Lavori in condominio e contratto di appalto: le varianti in corso d’opera vanno pagate

Nei contratti di appalto, la presenza di una specifica clausola contrattuale, unitamente ad altri indici rivelatori (utilità delle opere e non contestazione), è fonte idonea a determinare l’insorgere del diritto di credito in capo all’appaltatore per le opere aggiuntive realizzate è quanto affermato dal Tribunale di Torre con la sentenza n.1157 del 20 aprile 2023.
Il fatto
Il giudizio all’attenzione del Tribunale di Torre Annunziata aveva ad oggetto la pretesa creditoria di una ditta appaltatrice nei confronti di un Condominio relativa ad opere aggiuntive rispetto ad un contratto di appalto: l’impresa, infatti, su disposizione del Condominio e del Direttore dei Lavori, eseguiva ulteriori opere rispetto a quelle originariamente pattuite.
Il Condominio si difendeva sostenendo di non aver mai commissionato i lavori ulteriori.
All’esito del giudizio, tuttavia, la pretesa creditoria dell’impresa appaltatrice veniva ritenuta parzialmente fondata e, per l’effetto, si condannava il Condominio al pagamento di quanto ancora dovuto.
Le varianti in corso d’opera
La fattispecie in esame aveva ad oggetto l’accertamento del diritto di credito dell’impresa appaltatrice. In termini generali, è bene ricordare che l’onere di fornire la prova della fonte (negoziale o legale) del diritto di credito vantato spetta al creditore (il quale dovrà anche allegare l’altrui inadempimento). Sarà poi il debitore a dover provare il fatto modificativo e/o estintivo dell’altrui pretesa.
Nel caso di specie, la fonte negoziale del diritto di credito dell’impresa appaltatrice per le opere ulteriori è stata rinvenuta nel contratto stipulato tra le parti. In questo, infatti, vi era una clausola che legittimava il Condominio e il Direttore dei Lavori a chiedere l’esecuzione di ulteriori opere. Il Condominio, tuttavia, contestava l’esistenza della pattuizione relativa all’esecuzione di tali lavori ulteriori. Contestazione non accolta dal Tribunale di Torre Annunziata che, invece, ha valorizzato tanto l’utilità delle opere (indicata dallo stesso Direttore dei Lavori in una delibera condominiali) quanto l’assenza di contestazioni circa la relativa esecuzione.
Il Condominio, infatti, avendo preso in consegna l’opera, senza riserve, per lo effetto, in conformità dell’art. 1665 c.c., ha accettato tale ulteriori opere.
Basandosi su tali indici rivelatori (utilità delle opere e non contestazione), in uno con la presenza di una specifica clausola contrattuale, il Tribunale ha ritenuto la sussistenza di una fonte idonea a determinare l’insorgere del diritto di credito in capo all’appaltatore per le opere aggiuntive realizzate.
Aspetto interessante, da rilevare in conclusione, è quello relativo alla tardività delle eccezioni sollevate dal Condominio: l’eccezione di prescrizione e di compensazione del credito deve essere proposta con la tempestiva comparsa di costituzione e risposta.
Le varianti non autorizzate
A diversa conclusione è invece approdato il Tribunale di Cassino che con sentenza n. 385 del 27 marzo 2023 ha precisato che le varianti apportate unilateralmente dalla ditta appaltatrice, rispetto al progetto iniziale approvato dall’assemblea non possono essere oggetto di pagamento se non preventivamente autorizzate.
Sul punto è anche intervenuta Corte di Cassazione che ha stabilito che: “in tema di variazioni eseguite autonomamente dall’appaltatore, fermo restando il principio di cui all’art. 1659 c.c. che vieta all’appaltatore di utilizzare materiali o forme diverse da quelle previste, ancorché di maggior pregio, costui non può sostituirsi al committente nella scelta delle modalità esecutive idonee a caratterizzare l’opera a lui commissionata secondo quanto manifestato dallo stesso committente al momento della conclusione del contratto, considerato che la norma citata presidia la conformità del risultato alle aspettative di questo ultimo. Nondimeno, può escludersi l’illiceità della variazione allorché questa, secondo il prudente apprezzamento del giudice, rivesta scarsa rilevanza rispetto alla prestazione dedotta in contratto” (Cass., sez. 6-2, 9 novembre 2021, n. 32828).