Piste ciclabili in aumento. Ma quante sono a norma?

Si fa presto a dire piste ciclabili. Inaugurato il primo tratto nel luglio 2018, Garda by Bike è la nuova pista ciclabile del lago di Garda. Il tracciato integrale circumnavigherà tutto il lago. Il completamento dell’infrastruttura è stimato entro il 2021. Il suo soprannome è “la ciclovia dei sogni”. È la più panoramica d’Italia e, forse, anche una delle più belle d’Europa. La passerella in acciaio corre lungo il lago, con alcuni punti a strapiombo sull’acqua. E regalano a chi la percorre una vista mozzafiato.
La crescita esponenziale delle piste ciclabili
Garda by bike fa parte delle innumerevoli piste ciclabili sorte nei comuni italiani negli ultimi anni, aumentate di quasi il 50% dal 2000 ad oggi. Ciò dimostra l’impegno da parte delle amministrazioni comunali di favorire modalità di mobilità alternative e meno inquinanti rispetto all’uso dei mezzi a motore.
Proprio lo scorso anno è stata emanata la “Legge n. 2 del 11 gennaio 2018 – Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica”, con la quale si persegue l’obiettivo di promuovere l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto sia per le esigenze quotidiane sia per le attività turistiche e ricreative, al fine di migliorare l’efficienza, la sicurezza e la sostenibilità della mobilità urbana, tutelare il patrimonio naturale e ambientale, ridurre gli effetti negativi della mobilità in relazione alla salute e al consumo di suolo, valorizzare il territorio e i beni culturali, accrescere e sviluppare l’attività turistica, in coerenza con il piano strategico di sviluppo del turismo in Italia. A questo proposito si inserisce la rete ciclabile nazionale denominata Bicitalia, che costituisce la rete infrastrutturale di livello nazionale integrata nel sistema della rete ciclabile transeuropea “EuroVelo”.
I nostri interrogativi sulle piste ciclabili
Ma che cos’è una pista ciclabile? Quali sono le regole per progettarla? Quante tipologie ne esistono?
Il riferimento normativo italiano per la progettazione delle piste ciclabili è il “Decreto Ministeriale n. 557 del 30 novembre 1999 – Regolamento per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”.
Nonostante il decreto n. 557 abbia ormai 20 anni, esso rappresenta l’unico strumento da seguire per un buon progetto ciclabile. Esistono varie linee guida e manuali di buona progettazione, come ad esempio le “Linee guida per la progettazione delle piste ciclabili”, pubblicate dalla Regione Lombardia nell’anno 2006, che però non possono sostituirsi al precedente decreto.
Ad ogni modo, vista la trasformazione delle grandi città in quest’ultimo decennio, si ritiene necessario rinnovare tale decreto, magari inserendo dei capitoli dedicati agli ultimi mezzi di trasporto ecologici (bike-sharing, E-Bike, monopattini elettrici, hoverboard, ecc. …).
Definizioni e realizzazioni delle infrastrutture ciclabili
Secondo l’articolo 6 del medesimo decreto, viene definita “pista ciclabile” la parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi.
La pista ciclabile può essere realizzata:
A. in sede propria, ad unico o doppio senso di marcia, qualora la sua sede sia fisicamente separata da quella relativa ai veicoli a motore ed ai pedoni, attraverso idoneo spartitraffico longitudinale fisicamente invalicabile;
B. su corsia riservata, ricavata dalla carreggiata stradale, ad unico senso di marcia, concorde a quello della contigua corsia destinata ai veicoli a motore ed ubicata di norma in destra rispetto a quest’ultima corsia, qualora l’elemento di separazione sia costituito essenzialmente da striscia di delimitazione longitudinale o da delimitatori di corsia;
C. su corsia riservata, ricavata dal marciapiede, ad unico o doppio senso di marcia, qualora l’ampiezza ne consenta la realizzazione senza pregiudizio per la circolazione dei pedoni e sia ubicata sul lato adiacente alla carreggiata stradale.
Un percorso protetto
Si può facilmente intuire che la “pista ciclabile” è considerata come un percorso protetto e riservato alle sole biciclette. Ciò nasce proprio dal desiderio di separare la viabilità ciclabile da quella motorizzata e da quella pedonale, per una maggiore sicurezza di tutti gli utenti, diversi per velocità di percorrenza e per masse in gioco.
Tenuto conto degli ingombri dei ciclisti e dei velocipedi, nonché dello spazio per l’equilibrio e di un opportuno franco laterale libero da ostacoli, la larghezza minima della corsia ciclabile deve essere pari ad 1,50 m; tale larghezza è riducibile ad 1,25 m nel caso in cui si tratti di due corsie contigue, dello stesso od opposto senso di marcia, per una larghezza complessiva minima pari a 2,50 m.
Le piste ciclabili possono essere pavimentate con diversi tipi di terreno e di fondo. Possono essere in asfalto per garantire un’elevata scorrevolezza di rotolamento oppure in calcestruzzo drenante per non avere alcuna pozzanghera durante i giorni di pioggia. Ci sono anche in mattonelle autobloccanti e in materiali lapidei, anche se poco adatte per l’esiguo comfort di marcia. Esistono anche in terra battuta o in sterrato/calcestre, accettabili e consigliati soprattutto per i sentieri verdi.
Spesso la rete ciclabile viene progettata senza considerare queste semplici regole. A volte il decisore politico, pur di mantenere le promesse elettorali, approva ed autorizza progetti ciclabili assolutamente fuori norma.
E chi ci rimette è sempre il più debole.
Le piste ciclabili inclusive
Proprio per questo, l’associazione inglese “Wheels for Wellbeing” nata a Brixton (Londra) nell’anno 2007 ha redatto un manuale in cui si elencano una serie di interventi per fare in modo che le strade delle nostre città siano davvero inclusive, anche per quelle persone con problemi di mobilità che non hanno però rinunciato alla bicicletta, declinata in tutte le sue forme.
L’aumento delle piste ciclabili a disposizione degli utenti deve andare di pari passo con una maggior tutela per i ciclisti.
Nell’ecosistema stradale, infatti, i ciclisti sono una categoria di utenti particolarmente vulnerabile, a cui va garantita la massima sicurezza ed a cui va riconosciuto il merito di limitare la produzione di sostanze inquinanti.