Revisione d’ufficio della rendita catastale: i criteri non bastano
                                La revisione d’ufficio della rendita catastale da parte dell’agenzia delle Entrate – un tema di attualità dopo l’invio delle lettere di compliance ai contribuenti che non hanno effettuato le comunicazioni di variazione a seguito di interventi di ristrutturazione agevolati con il Superbonus – è anche l’oggetto dell’ordinanza n. 4684 del 22 febbraio 2025, in cui la Corte di Cassazione stabilisce che la revisione deve essere accompagnata da un’indicazione dettagliata dei criteri utilizzati nel calcolo dei risultati.
In che cosa consiste la revisione d’ufficio della rendita catastale
La decisione accoglie il ricorso di un contribuente che contestava un avviso di accertamento catastale ritenendolo insufficiente a spiegare chiaramente i criteri applicati. L’accertamento rideterminava classamento e rendita di un immobile in una zona dove si registrava un incremento del valore medio di mercato molto superiore rispetto all’incremento del valore medio di mercato degli immobili nel territorio comunale, uno dei casi in cui il Comune può rideterminare le rendite d’ufficio; gli altri casi sono:
- su richiesta del Comune, se quest’ultimo rileva un palese disallineamento rispetto a fabbricati con le medesime caratteristiche;
 - se l’immobile non è dichiarato, o sono stati effettuati interventi edilizi senza la comunicazione di aggiornamento.
 
Come si svolge la revisione d’ufficio
Per effettuare la revisione d’ufficio, l’amministrazione deve seguire un iter preciso e mettere il contribuente nelle condizioni di conoscere le concrete ragioni che hanno portato alla revisione delle rendite.
L’ordinanza della Cassazione sottolinea l’onere dell’amministrazione “di accertare, e preliminarmente, di specificare in modo chiaro, preciso e analitico, e quindi di provare i presupposti di fatto che legittimano nel caso di specie la riclassificazione di massa [e in seguito] di dedurre e provare i parametri, i fattori determinativi ed i criteri per l’applicazione della riclassificazione alla singola unità immobiliare“, mentre “non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento in termini sintetici e quindi generici al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale“, senza specificare le fonti, i modi e i criteri con cui questi dati sono stati ricavati ed elaborati.
Ancora: “Non è sufficiente il mero richiamo ai termini generici impiegati dalla norma, neppure è sufficiente la mera indicazione in cifra dei risultati, ma è necessario dar conto in modo chiaro e specifico dei metodi con cui sono stati ottenuti tali risultati, dei criteri impiegati e delle tecniche statistiche applicate oltre che della attendibilità dei dati di fatto sui quali si è basata l’elaborazione statistica per porre il contribuente nella condizione di poter compiutamente controllare e se del caso contestare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revisione del classamento“.
Motivazioni non sufficienti
In sintesi, non sono sufficienti come motivazione:
- il mero riferimento a formule generiche;
 - la semplice indicazione del nuovo valore (la rendita) senza spiegare come si è arrivati a quel valore;
 - il richiamo a norme di legge senza spiegare come sono state applicate al caso concreto.
 
Per controllare ed eventualmente contestare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revisione della rendita catastale, occorre avere dati precisi su:
- il valore di mercato medio della microzona (per mq);
 - il valore catastale medio della microzona;
 - il valore di mercato medio per l’insieme di tutte le microzone;
 - il valore catastale medio per l’insieme di tutte le microzone.
 
È inoltre necessario che siano forniti i presupposti di fatto, cioè i motivi che giustificano la revisione, e siano indicati la fonte dei dati utilizzati per la revisione, i metodi di elaborazione dei dati per arrivare alla nuova rendita, i criteri utilizzati per attribuire la nuova categoria e classe all’immobile e le eventuali tecniche statistiche utilizzate e la loro applicazione.
Nel caso in esame, l’avviso di accertamento non riportava questi dati, pertanto la Corte di Cassazione ha dato ragione al contribuente ricorrente.