza. Attraverso le “Linee guida per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti”, che richiamano le Ntc18 ampliandone i rispettivi contenuti, si introduce il concetto di durabilità di un’opera nonché la sua vita residua a fronte di quella già vissuta.

Degrado: l’importanza della manutenzione di un’opera

In questi ultimi anni, opere che si pensava, erroneamente, eterne hanno invece evidenziato necessità di manutenzione. Se le Ntc18 hanno introdotto il concetto prestazionale di un’opera, dall’altro trasmettono un diverso concetto legato alla manutenzione. La manutenzione, infatti, dovrebbe corrispondere ad un’attività ordinaria che si attua non solo in presenza di un difetto o di una carenza strutturale, ma principalmente in virtù della conservazione dell’opera stessa. L’approccio all’esistente riveste un ruolo cruciale ed il primo passo è acquisire il progetto esecutivo dell’opera ed in mancanza di questo occorre indagare, fatto salvo che l’opera stessa non manifesti sintomi ascrivibili a degradi e difetti che ne possano far comprendere il comportamento meccanico.

Ntc18: la durabilità di un’opera

Le Ntc08 prima e le Ntc18 ora, hanno rivoluzionato l’approccio alla progettazione volgendo verso una struttura prestazionale, capace di sfruttare al meglio la sua meccanica in termini di risposta statica e dinamica. Tra le parole chiave introdotte dall’impianto normativo europeo vi è la durabilità di una costruzione. La durabilità è la “capacità della costruzione di mantenere, nell’arco della vita nominale di progetto, i livelli prestazionali per i quali è stata progettata, tenuto conto delle caratteristiche ambientali in cui si trova e del livello previsto di manutenzione”. La durabilità deve assicurare il mantenimento nel tempo della geometria e delle caratteristiche dei materiali della struttura, affinché questa conservi inalterate funzionalità, aspetto estetico e resistenza. Al fine di garantire tale persistenza in fase di progetto devono essere presi in esame i dettagli costruttivi, la eventuale necessità di adottare sovraspessori, le misure protettive e deve essere definito un piano di manutenzione (ispezioni, operazioni manutentive e programma di attuazione delle stesse). In relazione alla classe di servizio della struttura e alle condizioni di carico, dovrà essere predisposto in sede progettuale un programma delle operazioni di manutenzione e di controllo da effettuarsi durante la vita della struttura.

Aspetti che incidono sulla durabilità di un’opera esistente

Riprendendo quanto riportato nelle Ntc18, nonché nella circolare esplicativa n. 7/2019 vi sono elementi e comportamenti che incidono sulla durabilità di un’opera. La conoscenza di questi aspetti, soprattutto per le costruzioni in c.a. e c.a.p., fa sì che le ispezioni delle infrastrutture si concentrino principalmente su determinati aspetti. A titolo esemplificativo, possono ridurre la durabilità di danno il verificarsi delle seguenti situazioni:
  1. Presenza di danneggiamenti locali, quale ad esempio l’eccessiva fessurazione del calcestruzzo.
  2. Danni dovuti al fenomeno di fatica.
  3. Inadeguato copriferro.
  4. Corrosione e/o degrado dei materiali in funzione del tempo e dell’ambiente di esposizione.

Difetti delle infrastrutture in c.a.

A supporto dell’individuazione dei difetti ricorrenti in un’infrastruttura esistente in c.a., sono estremamente utili le “Schede difettologiche” allegate alle “Linee guida per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti”.

L’acqua artefice del degrado

  1. Umidità passiva: si presenta con aree di colorazione diversa dal materiale integro. In particolare, si tratta di tracce di calcio rilasciate sulla superficie dall’umidità penetrata attraverso il calcestruzzo. Si parla di macchie di umidità passiva qualora il fenomeno si intenda estinto e del quale restano macchie di colore biancastro.
  2. Macchie di umidità attiva: si presenta con aree di colorazione diversa dal materiale integro. In particolare, si tratta di tracce di calcio rilasciate sulla superficie dall’umidità penetrata attraverso il calcestruzzo. A differenza delle macchie di umidità passiva, l’umidità attiva è legata a fenomeni di infiltrazione di acqua tutt’ora in corso e si presenta con macchie di colore scuro dovuto al contatto continuo con l’acqua e l’umidità.
  3. Calcestruzzo dilavato o ammalorato: si ha in presenza di percolazione di acque superficiali e si manifesta prevalentemente sulle superfici verticali o inclinate degli elementi. Il dilavamento corrisponde all’erosione dello strato superficiale di materiale dovuto al passaggio frequente di acqua, mentre con il termine ammaloramento ci si riferisce ad esempio ai fenomeni di rigonfiamento superficiale del calcestruzzo, scagliamento e perdita di coesione.

Difetti tecnologici

  1. Difetti delle selle Gerber corrisponde all’indebolimento della sella dovuto al deterioramento del calcestruzzo e dell’acciaio. I materiali possono essere soggetti a fenomeni di degrado tipici del calcestruzzo armato, quali vespai, perdita di copriferro, esposizione di armature, corrosione di armature, rottura di barre, ecc. La situazione può essere aggravata dal congestionamento delle armature e dalla miniaturizzazione delle sezioni che rendono difficile la realizzazione di getti a regola d’arte.
  2. I vespai o nidi di ghiaia sono difetti molto evidenti che compromettono la continuità superficiale del calcestruzzo. Possono interessare zone estese o essere localizzati in zone limitate della superficie degli elementi strutturali. Essi comportano la presenza di zone non omogenee sulle superfici degli elementi a causa dell’esposizione degli inerti più grossi di calcestruzzo, che, nei casi più gravi, sono asportabili manualmente.
  3. Distacco del copriferro. Tale fenomeno si concentra spesso in corrispondenza delle zone degli spigoli degli elementi, caratterizzate da un elevato rapporto superficie/volume esposto e quindi più soggette a distacchi.
  4. Armatura ossidata o corrosa.

Il quadro fessurativo

  1. Fessure orizzontali che compaiono sulle superfici verticali di elementi strutturali quali spalle, pile, pulvini, baggioli e fondazioni. Spesso si trovano in corrispondenza di riprese di getto e negli elementi costruiti per conci.
  2. Fessure verticali corrispondono a di stati fessurativi con andamento prevalentemente verticale che compaiono sulle superfici verticali di elementi strutturali quali spalle, pile, pulvini, baggioli e fondazioni. Spesso si trovano in corrispondenza di riprese di getto o negli elementi costruiti per conci.
  3. Fessure diagonali situate in corrispondenza di pareti verticali di fondazioni, pile, pulvini, spalle e travi e su superfici orizzontali di solette e controsolette.
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